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giovedì 31 ottobre 2013

Datagate: spiato (forse) pure il Papa, il caso s'allarga e s'annacqua

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 31/10/2013

Ci sarebbe pure il Papa fra i 35 leader di tutto il Mondo spiati dall’intelligence americana, all’insaputa o con la complicità dei servizi nazionali. L’illazione viene da Panorama, che lo scrive nel numero in edicola oggi, ipotizzando cimici fin nel Conclave. Secondo Wikileaks, il cardinale Bergoglio, l’attuale papa Francesco, era sotto ascolto fin dal 2005, cioè fin dall'elezione che lo vide secondo dietro Ratzinger, divenuto Benedetto XVI. I suoi attriti con la presidente argentina Kirchner lo avrebbero poi reso ancora più interessante agli 007 dell’Nsa statunitense.

La reazione del Vaticano alle affermazioni di Panorama è serafica. Padre Lombardi, il portavoce, dice: “Non ci risulta nulla in merito e in ogni caso non abbiamo alcuna inquietudine”, cioè non abbiamo nulla da nascondere.

Eppure, il settimanale è dettagliato, in alcune ‘rivelazioni’. Le telefonate ‘in and out’ dal Vaticano e quelle sulle utenze italiane di vescovi e cardinali, captate e tracciate dalla Nsa, venivano classificate secondo quattro categorie: Leadership Intentions, Threats to Financial System, Foreign Policy Objectives, Human Rights. C'è l’ipotesi che siano state intercettate pure chiamate relative alla scelta del nuovo presidente Ior, il tedesco von Freyberg, e persino quelle della Domus Paolo VI, dove, durante il Conclave, risiedevano il cardinal Bergoglio e altri prelati..

Le conversazioni ‘curiali’ intercettate farebbero parte di quei 46 milioni di chiamate ‘italiane’ monitorate in un solo mese a cavallo tra il 2012 e il 2013, secondo il sito Cryptom. Un dato mai confermato dai servizi italiani. Il presidente del Consiglio Letta riferirà alla Camera tra l’11 e il 15 novembre; prima, andrà al Copasir, probabilmente la prossima settimana.

Panorama cita un documento del 2010 dell’archivio della talpa del Datagate, Snowden, secondo cui a Roma esisteva, e forse esiste tuttora, una cellula dello ‘special collection service’: l’unità romana mista Nsa-Cia, in via Sallustiana 49, un annesso dell’ambasciata degli Usa, sarebbe una delle 79 che operano in tutto il Mondo, 19 in Europa. La Nsa analizzerebbe il traffico voci e dati, intercettando i cellulari dei leader e seguendo i flussi finanziari. La Cia prenderebbe, invece, contatto con gestori dei sistemi di comunicazione e amministratori di database.

Il tassello vaticano del mosaico Datagate arriva dopo che gli Usa avevano categoricamente smentito, martedì, le accuse d’intercettazioni in Europa, sostenendo che tutti i dati sono stati loro forniti dalle intelligence europee. Affermazione che, a sua volta, suscita imbarazzi e smentite. Secondo fonti di stampa, i servizi francesi, spagnoli e italiani collaboravano con quelli americani; i tedeschi, ieri ricevuti a Washington al Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, lo negano. Gli australiani, controcorrente, si arrogano un ruolo nell'imbroglio.

Si sgonfia, invece, la storia delle chiavette Usb che la Russia avrebbe regalato ai suoi ospiti al G20 di San Pietroburgo in luglio con intenti spionistici: quei gadget non costituiscono una minaccia, riconosce l’Ue. Il sospetto era venuto al presidente del Consiglio europeo Van Rompuy. Con una punta di sprezzo, il ministro degli esteri russo Lavrov commenta il bailamme: “Tutti sapevano o potevano immaginarselo”. La Cina ne approfitta per annunciare un rafforzamento delle misure di sicurezza, cioè un’intensificazione dello spionaggio. E il WP scrive, subito smentito, che l’Nsa spiava pure Google e Yahoo, che, secondo un’altra versione, sarebbero stati i suoi fornitori privilegiati.

mercoledì 30 ottobre 2013

Pediatri, bambini, social media e notizie urlate: il troppo stroppia

Scritto per Media Duemila online il 30/10/2013

Ogni tanto, cioè –siamo onesti- spesso, la scienza ci viene in soccorso e ci apre squarci di luce dove vagolavamo nelle tenebre. Così le agenzie di stampa e i media, nazionali e internazionali, ci fanno sapere che l’American Academy of Pediatrics, in un documento presentato al congresso nazionale di Orlando, in Florida, lì dove c’è Disney World, ha accertato che i bambini e i teenagers vanno ‘messi a dieta’ di social media. Tra gli 8 e i 10 anni, spendono 8 ore al giorno su cellulari, computer e tv; da teenagers, arrivano a 11 ore al giorno: è troppo e, quando è troppo, stroppia.

Ci voleva proprio, perché noi, Nonni e/o Genitori che siamo, da soli non ci saremmo mai arrivati. Come, due generazioni or sono, ci volevano i guru dell’infanzia per accertare che un bambino che, al ritorno da scuola, s’incollava davanti alla tv dei ragazzi e lì restava fino a carosello, facendo merenda a televisore acceso e con uno stacco al più per la cena in famiglia, rischiava di subire conseguenze negative sul piano degli affetti, della socialità e magari pure dell’alimentazione, oltre che del rendimento scolastico, visto che gli mancava il tempo per fare i compiti e studiare le lezioni.

Lanciando l’allarme, i pediatri americani ci vanno giù pesanti: segno che, magari, i genitori spesso non percepiscono l’ovvio. Il documento pubblicato sull’edizione online della loro rivista, Pediatrics, include una guida dedicata alle famiglie e alle scuole per arginare la mancanza di regole a casa sull'uso dei social media nelle loro varie declinazioni: “Un approccio salutare da parte dei bambini potrebbe minimizzare i danni potenziali”, che sono obesità, aggressività e insonnia”; e, ancora, “genitori, educatori e pediatri possono migliorare la situazione, aiutando i ragazzi a fare buone scelte”.

Fortuna, ancora, che la scienza ci aiuta. Se no, mica ci sarebbe venuto in mente di dire al nipotino, o al figlio, di schiodarsi dal computer e di andare a farsi un giro per giocare al pallone con i compagni –ammesso che li trovi, perché staranno pure loro a farsi partite virtuali-… Che poi, la banalità innesca banalità. Ed ecco partire il controcanto di chi esalta i meriti di internet nel sollecitare l’intelligenza del ragazzo, la capacità di stabilire collegamenti, la possibilità di acquisire informazioni; e di chi depreca i danni di un culto ossessivo dell’esercizio fisico.

Perché siamo da punto a capo: il troppo stroppia . Se l’obiettivo è uno sviluppo armonico, otto ore di fila davanti al computer sono dannose come otto ore di fila sui libri o su un campetto di calcio, specie se ripetute giorno dopo giorno –che una volta si può anche fare-… Ad approfondire, si nota che la ‘dieta’ suggerita dai pediatri americani è, appunto, equilibrata: niente internet durante i pasti o poco prima di andare a dormire –per i piccoli, meglio una favola che un videogioco come viatico alla nanna- e limitazioni temporali che variano con l’età; e i genitori dovrebbero pure sorvegliare – ma chi non lo fa? - i siti frequentati dai figli, per evitarsi e soprattutto evitare loro brutte sorprese.

Insomma, i pediatri predicano l’acqua calda del buon senso. Male non fa. E i media la scambiano per una notizia. Accade spesso. 

Datagate: intelligence americana contrattacca, vi spiate voi per noi

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 30/10/2013

E’ partita la controffensiva americana. Contro gli alleati europei piagnoni e infidi. Ma anche contro il presidente Obama, che ha dato loro troppa corda. Keith Alexander, capo della Nsa, sbotta: "Non abbiamo raccolto noi le informazioni sui cittadini europei. Ci erano date dai nostri partner europei". E definisce totalmente infondate le accuse apparse sulla stampa europea: chi ha rubato i files e chi li ha pubblicati “non li ha capiti”. Traditore e pure tonto, la talpa Snowden.

