Scritto per Il Fatto Quotidiano del 18/12/2014
La strada diplomatica è tutta in salita, quella
giudiziaria un dedalo di viuzze, quella politica tipo Davide senza fionda
contro Golia con l’atomica. Quasi tre anni – e molte grida - dopo, la vicenda
dei due marò è messa male. Peggio di quanto non sia mai stata. E s’illude chi
pensa che “adesso l’Europa è con noi”, perché Federica Mogherini, divenuta Alto
Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, s’agita a
Bruxelles più di quanto non abbia mai fatto prima la britannica Lady Ashton.
In questa storia, la Mogherini è
chiaramente percepita come una voce di parte, quando avverte che la questione
di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone può incidere sui rapporti globali tra
India e Ue. A livello europeo, gli strali della Mogherini trovano eco solo fra
gli eurodeputati italiani.
Del resto, i fatti non tengono dietro
alle parole: nella sostanza, l'Ue “continua a seguire” la vicenda, in contatto
con il Governo italiano, e “reitera la richiesta di rapida soluzione”, condivisa,
“nell'interesse sia dell'Italia sia dell'India, sulla base del diritto
internazionale". C’è di mezzo anche l’efficacia della lotta contro la pirateria,
su cui l'Ue è "fortemente impegnata".
Nessuna capitale europea è pronta a
mettersi contro l’India, grande quanto l’Unione, con tre volte gli abitanti
dell’Unione e un Pil che vale già il nostro e un posto nel G8. Quanto al
premier Narendra Modi, che corteggia il nazionalismo indiano, un po’ di
frizioni internazionali possono persino fargli gioco, anche se i due marò non
valgono un incidente di frontiera con il Pakistan.
Incerto fin dall’inizio tra il pugno
sul tavolo e il negoziato, il governo richiama per consultazioni l’ambasciatore
in India Daniele Mancini: c’è “delusione” e “irritazione” dopo che la Corte
Suprema di New Delhi ha respinto le richieste di Latorre e Girone (la decisione
ha “fortemente contrariato” pure il presidente Napolitano).
I due marò sono accusati di avere
causato la morte di due pescatori indiani nel febbraio 2012, mentre erano in
missione anti-pirateria a bordo di una nave italiana in acque internazionali
nell’Oceano Indiano.
Davanti alle Commissioni Esteri e
Difesa di Camera e Senato, i ministri Paolo Gentiloni (Esteri) e Roberta
Pinotti (Difesa) dicono che Latorre, vittima di un ictus l’estate scorsa, non
tornerà in India alla scadenza del suo permesso, il 13 gennaio, perché “i
medici ci dicono che deve curarsi qui”: "Non è un atto di sfida né di
scontro, ma una presa d'atto della situazione", parola di Pinotti. Il
pieno recupero fisico del fuciliere è "una priorità": non sarà fatto
"nulla per metterlo a rischio".
Quanto a Girone, i giudici indiani hanno
respinto la richiesta di tornare a casa per Natale, oltre che quella di
ulteriore allentamento della libertà vigilata. Pesa ancora la
manfrina tra il 2012 e il 2013, quando i
marò, tornati in Italia per le feste, furono prima trattenuti, poi rimandati.
L'Italia è pronta a "qualsiasi
passo" per risolvere la situazione: il richiamo dell'ambasciatore non è “un
gesto di rottura”, ma “l’espressione d’un malessere”; è una mossa per
concordare le successive, come l'apertura dell'arbitrato internazionale, che è
pronto, ma venne congelato puntando –chissà perché- su una soluzione
diplomatica dopo l’insediamento del nuovo governo indiano. Non che l’arbitrato
sia un toccasana: bisogna che l’India l’accetti e prende tempo.
Il presidente della Commissione Esteri
del Senato, Pier Ferdinando Casini, chiede che sia istituita “una cabina di regia
con rappresentanti dell’opposizione per coordinare le iniziative sui marò".
E l’ex ministro degli Esteri, ed ex commissario europeo, Franco Frattini,
sollecita un’azione congiunta Onu-Ue: "bisognava internazionalizzare la
crisi subito", non anni dopo.
Magari, era meglio non innescarla. Ma questa è un’altra
storia.
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