Scritto per Il Fatto Quotidiano del 30/12/2014
“Mi sento d’escludere
totalmente un effetto contagio tra la Grecia e l’Italia: sono due Paesi
diversi”: le parole di Matteo Renzi nella conferenza stampa di fine anno danno
corpo, negandolo, al fantasma che tiene in ansia l’Unione in queste ore, il
‘contagio greco’. All’epilogo di una presidenza di turno incolore del Consiglio
dell’Ue, il premier italiano vuole essere attento, prudente, rassicurante: "Seguiamo la situazione della Grecia, siamo preoccupati"
come ogni altro Paese della zona euro; e - prosegue - "Ho la buona
abitudine di non mettere il naso negli affari altrui … Da capo del governo
lavorerò con Samaras finché sarà premier, poi con lui o con altri".
Ma quando Renzi aggiunge "Il nostro
modello è la Germania, sono convinto che noi potremo fare meglio della
Germania” esagera e alimenta l’inquietudine, invece di appianarla: vatti a
fidare dell’Italia che ha alcuni fondamentali economici peggiori di quelli
greci e un premier che le spara grosse. Perché la zona euro può gestire una Grecia
nel caos, ma ha paura del collasso se l’Italia barcolla, come accadde nel 2012.
La reazione di Bruxelles alla notizia
dell’ineluttabilità di nuove elezioni politiche greche è calma e riflessiva. I
responsabili dell’Unione paiono già votati a evitare una deriva politica
anti-Ue e, soprattutto, anti-rigore, con discorsi accattivanti. Parla il
commissario agli Affari economici e monetari Pierre Moscovici, francese,
socialista: è essenziale –dice- un forte impegno per realizzare "il
necessario processo di riforme favorevoli alla crescita", così che la
Grecia possa "nuovamente prosperare nell'Eurozona".
La cosa buona è che la paralisi politica
sarà relativamente breve, di qui al voto il 25 gennaio. E, dopo, i leader greci
saranno forti e freschi del sostegno popolare per fare le loro scelte.
Indietro, ma in rimonta, nei sondaggi, il premier Samaras gioca la carta europea:
enfatizza il peso delle elezioni e si dichiara convinto che “prevarranno le forze
europeiste che sostengono i cambiamenti strutturali necessari”. In questo
momento, Bruxelles vota per lui piuttosto che per il suo antagonista Tsipras;
ma un appoggio dell’Ue smaccato potrebbe rivelarsi controproducente.
La Germania non fa però calcoli tattici. Il
ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble esorta la Grecia a tenere la
barra dritta sulla rotta delle riforme economiche, invitando qualsiasi nuovo
governo a proseguire l'azione dell'Esecutivo Samaras: "Le riforme rigorose
stanno portando frutti e non c’è alternativa ad esse". Più bastone che carota,
nelle parole di Schaeuble – e nessuno è sorpreso -: "Continueremo ad
aiutare la Grecia ad aiutare se stessa sul percorso delle riforme. Ma se i greci
prendono un'altra strada, farlo sarà difficile". Gli accordi raggiunti con
il governo greco “non si cambiano”: “Qualunque nuovo governo dovrà rispettare
le intese già sottoscritte”.
La voce non europea della troika, il Fondo
monetario internazionale, evita proclami politici e fa solo constatazioni
tecniche: i negoziati sul piano di aiuti alla Grecia riprenderanno dopo le
elezioni e la successiva formazione del nuovo governo. Non c’è fretta, rileva
il portavoce Gerry Rice, perché la Grecia non ha immediata necessità d'un
intervento finanziario.
Come
spesso accade, i mercati finanziari sono più nervosi e reattivi delle
istituzioni internazionali: dopo la terza fumata nera nel Parlamento ellenico
per l’elezione del nuovo presidente e la certezza delle elezioni, la borsa di Atene sprofonda, trascinandosi dietro Milano e Madrid.
Gli operatori paventano l’ipotesi d’una vittoria della sinistra di Syriza,
ostile al piano d’austerità della troika.
Molte piazze europee in chiusura recuperano, ma Atene va giù del 3,91% e
Milano, la più debole, dell’1,15%.
Per
Bruxelles, la prospettiva peggiore è quella di una prolungata instabilità
politica greca, che si verificherebbe, ad esempio, se il partito di Tsipras
vincesse, ma non riuscisse a formare un governo. I prestiti internazionali garantiti dalla troika in cambio delle
riforme sarebbero compromessi, senza una controparte con cui negoziare.
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