In un’audizione al Congresso, Alexander è affiancato da James Clapper, capo della Dni, altra perla dell’intelligence statunitense: “Anche i nostri alleati europei spiano i leader e i servizi americani ... Tutti sapevano tutto e tutto era perfettamente legale”.

Lo dicevo ben io, che gli americani non potevano essere i (soli) cattivi di questa storia. E che, prima o poi, il Datagate sarebbe divenuto un garbuglio italico. Le due facili profezie s’avverano in 24 ore. E i servizi europei restano, almeno per una notte, in braghe di tela.

Il fuoco di sbarramento dell'intelligence pro-americana, che s’era finora limitato a ridimensionare scandalo e rivelazioni, parte dalla Russia: al vertice del G20 di San Pietroburgo in luglio, quello dove Putin e Obama litigarono di brutto sulla Siria, gli agenti segreti di Mosca cercarono di infilare dei ‘cavalli di troia’ elettronici nelle cartelle dei loro ospiti, chiavette Usb modificate per carpire informazioni.

Il Cremlino liquida la notizia come una ‘bufala’”per distogliere l'attenzione da un problema reale, cioè le attivita' di spionaggio americane che creano tensioni con l'Europa", commenta il portavoce Dmitry Peskov. Secondo alcuni quotidiani italiani, sarebbe stato il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy a insospettirsi e a consegnare il gadget ai funzionari della sicurezza che lo avrebbero affidato ai servizi segreti tedeschi.

Poi, le batterie difensive degli Stati Uniti entrano in azione a Washington: Dianne Feinstein, senatrice democratica di grande prestigio, presidente della commissione intelligence, ammette che spiare gli alleati è grave e che bisogna rivedere le procedure degli 007 americani, ma assicura che Obama era all’oscuro delle intercettazioni dei leader. Il presidente blocca le intercettazioni all’Onu, mentre il WSJ ‘assolve’ l’Nsa dai misfatti in Francia e Spagna: “lì, non opera”, scrive il quotidiano, preparando il terreno alla ‘bomba’ di Alexander.

In Italia, dopo le voci di 48 milioni di telefonate monitorate e di un coinvolgimento dei servizi, Enrico Letta dà disposizione di “fare chiarezza”: con questo obiettivo, dà mandato al sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all'intelligence, Marco Minniti, di convocare per domani, giovedì, il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (Cisr). All'ordine del giorno "questioni inerenti la sicurezza delle telecomunicazioni, alla luce del Datagate": c’è un problema, se i servizi collaboravano con gli americani all’insaputa dei politici; ma c’è pure un problema se non collaboravano e non hanno avuto sentore di quanto stava accadendo. “Zone d’ombra” che il premier giudica “inaccettabili”.

La mossa di Letta è una risposta alla caterva di indiscrezioni, da verificare, ma anche all’attivismo del Copasir, che la settimana scorsa aveva già ascoltato Minniti, senza ricavarne granché; che ieri ha sentito Giampiero Massolo; e che vuole ascoltare lo stesso Letta, forse la prossima settimana. Sull’agenda del Comitato, c’è pure Edward Snowden: una convocazione, se fosse fatta, velleitaria.

A San Macuto, Massolo, direttore del Dis, manifesta “piena adesione” all'iniziativa scaturita dal Vertice europeo per definire "regole future per la collaborazione con gli Stati Uniti", una sorta di ‘galateo dello spionaggio’ da rispettare, almeno fra amici e alleati. Sulla stessa linea, Minniti definisce “evidente” un problema “di rapporto tra Usa e Ue”.

Pure il ministro degli Esteri Emma Bonino chiede agli americani “chiarezza nei tempi più rapidi”. Obama dice che "tutto il sistema dell'intelligence statunitense e' sotto revisione" –lasciando insoddisfatti i responsabili della sicurezza-; e l'Ue vuole “regole condivise perché l'intelligence –parole di Minniti- non può essere una foresta in cui tutto è consentito" (ma in realtà film e libri così ci hanno abituato a concepirla).

Il gioco del domino delle rivelazioni, che ha già buttato giù tessere dalla Francia alla Germania, dalla Spagna all’Italia, tocca la Grecia. Qui, però, l’ex ministro degli esteri Theodoros Pangalos rivela a una radio che Atene in passato spiò l'ambasciata degli Usa con "grande successo".

Chi appare finora meno disposto a un colpo di spugna su quanto accaduto è il cancelliere tedesco Angela Merkel: le intercettazioni del suo cellulare di Angela Merkel potrebbero sfociare nell'espulsione dei diplomatici statunitensi coinvolti. Il ministro dell'Intern, Hans-Peter Friedrich dice a una tv che "i responsabili devono essere trovati e chiamati a risponderne" e, se sono diplomatici, “devono lasciare il Paese”. Una delegazione tedesca si recherà presto negli Stati Uniti per ottenere “nuovi elementi". Quella di deputati europei, a Washington da lunedì, non ha sortito grossi risultati.

martedì 29 ottobre 2013

Italia/Ue: lezione d’Europa a Bologna

Scritto per EurActiv il 29/10/2013

Lezione d’Europa all'Università di Bologna: docente il professor Andrea Renda. Ad ascoltarlo trecento studenti dell’Ateneo e delle scuole superiori felsinee e, collegati in streaming, studenti di altre sei Università, Torino, Rimini, Perugia, Roma Tre, Bari, Sassari.

‘Pensare oltre i confini’ è il titolo della lezione, che tratta in particolare il tema del completamento del mercato unico: per l’Italia, prospettive e opportunità.

Lezioni d’Europa è una serie d’incontri per spiegare l’Europa ai giovani, e per introdurre i giovani all’Europa, che va avanti dal 2009, grazie a un partenariato tra Commissione e Parlamento europei e Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio, in collaborazione con il Ministero degli Esteri e Europe Direct.

Quest’anno l’incontro di Bologna è stato preceduto da uno a Roma, protagonista Riccardo Perissich, vice-presidente del Consiglio Italia-Usa, sul tema della rappresentanza delle imprese in Europa.

Nella sua lezione, il professor Renda, fra l’altro senior research fellow al Ceps di Bruxelles e direttore del Global Outlook dell’Istituto Affari Internazionali di Roma, ha prima inquadrato l’attuale fase dell’Unione europea nel contesto delle macro-tendenze dell’economia internazionale, poi ha individuato le dieci ragioni del declino dell’Europa e ha tracciato una strategia della reazione, concludendo con un approfondimento sul ‘caso Italia’.

L’Italia è l’unico Paese Ue a essersi impoverito in assoluto nell'arco degli ultimi anni e che non riesce a migliorare la propria produttività, oltre a detenere tutta una serie i record Ue negativi, dall'incapacità di utilizzare i fondi a disposizione al numero delle infrazioni alle norme comunitarie, passando attraverso i ritardi nell'istruzione e nell'informatica.

Renda s’è chiesto se sia un malato dell’Europa o se non sia piuttosto una ‘malata d’Europa’, come l’euro-scetticismo tende a credere. Per il professore, l’Italia è piuttosto malata di mancanza d’Europa, cioè proprio dell’incapacità di utilizzare gli strumenti e le prospettive che l’integrazione le offre. E l’Europa, a sua volta, soffre di una ‘mancanza d’Italia’.

Numerose le domande dei giovani presenti e via social media, a testimonianza di una vitalità d’attenzione e d’interesse che è stato il vero, se non unico, germoglio d’ottimismo della giornata.

domenica 27 ottobre 2013

Italia Maglia Nera: corruzione, stampa e una sfilza di ultimi posti

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 27/10/2013 

La politica è da buttare, l’economia va male, il lavoro non c’è, la fiducia neppure. Che brutta Italia, proprio ‘un paese dei cachi’. Vabbeh!, ma vuoi mettere la qualità della vita? Attenzione a non farci illusioni: manco quella abbiamo, se diamo credito a statistiche e classifiche, che saranno pure stilate da qualche noioso e pignolo burocrate nordico o asiatico delle organizzazioni internazionali, ma spesso ci azzeccano. Non ci resta che consolarci con le giornate di sole che –complice la geografia- sono più numerose che altrove. Ma poi scopriamo che la grigia Germania ha molto più fotovoltaico di noi e ci viene la depressione.

