Scritto per il mio blog GpNewsUsa2016.eu il 27/10/2014
A una settimana dal voto di mid-term, i repubblicani ampliano vantaggio sui
democratici da 5 a 11 punti. Lo indica l’ultimo sondaggio di Wall Street
Journal/ NBC News: il 52% degli intervistati vuole un Congresso a maggioranza
repubblicana, il 41% lo vuole controllato dai democratici. Non è una situazione insolita, negli Usa, che Amministrazione e Congresso
abbiano colori diversi: la sperimentò pure Bill Clinton; e Obama ha sempre
avuto contro la Camera, tranne che nei primi due anni. Nel voto di mid-term, si rinnovano tutta la Camera
-435 seggi- e un terzo del Senato e s’eleggono numerosi governatori e loro
vice. C’è poi il consueto corredo di una miriade di voti locali e referendum. L’alternanza della maggioranza al Senato dai democratici ai repubblicani dipenderà
dalle dinamiche Stato per Stato di circa una dozzina di confronti ancora
incerti. L’intensa campagna di questi ultimi giorni può consentire rimonte e
sorpassi a candidati sulla carta oggi battuti.
Mid-term: Obama in sordina, Michelle e Hillary vanno forte
Mid-term: Obama in sordina, Michelle e Hillary vanno forte
Il presidente Barack Obama s’è fatto
vedere relativamente poco, in questa campagna. Di ragioni, per restare a fare
il comandante in capo alla Casa Bianca, ne ha: l’Ebola, per dirne una che
unisce l’America nell’ansia, ma anche la guerra al terrorismo e al sedicente
Stato islamico. Ma, in realtà, molti candidati
democratici non lo vogliono accanto sul palco
temono il contagio della sua bassa popolarità. A un comizio nel Maryland,
per sostenere il candidato governatore democratico Anthony Brown, una parte del
pubblico, delusa, se n’è andata prima che Obama finisse di parlare. Così, il peso della campagna è più
sulla moglie, Michelle, che su di lui: carisma e grinta, Michelle, in un video,
sprona gli elettori democratici ad essere “affamati”, a meritarsi “un congresso
che lavori per voi e per le vostre famiglie”. Pure i Clinton –Bill, l’ex presidente, e Hillary, che punta a diventarlo
nel 2016-, e persino l’impalpabile vice-presidente Joe Biden, sono testimonial
elettorali più ambiti del presidente
Mid-term:
l’impatto del risultato sulle presidenziali 2016
Chi esce dal ‘mid-term’ con le ossa rotte, come
partito o candidato, parte con l’handicap nella corsa, che viene lanciata poco dopo,
a Usa 2016, le elezioni presidenziali dell’8 novembre 2016, quando Barack Obama
non potrà più ripresentarsi. Fra i democratici, c’è da tempo un battistrada, nella
corsa alla nomination: Hillary Rodham Clinton, già in lizza nel 2008, quando
Obama la eliminò nelle primarie, che sarebbe la prima donna, e pure la prima
moglie di presidente, alla Casa Bianca; fra i repubblicani, la rosa è ampia, ma
ancora vaga. Gli Stati Uniti si avvicinano al voto di mid-term in un clima di sfiducia e
disaffezione alla politica che accomuna Congresso e Casa Bianca e che fa tanto
Italia. Le critiche al presidente, soprattutto per la politica estera,
fioccano. Anche Hillary, che gli fu
segretario di Stato nel primo mandato, prende le distanze e non gli risparmia
critiche, come un altro clintoniano, l’ex segretario alla difesa Leon Panetta,
o l’ex presidente, e pure Nobel per la Pace, Jimmy Carter.
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