Il rapporto sul
ricorso alle torture dopo l’11 Settembre 2001 precipita gli Stati Uniti in una
tempesta di critiche e deprecazioni. Ma pure noi, mica ne usciamo bene: noi
Italia e noi alleati dell’America, che, al tempo della guerra al terrorismo
‘stile Bush’, le abbiamo tenuto bordone non solo con truppe al fronte, ma con
le famigerate renditions e il passaggio di informazioni riservate e infine chiudendo
un occhio su quello che avveniva delle persone di fatto consegnate
all’intelligence americana. Che aveva la licenza di torturare.
A fare finta di non
c’entrarci nulla, di non saperne niente, ci abbiamo già provato. Più d’una
volta: nella vicenda di Abu Omar, l’imam egiziano rapito in Italia nel 2003,
portato in Egitto e lì sottoposto al trattamento della Cia; oppure, dopo lo
scandalo delle intercettazioni ‘a 360 gradi’ dell’intelligence statunitense, di
cui ci siamo indignati e lamentati, prima che emergesse che vi avevamo
contribuito.
Per il ministro degli
Esteri Gentiloni, in visita a Washington e a New York, il rapporto sui metodi della
Cia fa "emergere una gravissima realta”. Ma il ministro sottolinea che il
presidente Obama aveva già “deciso di voltare pagina": “la pubblicazione
del rapporto ci dice molto su come funziona la democrazia statunitense ”,
perché il documento "è un atto di auto-accusa e di trasparenza".
Però, “la trasparenza non riduce la condanna senza se e senza ma di pratiche inaccettabili",
perché non si può “scendere a compromessi al ribasso sui diritti umani: non è lecito
torturare per evitare il rischio di attentati".
Che l’Italia e altri
Paesi occidentali sentano d’avere un po’ la coda di paglia, in questa vicenda,
lo prova il rafforzamento della sicurezza intorno a potenziali obiettivi del
terrorismo integralista, anche se Roma non sarebbe fra le capitali che
Washington ha messo in guardia. Gli jihadisti minacciano vendetta su twitter.
Con l’America, sono
critici tutti, Nazioni Unite, Gran Bretagna, Francia, Germania, tutti candidi
come angioletti. Persino il presidente afghano Ashraf Ghani –da che pulpito!-
si fa sentire. E i governi di Cina e Corea del Nord, regimi messi sotto accusa di
continuo per violazioni dei diritti umani, ci vanno a nozze: "Gli Usa correggano
il tiro", è l’invito di Pechino. Pyongyang, invece, chiede la condanna di
Washington al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. E Obama ha un bel ricordare che
lui proibì le torture appena insediatosi alla Casa Bianca: neppure il suo
record è immacolato, perché promise di chiudere Guantanamo e non l’ha mai
fatto.
C’è chi chiede di
processare gli agenti implicati. C’è chi minaccia ritorsioni. In Polonia, la
procura che indaga sull'esistenza di prigioni segrete della Cia nel Paese
s’appresta a chiedere copia integrale del rapporto Usa. La Polonia è stata condannata
dalla Corte europea dei Diritti dell'Uomo a risarcire due presunti terroristi
confinati in uno di centri di detenzione ‘appaltati’ agli americani, Kiejkut,
vicino a Szczytno.
Nella scia delle
rivelazioni del rapporto, la difesa Khalid Sheikh Mohammed, mente degli
attentati dell'11 Settembre 2001, chiede che gli venga risparmiata la pena di
morte: "Un'esecuzione vera e propria, dopo 183 finte esecuzioni, sarebbe
una punizione crudele e inusitata", sostiene l’avvocato David Nevin.
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