Se già vi sentite un po’ giù, non inoltratevi in questo viaggio nelle magagne italiche. Se, invece, amate cullarvi nelle vostre malinconie, questa lettura v’è consigliata: preparatevi a indossare la Maglia Nera, percorrendo un’antologia di dati tutti recenti –e tutti, ahimè, negativi-, senza andare a scartabellare troppo indietro negli archivi.

Trasparenza e Corruzione – L’’indice della corruzione di Transparency International ci vede circa a metà del gruppo di 174 Paesi censiti, al 72° posto, sempre in fondo al plotone dell’Ue con Grecia e Bulgaria e con un voto ben lontano dalla sufficienza e lontanissimo dai Paesi leader, Danimarca, Finlandia e una sorprendente, ma costante, Nuova Zelanda.

Forse le cose stanno per migliorare, perché, sempre secondo Transparency International, l’Italia è fra i Paesi che meglio applicano la Convenzione dell’Ocse contro la corruzione –ma i risultati, finora, non si vedono-.

Fondi e infrazioni – Nell’Unione europea, siamo, con Bulgaria e Romania, Paesi, però, da poco arrivati, quelli con minore capacità di spesa dei fondi a noi destinati: del pacchetto per la coesione, settennale, abbiamo utilizzato, adesso che s’avvicina la fine del periodo, il 31 dicembre, solo il 40% del totale. Ci lamentiamo che dall’Ue arrivano pochi soldi, ma riusciamo a spendere solo due euro su cinque.

In compenso, ne sprechiamo un sacco a pagare multe per il mancato recepimento delle direttive o per le infrazioni alle stesse: siamo i campioni incontrastati su questo fronte. Eravamo appena scesi sotto quota cento infrazioni, a 99, a fine 2012, ma siamo rapidamente tornati sopra collezionando più nuove procedure di quante non riusciamo a chiuderne di vecchie. Ambiente e rifiuti sono le voci dove siamo messi peggio.

Leggere e far di conto – Per l’Ocse, gli italiani, con gli spagnoli, sono i cittadini che meno sanno leggere e far di conto –lo studio è stato condotto in 24 Paesi-: giapponesi e finlandesi guidano l’elenco (e i cechi sono bravi a far di conto). Per la serie ‘mal comune mezzo danno’, gli americani non ne escono molto meglio di noi.

Vanno a braccetto con le cifre dell’Ocse quelle di Eurostat: l’Italia non tiene il passo dell’Unione nella battaglia contro l’abbandono scolastico: 17,6% contro una media Ue del 12,8% - l’obiettivo è il 10%-. Mentre i giovani in possesso di qualifiche di istruzione superiore sono il 21,7% - media Ue 35,8%, obiettivo 40%-.

I ritardi di Internet – Anche per l’accesso a internet, l’Italia è lontana dalla media Ue: il 43% delle famiglie non ha una connessione, contro una media del 32%. Peggio di noi Bulgaria, Romania e Grecia, mentre in Svezia solo il 7% delle famiglie non ha internet. Gli italiani, complice la carenza, rispetto alla media Ue, della banda larga, sono anche fra i più reticenti a fare acquisti online e ad utilizzare i servizi di e-government: appena il 22% vi ricorre (in Danimarca, l’80%), in parte perché il loro funzionamento è il peggiore nell’Unione –Romania a parte-.

Qualità della vita – Un recente rapporto della Commissione europea indica che le città italiane non reggono il confronto con le migliori europee: fra i 79 centri urbani del campione prescelto, ci sono Bologna, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Verona, la migliore, che si piazza 18a, mentre in cima alla classifica stanno Aalborg, in Danimarca, Amburgo, Zurigo e Oslo. Settore per settore, Roma, Napoli e Palermo sono le ultime della classe per i trasporti pubblici e l’efficienza amministrativa, Roma è la peggiore per i servizi scolastici, Palermo la più sporca. L’unica altra metropoli europea che fa loro persistente compagnia sul fondo classifica è Atene.

Libertà di Stampa – Freedom House la misura ogni anno, con un doppio indicatore, numerico da 1 a 100, e qualitativo, stampa libera, semi-libera, non libera: l’Italia con 33 punti, è 73a su 187 Paesi al Mondo, ma è soprattutto l’unico Paese senza libera stampa dell’Europa cosiddetta occidentale, con la Turchia. I criteri della classifica sono discutibili, ma trovarci in testa Finlandia, Svezia e Norvegia non sorprende, così come trovarci in fondo la Corea del Nord, l’Eritrea e vari Paesi dell’ex Urss.

sabato 26 ottobre 2013

Datagate: Vertice; Ue a Usa, se ci spiate a rischio anti-terrorismo

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 26/10/2013

I leader dell'Ue ammoniscono Barack Obama: "La mancanza di fiducia fra alleati può pregiudicare la lotta al terrorismo"; e Francia e Germania chiedono a Washington colloqui per trovare un'intesa su un “codice di buona condotta”, una sorta di ‘galateo dello spionaggio’. Insomma, lo strafare dell’Nsa, che intercettava 35 leader amici, potrebbe sortire l’effetto contrario a quello desiderato, cioè rendere l’America meno sicura.

Ma è un’ipotesi in realtà remota: allo spionaggio, nessuno vuole rinunciare. Parigi e Berlino, pur vocalmente irritate, chiedono solo di regolamentarne le pratiche, non certo di metterlo al bando. E, al Vertice di Bruxelles, David Cameron fa il pesce in barile: Londra, infatti, partecipa al programma d’intercettazioni globali americano.

La richiesta di chiarimenti non s’accompagna neppure, come aveva auspicato il Parlamento europeo, alla sospensione dei programmi di scambio di dati Usa-Ue e - ancor meno - al blocco dei negoziati verso un’area franca commerciale transatlantica. A margine delle trattative, Ue e Usa hanno creato un gruppo per discutere il problema. Il presidente francese François Hollande punta a definirvi entro dicembre il ‘codice di condotta’ comune.

Le intercettazioni americane di migliaia di cittadini europei e del resto del mondo si sta rivelando – è stato detto - un vaso di Pandora di grane per l’Amministrazione statunitense. Washington si sforza di tranquillizzare amici e alleati, con risultati finora modesti. Ricevendo il presidente del Senato Pietro Grasso, il vice di Obama Joe Biden gli ha detto che “la legge italiana sulle intercettazioni non risulta violata"; e gli ha confermato la revisione in atto dei metodi di raccolta dei dati per trovare l’equilibrio tra sicurezza e privacy.

Quasi in contemporanea, a Bruxelles, il premier Letta, che ancora non sa se il suo cellulare è stato spiato, esagera la portata della posizione europea, che definisce “forte e unitaria”. Letta invoca l’esigenza di “fare chiarezza” a tutti i livelli nell'Ue e con gli Usa e di “mettere ordine" in materia d’intercettazioni telefoniche.

Chiarezza e ordine cui non contribuiscono, per il premier, le rivelazioni a ondate del duo Snowden ‘la talpa’ e Assange ‘il regista’: ieri, anche il premier spagnolo Mariano Rajoy è entrato nel ‘club degli spiati’. Rajoy dice di non averne le prove, ma intanto fa convocare per lunedì l’ambasciatore degli Usa per chiedergliene conto. Angela Merkel annuncia che continuerà a parlare al telefonino e Letta, vedendola corrucciata, la invita a sorridere.

Invece di chiudersi in difesa, Cameron va all'attacco: lancia una raffica di proposte ultra-liberiste, frena sul mercato unico digitale (che slitta dal 2014 al 2015), e cioè sulle norme per la protezione dei dati, e ricorda gli attentati sventati "perché abbiamo condiviso informazioni". Lo spionaggio – dice- "è l'unico modo per salvare la gente dal terrorismo".

