Scritto per Il Fatto Quotidiano del 16/11/2016
Questa
volta, gli elettori americani hanno proprio perso il loro senso dell’equilibrio
paradigmatico: Donald Trump e i repubblicani si trovano nelle mani tutto il
potere, la Casa Bianca, il Congresso - , Camera e Senato, una netta maggioranza
di governatori e di parlamenti statali; e possono imprimere alla Corte Suprema
un orientamento decisamente conservatore – un giudice va nominato al più presto,
per riempire il vuoto lasciato dalla morte di Antonin Scalia; e un altro posto
sta per rendersi disponibile -. L’unico frangiflutti alla marea repubblicana è
quello rappresentato da Yanet Yellen, che guida la Federal Reserve dal febbraio
2014 e che non può essere rimossa fino a fine mandato: nominata da Barack
Obama, rispettata da tutti, la Yellen non è però una democratica d’ordinanza,
ma piuttosto una tecnica.
La stampa
americana risale indietro nel tempo, anche di un secolo, chiedendosi se e
quando, vi sia mai stato un tale allineamento partitico dei tre poteri,
l’esecutivo, il legislativo, il giuridico. Va, però, detto che i confronti sono
difficili ed aleatori: il numero degli Stati varia, le modalità elettive del
Senato pure. Nel recente passato, è accaduto a tutti e tre gli ultimi
presidenti di avere dalla loro, almeno per un biennio, tutto il Congresso.
Il partito
repubblicano, che pareva a pezzi, condannato alla minoranza dall’evoluzione
demografica e diviso al proprio interno fra moderati, Tea Party, evangelici si
ritrova padrone di tutto: con Trump, che doveva esserne l’esecutore
testamentario, è risorto e ha fatto bingo, raccogliendo consensi che non aveva
mai avuto (e che forse non avrà mai più).
Il partito
democratico, che pareva destinato a tenere la presidenza e a riprendersi almeno
il Senato, si ritrova con zero potere e senza squadra dirigente, perché nessuno
dei suoi leader sarà spendibile nel 2020: Hillary Clinton è bruciata, dopo i
flop 2008 e 2016; John Kerry è bruciato dal 2004; Bernie Sanders sarà troppo
vecchio, come Joe Biden. E, se il mantra è il cambiamento, bisogna trovare
qualcuno che lo rappresenti: Elizabeth Warren ha il volto giusto, ma l’età è un
handicap – avrà 71 anni, uno in più di Trump oggi -.
Il New
Yorker s’interroga su come il partito democratico possa uscire da questo
incubo. La riscossa non potrà venire, se verrà, prima delle elezioni di midterm
del 2018, quando le carte del Congresso potrebbero rimescolarsi. Ma, intanto, i
repubblicani intendono sfruttare le carte che hanno in mano per fare subito
quanto i loro elettori giudicano prioritario: la revoca, almeno parziale, della
riforma sanitaria varata da Obama; l’attuazione di qualche promessa sul fronte
migranti, l’erezione del muro e l’espulsione d irregolari; e, per compiacere i
fondamentalisti, la restituzione agli Stati del potere di decisione
sull’aborto, riportando indietro gli Stati Uniti di oltre quarant’anni – questo
è compito della Corte Suprema, che deve cancellare una sentenza del 1973 -.
Trump è
uscito confortato dal colloquio telefonico di lunedì con Vladimir Putin:
rispetto reciproco e reciproca non ingerenza negli affari interni sarebbero i
punti fermi del nuovo rapporto Usa-Russia. Ma il presidente eletto non va
avanti spedito nella definizione della squadra di governo: ha problemi di
famiglia – il genero Jared Kushner, marito di Ivanka, un editore ebreo, esita
ad accettare un ruolo alla Casa Bianca – e ha problemi a fare accettare al
partito alcuni suoi uomini.
Con il rischio di cadere dalla padella nella brace. Nell’ottica della stabilità mondiale, l’attenzione si concentra sui segretari di Stato e alla Difesa. Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York, un uomo tutto ‘Law & Order’, pareva destinato alla Giustizia, ma potrebbe fare il segretario di Stato, anche se i media gli agitano contro storie di conflitti d’interesse. Il partito, però, gli preferisce un falco dell’epoca di George W. Bush, John Bolton, capace di avere pessimi rapporti con tutti i suoi interlocutori e collaboratori. Comunque vada, molti ministri degli Esteri rimpiangeranno John Kerry, un gentiluomo.
Con il rischio di cadere dalla padella nella brace. Nell’ottica della stabilità mondiale, l’attenzione si concentra sui segretari di Stato e alla Difesa. Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York, un uomo tutto ‘Law & Order’, pareva destinato alla Giustizia, ma potrebbe fare il segretario di Stato, anche se i media gli agitano contro storie di conflitti d’interesse. Il partito, però, gli preferisce un falco dell’epoca di George W. Bush, John Bolton, capace di avere pessimi rapporti con tutti i suoi interlocutori e collaboratori. Comunque vada, molti ministri degli Esteri rimpiangeranno John Kerry, un gentiluomo.
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