Scritto per EurActiv.it il 18/10/2014
Sulla Legge di Stabilità, per Matteo Renzi e il suo
governo lo scontro, per ora, non è a Bruxelles, con l’Ue, ma in Italia. Con le
Regioni e con i sindacati, in primo luogo. E sui fronti interno ed europeo, il
premier riceve l’autorevole sostegno del presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano che giudica “importanti” le misure della manovra per la crescita e
la riduzione delle tasse.
Per protestare, la Cisl è scesa in piazza oggi, la
Cgil lo farà sabato prossimo 25 ottobre. E le Regioni fanno la voce grossa, ma poi
si mettono la coda fra le gambe. Renzi ne ha per tutti i contestatori: “C’è chi
vuole occupare le fabbriche .dice-. Io le voglio aprire”; e ancora “Le Regioni
hanno qualcosa da farsi perdonare” dai cittadini italiani, “non voglio tagliare
i servizi, ma gli sprechi”.
A Bruxelles, per il momento, tutto tace. E Renzi si
dice sicuro che l’Ue non boccerà la ‘finanziaria’: “Escludo una procedura
d’infrazione contro la Legge di Stabilità”, dice al Tg1, glissando sul fatto
che quella sarebbe l’ ‘extrema ratio’ di un negoziato andato male.
La prossima settimana, a Bruxelles, giovedì 23 e
venerdì 24, ci sarà un Vertice europeo ‘di routine’, con sull'agenda energia e
clima: “Non mancherà l’occasione per confrontarsi sulla
crescita", dice ancora il premier.
Nel breve periodo, a favore dell’Italia
e degli altri Paesi -come la Francia- la cui manovra potrebbe destare
perplessità a Bruxelles, gioca l’avvicendamento fra la Commissione Barroso 2 e
la Juncker, che dovrebbe entrare in carica il 1° novembre.
Improbabile che Barroso voglia battere
un pugno sul tavolo l’ultimo giorno del suo mandato –l’Esecutivo deve
pronunciarsi il 29 ottobre-, dopo avere evitato di farlo per dieci anni; e
difficile che Juncker voglia inaugurare il quinquennio con una ‘dichiarazione
di guerra’ a Parigi e Roma.
Più semplice immaginarsi una fase di
studio e di traccheggio, richieste di chiarimenti da Bruxelles, risposte dalle
capitali –e Roma avrà così modo e tempo di riempire di dati le pagine mandate
bianche alla Commissione nella fretta di rispettare i tempi-.
Ad agire contro la crisi, di cui ogni
giorno porta cifre dolorose –l’Italia ha perso 2,1 milioni di posti di lavoro
‘under 35’ dal 2008, la percentuale di occupati nella fascia d’età tra i 24 e i
35 anni è scesa dal 51,2% al 39,2%-, ci pensa la Bce, che lunedì inizierà, come
annunciato, l’acquisto d’obbligazioni garantite, nonostante i
ritorni di fiamma polemici dalla Bundesbank contro le scelte del presidente
Mario Draghi.
Nessun aiuto, invece, dalla revisione
del calcolo del Prodotto interno lordo sulla base del nuovo metodo statistico
Esa 2010, che include ricerca, sviluppo ed economia sommersa: per Eurostat, ne
deriva un incremento del Pil della zona euro tra il 1997 e il 2013 di circa lo
0,1% rispetto al metodo finora usato. Cioè,"non ha avuto quasi nessun
impatto sulla crescita" della zona euro. Lo stesso dicasi per l'Unione
europea nel suo insieme.
In termini assoluti, invece, il Pil della
zona euro e dell'Ue è cresciuto del 3,4% rispetto al calcolo precedente,
considerando il periodo 1997-2013. Questo ha evidentemente un impatto positivo
sul calcolo del debito pubblico, ma - fa notare una fonte della Commissione- "ha
effetti marginali" sull'aggiustamento strutturale richiesto ai Paesi
europei.
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