La rivelazione di giornata è che gli Stati Uniti starebbero mettendo in guardia vari servizi segreti perché alcuni documenti in mano a Snowden proverebbero che essi hanno agito in combutta con l’intelligence americana. E in qualche caso i servizi avrebbero operato senza il consenso dei governi. Fra gli elementi più imbarazzanti, un programma di spionaggio a più voci ai danni della Russia – toh!, che sorpresa-.

Immigrazione: Vertice; Ue, un 6 d'incoraggiamento in solidarietà

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 26/10/2013

“Sufficienti”: così, Enrico Letta giudica le conclusioni sull'immigrazione del Vertice dell’Ue. Un 6 un po’ risicato rispetto alle attese, o meglio alle speranze della vigilia. Perché, oltre le affermazioni di principio neppur troppo altisonanti, c’è solo un calendario. E la prospettiva d’una vera e propria politica europea dell’immigrazione si sposta al 2014, quando la presidenza di turno del Consiglio dei Ministri dell’Ue sarà assicurata, in successione, da Grecia e Italia, due Paesi della prima linea mediterranea.

Il premier italiano la mette in positivo: parla d’un “passo avanti”, che non era “scontato”, per gestire l'emergenza e per affrontare l’immigrazione come problema “europeo” e non solo italiano, o greco, o maltese. Ma i risultati diventeranno deficitari, avverte Letta, se non ci saranno “conseguenze operative”, cioè se alle parole non seguiranno i fatti.

Il Vertice, che una settimana fa, dopo le tragedie nel mare di Lampedusa, pareva avere virato sull'immigrazione rispetto ai percorsi freddi inizialmente previsti dell’innovazione e dell’economia, è stato in extremis ‘dirottato’ dal Datagate, che ha assorbito buona parte di plenaria e bilaterali.

Il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy dice che i leader dei 28 hanno convenuto sulla "necessità di un'azione coordinata" e sulla "condivisione delle responsabilità". Per il presidente della Commissione europea Manuel Barroso, "bisogna agire subito: il problema non è nuovo, ma ora è urgente".

Una task force costituita ad hoc dovrà presentare proposte al Consiglio del 19 e 20 dicembre, dando una "risposta su quattro fronti": ricerca e salvataggio in mare; aiuto ai Paesi alle frontiere; rapporti con i Paesi d'origine dei migranti; e lotta al crimine organizzato e alla tratta di esseri umani. Entro giugno 2014, le conclusioni operative del prossimo Vertice dovranno essere applicate. E, allora, si dovrebbero pure ridefinire le regole d’asilo.

Il rafforzamento di Frontex, lo strumento dell’Ue per controllare le frontiere, e il lancio d’Eurosur restano, per ora, indicazioni di massima: mancano i soldi per azioni concrete immediate, malgrado qualche gesto di buona volontà (l’Olanda darà aerei a Frontex). Così, provvede ‘Mare Nostrum’, l’operazione autarchica italiana che ieri ha soccorso 800 immigrati nel Canale di Sicilia.


venerdì 25 ottobre 2013

Datagate: spionaggio al Vertice, leader Ue insieme contro Obama

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/10/2013

Per coprire divisioni o mancanza d’iniziative sul fronte interno, non c’è nulla di meglio che trovarsi un nemico comune sul fronte esterno. Al Vertice dell’Ue a Bruxelles, i leader dei 28 se lo trovano bell’e servito: gli Stati Uniti, che se ne stanno in ascolto sui telefonini di chi conta in Europa. Persino il cauto José Barroso, presidente della Commissione europea, ha il coraggio di denunciare Washington che mette a rischio la privacy, "diritto fondamentale" dei cittadini europei; e pure interessi economici e commerciali.

Il Datagate scalza dal ‘top’ dell’agenda del Vertice l’immigrazione e l’economia: se ne parla lo stesso a Bruxelles, ma l’attenzione mediatica è tutta sull'inasprimento dei toni tra Europa ed America causa spionaggio indiscriminato di amici e alleati. Le rivelazioni, smentite ma non proprio, delle intercettazioni sul telefonino del cancelliere tedesco Angela Merkel fatte dalla Nsa mobilitano i capi di Stato e di Governo dell’Ue.

"In Europa –dice Barroso- consideriamo il diritto alla privacy un diritto fondamentale". Programmi di spionaggio come quello americano mandano, invece, segnali da "totalitarismo" stile Germania dell'Est, "dove la polizia politica spiava ogni giorno le vite degli altri".

Il Consiglio europeo, apertosi ieri pomeriggio, si concluderà oggi a Bruxelles. Prima della plenaria, la Merkel e il presidente francese Francois Hollande, due che hanno appena avuto vivaci telefonate con il presidente Usa Barack Obama, discutono il da farsi a quattrocchi: dichiarazioni ferme, passi da studiare.

La Merkel fa convocare a Berlino l’ambasciatore statunitense e si presenta al Vertice combattiva: “Spiare gli amici –dice- è inaccettabile”. L’alleanza Usa-Ue “può essere costruita solo sulla fiducia”. E di fiducia tradita parlano molti leader e commissari europei.

La stampa tedesca rivela alcuni varchi nella maginot di un’intelligence poco teutonica: il telefonino di Angela intercettato non è un modello a garanzia di protezione, perché il cancelliere invia e riceve messaggini da un cellulare ereditato dalla Cdu, che ha sempre con sé. Eppure, i funzionari di rango del governo tedesco sono tenuti a non discutere di questioni di lavoro con telefoni non protetti. E la procura federale tedesca se la prende meno calda dei politici: avvia un’ ‘osservazione’ sulla vicenda, cioè non apre neppure un’inchiesta.

Di fronte alla levata di scudi europea, Obama dà un colpo di freno alle pratiche dell’Nsa, almeno sulla carta: vuole sapere se si è andati davvero oltre i limiti e il buon senso, arrivando a spiare cellulari ed e-mail di capi di Stato e di governo alleati, dalla Merkel alla brasiliana Dilma Roussef – sarebbero 35 i pezzi grossi mondiali politici e militari spiati-. ''E' nostro interesse mantenere coi nostri partner i legami più stretti possibile”: dice il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, “continuiamo ad avere colloqui a tutti i livelli”.

Le ipotesi di ritorsioni in tavola sono diverse. Il presidente del Parlamento europeo Martin Schultz propone ai leader dei 28 di sospendere i negoziati per la zona di libero scambio transatlantica e, prima di riprenderli, di fare chiarezza su “questa situazione da guerra fredda”. E mercoledì l’Assemblea di Strasburgo aveva chiesto di sospendere l'accordo tra Ue e Usa per il controllo delle transazioni finanziarie a fini antiterroristici.

Il presidente del Consiglio Enrico Letta giunge a Bruxelles preceduto dalla notizia finora incerta che pure il governo italiano sarebbe stato spiato dalla Nsa e dalla Gran Bretagna; e che i servizi avrebbero avuto un ruolo nell'operazione, finora negato. Letta va alla riunione dei leader del Pse, vede Hollande, raggiunge il Vertice e, a cena, introduce la discussione sui temi dell’innovazione e dell’economia.


Per l’Italia, le conclusioni sull'immigrazione, già pronte, recepiscono alcuni punti sollevati dopo i drammi di Lampedusa: i principi della solidarietà e dell'equa ripartizione delle responsabilità, già sanciti dal Trattato Ue, dovranno guidare le azioni tese a prevenire la morte di migranti diretti verso l'Europa.

giovedì 24 ottobre 2013

Datagate: Enrico non sa, Angela sì, e ce l'ha con Barack

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 24/10/2013

Sarà pure stata una giornata di slalom gigante tra malesseri europei e inquietudini mediorientali. Ma John Kerry non ha rinunciato a iniziarla con una discesa libera nello shopping romano: sosta, lui e la scorta, da Battistoni in via Condotti, nella più pura tradizione del turista americano, meglio se altolocato e danaroso. Poi, sotto con Enrico Letta –una passeggiata- e con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, un osso duro.

