Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 07/12/2014
“Salvate il soldato Ryan” non è sempre un film a lieto
fine. Neppure al cinema, dove Tom Hanks viene ucciso, proprio mentre assapora la
soddisfazione del ‘missione compiuta’. La scorsa notte, Luke Somers, il
fotoreporter americano sequestrato nel settembre 2013 da al Qaeda in Yemen, è
stato ucciso durante un blitz lanciato da droni e forze speciali Usa per
liberarlo.
Insieme a Somers, è rimasto ucciso un ostaggio
sudafricano, Pierre Korkie, che, secondo l’Ong cui apparteneva, avrebbe dovuto
essere rilasciato in queste ore. Korkie era nelle mani dei sequestratori dal
maggio 2013.
Si è ripetuto quanto accaduto a Sokoto, in Nigeria, nel
marzo del 2012, quando un ostaggio italiano, Franco Lamolinara, ed uno
britannico, Chris McManus, vennero uccisi nel raid lanciato per liberarli dalle
forze speciali britanniche, senza che gli italiani fossero stati coinvolti: ad
ammazzarli, si disse, un colpo alla testa sparato dai loro rapitori.
Nello Yemen, come in Nigeria, il tragico epilogo di
una ‘rescue mission’ fallita accomuna ostaggi dalle storie ben diverse: uno
veniva da un Paese che non tratta con i terroristi; l’altro da un Paese che,
per salvare una vita, accetta forme di negoziato.
Il presidente Obama s’è assunto la responsabilità
dell’azione. Giovedì scorso, Somers, in un video, aveva annunciato la propria
esecuzione: “La mia vita è in pericolo, aiutatemi!”. I capi dell’Aqap, ramo
yemenita-saudita di al Qaida, avevano dato agli Usa tre giorni per soddisfare
le loro richieste, dopo che un blitz, fallito il 25 novembre, aveva peggiorato la
situazione. Il fotoreporter era ormai “in pericolo di vita imminente”.
L'azione, nel corso della quale sarebbero stati uccisi
almeno 10 jihadisti, è stata tentata con droni e paracadutisti nella regione del
Wadi Abdan Al Daqqar, nel sud del Paese. Testimoni riferiscono anche di scontri
a Nusab, roccaforte terrorista nella penisola arabica. Ad ammazzare gli
ostaggi, sono stati –riferiscono fonti Usa- i loro rapitori.
Quasi contemporaneamente, l'esercito pakistano uccideva
un leader di al Qaeda ricercato negli Usa per un progetto di attentato contro
la metro di New York. Adnan al-Shukrijumah, che era nella lista dei ‘most
wanted’, è stato eliminato durante un raid nel Waziristan, al confine con
‘Afghanistan, condotto dopo un sanguinoso attacco all'aeroporto di Karachi nei
giorni scorsi.
E’ stato il segretario alla Difesa Usa Chuck Hagel,
dimissionario, ma in Afghanistan per una visita alle truppe in fase di ritiro,
ad annunciare sia la morte di Somers, che le autorità di Sanaa avevano invece
dato per liberato, che l’uccisione di al-Shukrijumah. Attacchi con i droni
hanno pure fatto una dozzina di caduti fra i ribelli in Afghanistan: bollettini
quotidiani d’una guerra che, 13 anni dopo, non finisce.
Il sudafricano
Korkie era stato rapito insieme alla moglie Yolande, poi rilasciata e tornata
in patria. L’operatore umanitario stava per essere liberato: la sua Ong, Gift
of Givers, aveva trattato ed aveva già pagato un riscatto –la somma
inizialmente richiesta era di tre milioni di dollari-.
Il dolore di Yolande e della famiglia "è aggravato dal fatto che
sapevano che Pierre sarebbe stato liberato domani da al Qaeda”, ha detto Imtiaz
Sooliman, fondatore di Gift of Givers. Anche Hagel ha testimoniato la
"devastazione emozionale e psicologica” della moglie di Korkie.
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