Scritto per il blog de Il Fatto lo 02/10/2013
Sono tutti contenti, anche se sfido a trovarne uno, di loro,
ma pure di noi, stampa e istituzioni messe insieme, che abbia davvero capito
bene che cos'è successo. Io, poi, personalmente, confesso qualche reticenza a
essere contento, perché ho l’impressione che siamo da capo a dodici e persino
un po’ peggio: stesso governo, ma più pateracchio. Certo, magari il Cavaliere
ne esce ammaccato, ma l’armata brancaleone di quegli scilipoti d’ordinanza non
promette nulla di buono; e se Mr B si riorganizza, magari se ne ricompra
abbastanza per la prossima imboscata.
Quel che penso io, però, qui non conta. I mercati mandano
segnali di rassicurazione, senza scaldarsi troppo, e lo spread scende. Chi ci
osserva da Bruxelles, dopo avere fatto campagna ‘pro Letta’, esprime soddisfazione.
Il presidente della Bce Mario Draghi batte un ferro sempre caldo: “L’Italia
faccia le riforme, per il bene suo” e della Zona Euro perché la nostra
instabilità è un rischio comune.
La stampa estera è colpita soprattutto dalla marcia indietro
di Silvio Berlusconi, anche perché non l’aveva proprio prevista: segue per tutto il giorno in
home page l'incerta sorte del governo e resta dubbiosa su valenza e impatto
dell’esito finale. Al centro dell’attenzione, sempre lui, il Cavaliere: per Le
Monde, “ha dato spettacolo”; per il Financial Times, ha effettuato “un’inversione di marcia drammatica”; e
il Wall Street Journal parla di mossa a sorpresa dopo “5 giorni di dramma
politico”. "Parlando meno di tre minuti, Berlusconi, con aria cupa e a
mani
giunte, ha detto di avere preso atto dell'impegno di Letta" su tasse e riforma della
giustizia.
Der Spiegel ci va giù con l’accetta: "Fallito in
Parlamento il colpo di Stato", titola. E commenta: "Una buona
giornata per l'Italia, forse uno scorcio di luce". "L'eterno saltimbanco è stato umiliato", scrive, "ma il governo rimane instabile".
Le istituzioni internazionali paiono credere che l’Italia
riparta da dov'era prima di tutto ‘sto cancan. Il
segretario generale dell’Ocse José Anguel Gurria, il vicepresidente della Commissione europea Olli Rehn, il presidente del Parlamento europeo
Martin Schulz avevano già dato l’avallo a Letta, invitando l’Italia a
valutare i pericoli derivanti dall'instabilità politica.
A questo punto, Bruxelles s’aspetta una
ripresa del lavoro solo interrotto: avviare subito la manovra di manutenzione
del disavanzo, riportando entro il 3% il deficit, con una correzione da 1,6 miliardi.
Se ne parlerà al Consiglio dei Ministri forse già venerdì. Ed entro la metà di
ottobre c’è da mandare all’Ue la legge di stabilità.
Scosso dal pit stop, Letta ripartirà in
prima, ma avrebbe bisogno d’innestare la quarta: deve mettere mano a tre voci
decisive per l’anno prossimo, cioè la service tax,
decisiva per l’equilibrio dei conti, il taglio del costo del lavoro e
l’individuazione delle azioni che potranno sforare i vincoli europei. Ci sono
in ballo 7 miliardi di euro solo per il 2014.
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