A Letta, il segretario di Stato americano doveva fare digerire gli eventuali prossimi sviluppi italici -finora non è venuto fuori quasi nulla- del Datagate. A Netanyahu, doveva fare trangugiare la ripresa dei negoziati con l’Iran sul nucleare e le aperture di credito Usa al presidente Rohani.

Datagate - Stando alle ricostruzioni del colloquio disponibili, è stato Letta ad affrontare il tema, chiedendo a Kerry lumi sulla veridicità dei documenti che circolano su violazioni della privacy degli alleati europei da parte dell’intelligence americana. Kerry gli ha risposto sullo stesso tono d’Obama a Hollande: le indiscrezioni di stampa sono distorte, ma gli Stati Uniti hanno avviato una revisione di tutte le prassi sotto accusa della National Security Agency.

Secondo fonti Usa, Letta e Kerry, che sono stati insieme un’ora circa, hanno parlato di Datagate pochi minuti. L'obiettivo "è trovare il giusto equilibrio tra sicurezza e privacy": una ricerca che "proseguirà” in stretta consultazione con gli amici e alleati, “Italia compresa".

Se Letta non sa nulla e deve chiedere lumi a Kerry, logico che Marco Minniti, sotto-segretario con delega all’intelligence, non abbia molto da raccontare al Copasir: "Mi sento di escludere –riferisce durante un’audizione- che i servizi sapessero … Non ci sono evidenze che il caso francese possa essere avvenuto anche in Italia". E allora, per soddisfare “il dovere di chiarezza” che il ministro dell’Interno Angelino Alfano prova verso “i cittadini italiani”, bisognerà attendere la nostra puntata delle rivelazioni a orologeria del duo Snowden-Assange oppure un ‘autodafé’ americano. Se no come si fa –parole di Alfano- ad “acquisire tutta la verità e dire tutta la verità” agli italiani “senza guardare in faccia nessuno"?

Pure la Merkel - Mentre il governo tedesco dice d’avere appreso che il cellulare della cancelliera Angela Merkel era intercettato, e giudica l’atto –se confermato- “inaccettabile”, il governo italiano sostiene d’avere “la ragionevole certezza” d’avere protetto la privacy degli italiani e dei diplomatici in Italia. Il deputato Claudio Fava (Sel, Copasir) sbotta: “Il governo è tranquillo, io non lo sono”.

In vista del Vertice dei 28 di oggi e domani, dove di Datagate si parlerà, il Parlamento di Strasburgo approva una risoluzione - non vincolante - che chiede la sospensione dell'intesa tra Ue e Usa per monitorare le transazioni finanziarie a fini antiterroristici: una ritorsione fine a se stessa, perché gli americani hanno già mostrato di non esitare a prendersi da soli i dati che vogliono.

Netanyahu – Più facile, per Kerry, col premier italiano che con il premier israeliano, che d’intese con l’Iran non vuole proprio sentire parlare: “Meglio nessun accordo che un cattivo accordo”, ripete Netanyahu, riproponendo un mantra delle trattative con i palestinesi. Il segretario di Stato è qui più per tranquillizzare che per irritare: è presto per un alleggerimento, o una revoca , delle sanzioni contro Teheran; e il nucleare iraniano è una preoccupazione comune, anche se Washington apprezza l’atteggiamento di Rohani.

Netanyahu abbozza e contraccambia con frasi di rito sui negoziati con i palestinesi: auspica “passi” verso la soluzione dei due Stati. Tra Siria, Iran e conflitto israeliano-palestinese, la diplomazia fa giri di valzer da Ginevra a Londra a Roma, ma, alla fine, si ritrova sulla mattonella di partenza.

mercoledì 23 ottobre 2013

Datagate: tempesta sull'Atlantico, o in un bicchier d'acqua

Scritto per il Fatto Quotidiano del 23/10/2013

‘Tempesta sull’Atlantico’: il bollettino del Datagate suona come una frase da romanzo dell’epoca dei piroscafi. Ma, senza mancare di rispetto all’Atlantico, che è un Signor Oceano, lo scandalo pare una tempesta in un bicchier d’acqua: una recita a beneficio della stampa. Ad alimentare la polemica, la seconda ondata di documenti di Le Monde: l’intelligence americana, oltre a essersi carpita 70 milioni di telefonate francesi in un solo mese, tra 2012 e 2013 –chissà quanti Auguri di Natale, lì dentro-, intercettava sistematicamente l’ambasciata di Francia a Washintgton e pure quella presso l’Onu a New York.

Sai la sorpresa!, ché, se la National Security Agency non l’avesse fatto, visto che spiava tutti e tutto, sì che ci sarebbe da porsi interrogativi. E se Parigi e Washington inscenano la loro baruffa, a Roma il presidente del Copasir Giacomo Stucchi annuncia “pressioni sul governo perché ci sia chiarezza”. L’occasione per farlo è già oggi: il sottosegretario Minniti farà un’audizione davanti al Comitato. Anche il garante della privacy Antonello Soru chiede al premier Letta che “il governo chiarisca”.

Il fatto è che, finora, sono usciti molti particolari sul comportamento disinvolto dell’Nsa verso Francia, Germania e pure Gran Bretagna, ma dell’Italia si sa poco, in attesa di una puntata ‘ad hoc’ delle rivelazioni con il contagocce del duo del Datagate Snowden la talpa e Assange il regista.

"Per ora – ammette Stucchi - siamo nel campo delle ipotesi. E negli Usa dicono che non tutto quello che sta rivelando Snowden è vero. E se “c'è l'obbligo di non gridare 'al lupo al lupo' quando il lupo non c'è”, c’è però anche la voglia di sapere quel che è successo: Minniti, forse, ne sa, qualcosa, ma bisogna vedere se avrà agio, e voglia, di raccontarlo.

Sul piano diplomatico, al telefono lunedì notte con Francois Hollande, Barack Obama ha insistito sulle distorsioni di almeno una parte delle indiscrezioni di stampa. Ieri a sorbirsi i rimbrotti francesi è stato il segretario di Stato John Kerry, ricevuto di buon mattino dal collega Laurent Fabius. Doveva essere un breakfast di lavoro sulla Siria, prima della riunione degli Amici a Londra; invece, s’è parlato quasi solo di Datagate. Dopo di che, Eliseo e Matignon iniziano a tirare il freno a mano, invitando a evitare l’escalation.

Fabius ha ridetto a Kerry che lo spionaggio degli Usa ai danni della Francia è "inaccettabile", rinnovando la richiesta di spiegazioni. In serata, il segretario di Stato Usa è arrivato a Roma, dove oggi parla di Iran con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Prima, avrà un incontro con Letta: il Datagate salterà fuori pure lì. E Viviane Reding, responsabile della giustizia nell’Ue, propone che i leader dei 28 ne discutano al Vertice di Bruxelles domani e venerdì.

Tra i documenti di Snowden filtrati a Le Monde, c’è un rapporto top secret, una sorta di manuale degli agenti dell’Nsa datato 10 settembre 2010, con tecniche, codici e cifrari; e c’è la prova dell'esistenza del programma 'Genie', utilizzato per intercettazioni a distanza. L'ambasciata francese a Washington era Wabash, quella presso l’Onu Blackfoot, Highlands era il sistema per hackerare computer, Vagrant per captare i dati dagli schermi, Pbx per lo spionaggio telefonico.

A fare buon peso, ecco Glenn Greenwald, il giornalista che per primo, sul Guardian, il 5 giugno, divulgò i segreti di Snowden. Tutti i Paesi dell'America Latina, non solo Messico e Brasile, ed anche il Canada erano spiati dagli Usa: Greenwald promette di pubblicare i casi uno per uno.

martedì 22 ottobre 2013

Datagate: indignazione a orologeria di Hollande con Obama

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 22/10/2013

C’è qualcosa d’artificioso, in questo sussulto di tensione diplomatica tra Parigi e Washington, dopo che Le Monde scrive che la National Security Agency (Nsa) americana registrò in segreto oltre 70 milioni di telefonate in Francia: la novità sta nella dimensione del fenomeno, non nel fatto in sé. C’è qualcosa d’artificioso perché nessuno aveva mai pensato, quando scoppiò lo scandalo del Datagate, innescato dalle rivelazioni ‘dosate’ della strana coppia Snowden, la talpa , e Assange, il regista, che la Francia fosse rimasta immune –chissà perché?, poi- dalla furia spionistica dell’intelligence Usa; e ancora d’artificioso, perché al presidente francese François Hollande un bel litigio internazionale, dove lui ha la parte del cavaliere bianco della privacy e dei diritti dell’uomo, contro gli americani prepotenti e cattivoni, fa proprio gioco, mentre le cose in patria non gli vanno bene per nulla.

Così, le reazioni sono state immediate e ‘sopra le righe’, specie se confrontate col relativo ‘aplomb’ che aveva accolto le rivelazioni precedenti la rocambolesca fuga di Edward Snowden dalle Hawaii alla Russia via Hong-Kong. Il governo francese convoca d'urgenza l'ambasciatore degli Usa a Parigi Charles Rivkin e gli chiede spiegazioni e l'assicurazione che episodi di spionaggio del genere non si ripeteranno. Arrivando al Quai d'Orsay, l'ambasciatore Rivkin sottolinea che i rapporti Usa-Francia a livello politico-militare sono "i migliori da una generazione". Il che è probabilmente vero, a parte gli psico-drammi spionistico-propagandistici.

I nuovi dettagli sul lato francese del Datagate sono stati ricavati da Le Monde da documenti forniti dalla talpa Snowden. L'agenzia di spionaggio Nsa registrò 70,3 milioni di telefonate in Francia solo nei 30 giorni fra il 10 dicembre 2012 e l'8 gennaio 2013. L’agenzia registrava automaticamente tutte le comunicazioni provenienti da determinati numeri e attivava anche un controllo degli sms, quando contenevano alcune parole chiave. Nel mirino non c'erano solo individui sospettati di terrorismo, ma anche imprenditori, funzionari pubblici e uomini politici.

Dopo le prime avvisaglie del Datagate, esploso a giugno, la procura di Parigi aveva aperto, a luglio, un'inchiesta sull'attività di spionaggio dell'Nsa in Francia. Ora, c’è da scommetterci che le indagini avranno un’accelerazione. Lo scandalo s’era allargato a macchia d’olio a tutti gli amici europei degli Stati Uniti, dall'Italia alla Spagna, dalla Gran Bretagna alla Germania.

Disarmante, ma in fondo onesta, allora come oggi, la risposta della Casa Bianca:  “Gli Stati Uniti spiano come tutti i Paesi”, per la serie ‘Chi è senza peccato scagli la prima pietra’. Una portavoce, Caitlin Hayden, dichiara: "Non commenteremo pubblicamente le presunte attività dei servizi d'intelligence e comunque abbiamo già detto chiaramente che gli Usa si procurano dati all'estero come gli altri paesi".

Anche in Italia, come ricorda e testimonia Claudio Fava, deputato di Sel e componente del Copasir, il comitato di controllo parlamentare sui servizi di sicurezza. Fava riferisce di colloqui con i vertici dell’intelligence a Washington: "I servizi italiani –dice- ne erano al corrente", complici e magari pure interessati.

Adesso, Hollande intende sollevare il caso al Vertice europeo di giovedì e venerdì a Bruxelles, dopo che Parigi aveva già ottenuto in estate la creazione d’un gruppo di lavoro ad hoc nei negoziati Ue - Usa sul libero scambio. E, oggi, a Parigi il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius ne parlerà con il segretario di Stato americano John Kerry, per ribadirgli che si tratta di "pratiche totalmente inaccettabili". Il colloquio avverrà in occasione della riunione a Londra degli Amici della Siria.

"E' incredibile che un Paese amico e alleato come gli Usa possa spiare tante comunicazioni private", protesta dalla Danimarca il premier Jean-Marc Ayrault, come se il problema fosse il numero e non il fatto in sé: "E’ una cosa che non ha giustificazioni strategiche o di difesa nazionale". Il ministro dell'Interno Manuel Valls definisce "sconvolgente" l’articolo di Le Monde.


Anche il Messico chiede spiegazioni agli Usa dopo che altri documenti di Snowden, su Der Spiegel, indicano che l'Nsa nel 2010 violò l’email dell'allora presidente Felipe Calderon e il dominio usato dai suoi ministri per comunicazioni diplomatiche ed economiche.

lunedì 21 ottobre 2013

Commissione europea: Schulz fa la volata in testa allo scoperto

Scritto per EurActiv il 21/10/2013

In Germania, nelle trattative per la grande coalizione, la Spd chiede il posto di commissario europeo e fa il nome dell’attuale presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, che si ritrova così a fare la corsa in testa allo scoperto. E in Italia?

La notizia, riportata dalla Welt am Sonntag, contiene due elementi: primo, il fatto che in Germania il posto di commissario europeo è un tassello della trattativa per la formazione del nuovo governo; secondo, il fatto che Schulz è oggi il battistrada non tanto per una poltrona di commissario europeo quanto per quella di presidente della Commissione europea, col rischio di restare (troppo?) a lungo allo scoperto, come un ciclista che lancia da lontano la sua volata e può poi subire la rimonta proprio sulla linea del traguardo.

In Germania, con largo anticipo, Cdu e Csu, da una parte, e Spd dall’altra si preoccupano, dunque, delle future scelte europee. C’era un’intesa tra i due partiti per decidere il posto di commissario dopo le elezioni europee del maggio 2014, ma l’Spd vorrebbe ora impegni da subito vincolanti e affiderebbe a Schulz il compito di trattare coi cristiano sociali tutti i temi dell’accordo governativo inerenti l’Ue e l’euro. Il commissario tedesco è attualmente Guenther Oettinger (energia), un Cdu, ex ministro presidente del Baden-Wuerttemberg, che resterebbe volentieri a Bruxelles.

Designato alla Commissione dalla Germania e pure indicato dal Partito socialista europeo come candidato alla presidenza dell’esecutivo comunitario, Schultz ha, dunque, il vento in poppa ed è impegnato in una campagna elettorale che lo ha portato a più riprese in Italia e, nei giorni scorsi, anche a essere ricevuto in udienza da papa Francesco, che ha invitato a una plenaria a Strasburgo del Parlamento europeo.

Ma la gara è ancora lunga: i popolari non hanno ancora deciso se designare un loro candidato; liberali e verdi si apprestano, invece, a farlo con procedure diverse. E Schulz, in testa da solo, rischia di logorarsi.

Quanto all’Italia, il posto in Commissione non entrò, a quanto è dato sapere, nei negoziati per le ‘larghe intese’. Il membro italiano dell’Esecutivo comunitario è attualmente Antonio Tajani, Pdl, vice-presidente e responsabile dell’industria, molto attivo e largamente apprezzato a Bruxelles.

Se la Germania ha le carte in regola per sollecitare il posto di presidente della Commissione, che non ha mai ricoperto –fu tedesco solo il primo presidente Walter Hallstein, dal 1958 al ’62-, l’Italia ha già avuto quel posto due volte, con Franco Maria Malfatti e Romano Prodi e, soprattutto, ha in questo momento il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi –un’accoppiata è davvero improbabile-.

domenica 20 ottobre 2013

Italia/Ue: Legge di Stabilità e Alitalia, battaglie d’autunno

Scritto per EurActiv il 20/10/2013 

Il Governo trasmetterà il testo della Legge di Stabilità a Bruxelles domani, lunedì 21 ottobre, contestualmente all'invio del Dl in Parlamento. E il confronto con l’Ue sul pacchetto di misure economiche e finanziarie sarà parallelo a quello sul salvataggio di Alitalia.

Secondo fonti del Tesoro,  l'Esecutivo è in regola con l'invio della documentazione, poiché la bozza è stata inviata all’Ue entro il termine del 15 ottobre previsto dalle regole europee.

Dal canto suo, la Commissione europea aveva fatto sapere ieri, sabato 19, di essere già “in possesso delle informazioni” di cui ha bisogno “per cominciare a preparare una valutazione dettagliata” della Legge di Stabilità.

L’Esecutivo comunitario si pronuncerà a metà novembre sulla compatibilità della manovra italiana, come su quelle degli altri Paesi Ue, con gli obiettivi europei. Per quanto riguarda in particolare l’Italia, gli interrogativi maggiori riguardano la congruità delle coperture previste, rispetto ai minori gettiti derivanti dall’abolizione dell’Imu, e il rispetto delle raccomandazioni trasmesse in giugno dall’Ue all’Italia.

Il realtà, la Commissione vorrebbe, se possibile, tenere conto delle diverse comunicazioni nazionali già nell’elaborazione delle sue previsioni economiche annuali che saranno pubblicate, se i tempi saranno rispettati, il 5 novembre.

L’iter della Legge di Stabilità non si annuncia accidentato solo in Europa. Anche in Italia, dove l’esame del Dl in Senato inizierà martedì 22 e dovrebbe concludersi a metà novembre, vi sono avvisaglie di tensioni e volontà di modifica, sia nell’ambito politico-parlamentare che nel mondo delle imprese e dei sindacati.

Il governo –fa sapere Palazzo Chigi- è aperto al confronto con le parti sociali: "Tutte le critiche sono legittime -riferiscono le fonti-, purché improntate alla serietà. E se qualcuno crede di potere fare di più, allora indichi la strada".

Giovedì e venerdì, il capo del Governo Enrico Letta sarà a Bruxelles al Vertice europeo, dove, però, la Legge di Stabilità non sarà sull’agenda –si dovrebbe, piuttosto, parlare di immigrazione-, ma dove potrebbe essere evocata in consultazioni ‘a margine’ con la Commissione o con altri leader Ue.

Le principali mine vaganti, per la tenuta del provvedimento messo insieme da Letta e dal ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, sono l'individuazione delle coperture finanziarie necessarie e il peso e l’impatto del nuovo sistema di imposizione locale che subentrerà all'Imu sulla prima casa.

Quella sulla Legge di Stabilità non sarà l’unica battaglia europea del Governo italiano, di qui a fine anno. Anche il nuovo salvataggio autarchico dell’Alitalia deve passare al vaglio della Commissione, che si attende “la notifica delle misure prese” e ha già chiesto “informazioni alle autorità italiane", perché “non si può escludere che esse prefigurino un aiuto di Stato”, come ha detto nei giorni scorsi Antoine Colombani, portavoce del commissario per la Concorrenza Joaquin Almunia.

Ai rilievi di Bruxelles ha replicato con qualche sicumera il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi: "Abbiamo deciso di fare un progetto industriale per evitare aiuti di Stato … Al momento giusto presenteremo la documentazione che ci chiede l’Ue e dimostreremo che non c’è aiuto di Stato … E il fatto che British Airways si agiti cosi' tanto è un ottimo segnale: siamo sulla strada giusta".

sabato 19 ottobre 2013

Spinelli: nella fiction Rai forse col volto di Luca Zingaretti

Scritto per EurActiv il 19/10/2013

Altiero Spinelli nella fiction tv potrebbe avere il volto del commissario Montalbano, o, se preferite, di Adriano Olivetti, una cui biografia sta per andare in onda su Rai1: secondo indiscrezioni raccolte in ambienti federalisti, Luca Zingaretti è l’attore favorito per interpretare la figura del padre dell’Europa
La storia di Spinelli diventerà una fiction televisiva che sarà prodotta dalla Palomar e trasmessa dalla Rai nell'autunno 2014, in coincidenza con il semestre di presidenza di turno italiana del Consiglio dei Ministri dell'Ue.
Per il personaggio di Spinelli, antifascista mandato al confino a Ventotene, dove scrisse il Manifesto che è uno dei documenti di rifornimento dell’integrazione europea, Zingaretti sarebbe una soluzione molto gradita al regista Alberto Negrin, che con lui ha già lavorato a più riprese in televisione: ‘Una questione privata’ del 1991; ‘Perlasca, un eroe italiano’ nel 2002; ‘Paolo Borsellino, i 57 giorni’ nel 2012; e, ora, appunto, ‘Adriano Olivetti, la forza di un sogno’, che sarà trasmesso il 28 e 29 ottobre. Vittorio Sermoneta sarà lo sceneggiatore.
Il primo annuncio della fiction su Spinelli era stato dato da Virgilio Dastoli, presidente del Cime e ispiratore del comitato per il 30o anniversario del progetto di Trattato europeo voluto da Spinelli e votato dal Parlamento europeo il 14 febbraio 1984. Presentando il comitato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano  il 3 ottobre, Dastoli ha auspicato che la produzione e la diffusione della fiction televisiva su Spinelli catalizzino l'interesse dell'opinione pubblica l'anno prossimo, quando si celebrerà l'anniversario del progetto di Trattato, si svolgeranno le elezioni europee e l'Italia, appunto, assicurerà, nel secondo semestre, la presidenza di turno del Consiglio dei Ministri dell'Ue.

La biografia di Spinelli è solo una delle iniziative di comunicazione cui il Cime e i federalisti pensano in coincidenza con tutte le scadenze europee dell’anno prossimo. Fra le idee che circolano, trasmissioni televisive per i più giovani e progetti sui social network.

venerdì 18 ottobre 2013

Italia-Usa: Letta da Obama; cambia il premier, il copione resta

Scritto per il blog de Il Fatto il 18/10/2013

Una premessa, innanzitutto: l’incontro tra Letta e Obama, ieri, alla Casa Bianca, è stato “un successo”, cioè è andato bene, come doveva andare, forse un po’ meglio di come poteva andare. E per Obama, vedere finalmente nello Studio Ovale qualcuno che non l’aggrediva parlando di ‘shutdown’, ‘default’ e ‘Obamacare’ è stato, comunque, un sollievo.

Dunque, non siamo qui a cercare di sminuire l’appuntamento, né la sincerità dello scambio di reciproche carinerie. Obama dice di Letta, la sua leadership mi ha impressionato. Letta dice di Obama, la sua accoglienza mi dà grande ottimismo.

Fatta la premessa, permettetemi una considerazione: comunque fosse andata, sarebbe stato un successo, almeno per la stampa italiana. A memoria di Dopo Guerra, non c’è – credo - un incontro ravvicinato tra un presidente americano e un presidente del Consiglio italiano che, nelle cronache nostrane, non sia stato un successo. E’, forse, è sempre stato vero, almeno nel senso che, al di là della ‘chimica’ personale, gli elementi di consenso hanno sempre prevalso su quelli, spesso timidi, di dissenso.

Con l’eccezione degli incontri sempre caratterizzati da una patina di percepibile imbarazzo tra il presidente Obama e Silvio Berlusconi. Tanto che, a un certo punto, Obama, facendo una capriola istituzionale, si inventò come interlocutore italiano ed europeo il presidente Napolitano, invitato a prendere un te alla Casa Bianca, pur di tenersi a distanza dall'imprevedibile Mr B, che aveva messo su il teatrino del G8 del Terremoto nel 2009 e ficcato il naso nella scollatura di Michelle al G20 di Pittsburgh pochi mesi dopo e che poi gli si era inginocchiato accanto al G8 di Deauville nel 2011, mormorando giaculatorie contro i giudici.

Questione di aplomb, prima ancora che di politica. Ma se andiamo a prendere le cronache dei contatti con Napolitano e, ancor più, con Mario Monti, toni e apprezzamenti sono molto simili a quelli dell’incontro di ieri con Letta. Che, però, rispetto al predecessore, più professore e, magari, un po’ più personalmente autorevole, ha goduto di due vantaggi.

Uno è quello generazionale, perché Barack ed Enrico sono politicamente coetanei. L’altro è, invece, occasionale: un premier italiano non aveva mai incontrato un presidente Usa trovandosi quasi in posizione di superiorità economica, visto che l’Italia, abituata a tenersi un passo lontano dall'abisso, non è mai stata così vicina al ‘default’ come gli Stati Uniti nella notte tra mercoledì e giovedì.

E pure la soluzione trovata per porre un termine allo ‘shutdown’ ed evitare il ‘default’ è così di corto respiro da rivalutare i governi balneari della prima Repubblica, quelli di solito affidati a Giovanni Leone: l’Amministrazione federale riapre fino al 15 gennaio ed il tetto del debito è stato innalzato fino al 7 febbraio.

E potete stare certi che, se noi, di qui ad allora, non saremo usciti dalle peste dei ‘tira e molla’ sulla Legge di Stabilità, loro rischiano di ritrovarsi, fra tre mesi, esattamente là dov'erano 48 ore or sono. Obama dice che non ci sono stati vincitori in questa vicenda. Ma, di sicuro, hanno perso gli americani - 24 miliardi di dollari, lo 0,6% del Pil ed un punto di crescita annuo, si calcola - e l’America, uscitane meno credibile sulla scena mondiale finanziaria, economica, politica.

giovedì 17 ottobre 2013

Usa: evitato il default, compromesso di corto respiro

Appunti per Sbs il 17/10/2013 e Radio Anch'Io il 18/10/2013

E’ una soluzione che rivaluta i governi balneari della prima Repubblica, quelli di Giovanni Leone: e che ha consentito al premier italiano Enrico Letta di arrivare nello Studio Ovale della Casa Bianca quasi per tenere lezioni di economia, visto che l’Italia non è mai stata così vicina al default come gli Stati Uniti la scorsa notte.

Dopo due settimana abbondanti di shutdown, cioè di sospensione di molti servizi pubblici, causa casse vuote, il fallimento dell’Unione è stato evitato in extremis: prima il Senato e poi la Camera hanno approvato un’intesa di brevissimo respiro: l’Amministrazione federale riapre fino al 15 gennaio e il tetto del debito è stato innalzato fino al 7 febbraio.

Il presidente Obama s’è affrettato a firmare l’accordo che restituisce i servizi ai cittadini e ridà certezza di lavoro e di retribuzione a quei dipendenti pubblici che, dall'inizio di ottobre, vivevano nel limbo dell’incertezza.

Ma, sul piano sostanziale, nulla o quasi è cambiato rispetto a fine settembre: si sono solo guadagnati tre mesi, che dovrebbero servire a negoziare soluzioni più stabili. Ma c’è da scommettere che a metà gennaio ci si ritroverà in una situazione analoga e si intavolerà di nuovo un braccio di ferro politico tra l’Amministrazione democratica e l’opposizione repubblicana.

A meno che i repubblicani non traggano qualche lezione da questo confronto, che, alla fine, li vede divisi e sconfitti. Alla Camera, dove ha la maggioranza, l’opposizione s’è spaccata : 87 sì e 144 no fra i presenti, mentre i democratici sono stati compatti con il presidente.

Dunque, quasi tre settimane di ricatto politico, come l’ha definito Obama, con i repubblicani che tenevano in ostaggio la macchina federale, cercando di scardinare la riforma sanitaria da loro osteggiata, hanno danneggiato la fiducia dei cittadini nella politica, senza sortire risposte di fondo al problema del debito e della spesa pubblica.

Fra i repubblicani, il Tea Party oltranzista e populista non l’ha spuntata. Ma lo speaker della Camera John Boehner, incapace di tenere i suoi insieme, potrebbe dovere abbandonare, a questo punto, le sue aspirazioni presidenziali per il 2016, ammesso che ne abbia mai avute.

Elezioni europee 2014: le assise slittano a dopo il voto

Scritto per EurActiv il 17/10/2013

S’allontana, e di fatto svanisce, il progetto di convocare l’anno prossimo, prima delle elezioni europee di fine maggio e in vista della presidenza di turno italiana del Consiglio dei Ministri dell’Ue, le assise parlamentari, coinvolgendo il Parlamento europeo e tutti I Parlamenti nazionali dei 28 Paesi Ue.

Malgrado un voto in tal senso del Parlamento italiano, il progetto, cui era stato interessato pure il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha incontrato ostacoli organizzativi a livello parlamentare e governativo, in contatti intercorsi dopo l’udienza al Quirinale, il 3 ottobre, del Comitato per celebrare il 30.o anniversario del progetto di Trattato di Unione europea di Altiero Spinelli, approvato il 14 febbraio 1984 dall’Assemblea di Strasburgo.

Secondo quanto EurActiv ha appreso da fonti bene informate, il Comitato italiano del Movimento europeo, Cime, fautore dell’iniziativa, e le Istituzioni avrebbero convenuto che non vi sono le condizioni per convocare le assise parlamentari prima delle elezioni europee di fine maggio 2014. In tal modo, viene pure a cadere l’ipotesi di fare delle assise un’occasione di confronto fra i candidati espressi dai principali partiti politici europei alla presidenza della Commissione europea.

Resta in piedi l’idea di convocare le assise, che potrebbero anche chiamarsi, a quel punto, conferenza o congresso, durante la presidenza di turno italiana, prima del Consiglio europeo di dicembre 2014, cioè quando le Istituzioni europee rinnovate (il Parlamento, la Commissione e il presidente del Consiglio europeo) saranno già insediate.

Le assise potrebbero essere precedute da una convenzione della società civile, che il movimento europeo organizzerebbe a metà novembre.

martedì 15 ottobre 2013

Visti dagli Altri: Die Zeit e la ricerca della prosperità

Scritto per il blog de Il Fatto il 15/10/2013

Il fuoco di sbarramento europeo sulla Legge di Stabilità italiana comincia ben prima che il governo la definisca, oggi, e la trasmetta, entro la mezzanotte, a Bruxelles. Complice la ridda d’indiscrezioni man mano uscite e smentite: c’è l’impressione che il governo le provi tutte, cercando il ventre molle della minore resistenza.

Il cavallo di troia del sussulto di diffidenza verso l’Italia –del resto, mai sopita- è la vicenda Alitalia: come fidarsi di un Paese che, tre anni dopo, ripete il ‘pateracchio’ di sprecare denaro in nome dell’italianità d’un’azienda che sarebbe molto più garantita se gestita da chi gli aerei li sa fare volare piuttosto che da Poste italiane (e in passato da cavalieri bianchi tipo Riva e compagnia bella).

E, intanto, le energie migliori (?) della politica nostrana se ne vanno in dibattiti su amnistie e condoni più o meno ‘ad’ o ‘contra personam’ e in girotondi difensivi intorno al Quirinale per impedire che lo schizzo di una critica ne macchi la facciata.

Alla “depressione italiana”, dedica un ampio servizio il settimanale tedesco Die Zeit. Il presupposto è quello solito: l’Italia è l’elemento di rischio più grande della Zona Euro, senza esserne l’anello più debole, ché a quello provvedono la Grecia e magari pure Cipro. Ma se avesse mai dovuto fallire uno dei ‘piccoli’, in qualche modo si poteva riparare; se in default ci va l’Italia, sono guai per tutti.

Die Zeit fa qualche distinguo e prende per buone alcune notizie “positive” distillateci dalla politica, con la compiacenza dei media al servizio delle loro fonti più che del loro pubblico: “La politica d’austerità mostra i primi successi –scrive il giornale tedesco-, ma l'economia è in stallo”. Fmi e Ue vedono prospettive di crescita modeste.

Fra gli elementi incoraggianti, Die Zeit annota che il Governo regge, in un contesto di riconquistata stabilità politica, e che la politica di consolidamento starebbe facendo “buoni progressi”, col deficit di bilancio inferiore del 3% questo anno e la chiusura della procedura per deficit eccessivo da parte della Commissione europea.

Eppure, rileva il giornale tedesco, “in Italia non v’è alcuna euforia, nonostante il governo annunci che nel 2014 il Paese tornerà a crescere, seppur a ritmo molto modesto. L'umore non sta cambiando per niente. Il motivo è fin troppo chiaro: il consolidamento è un consolidamento al ribasso senza la prospettiva della prosperità”.

Ecco, ora lo sappiamo: siamo cupi e sfiduciati perché ci manca la “prospettiva della prosperità”. Pare il negativo di un film di Muccino, La ricerca della felicità. Umori sempre italiani, là in chiave d’ottimismo americano, qui di pessimismo –speriamo!- tedesco.