Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 09/10/2013
Ci
risiamo. Come era già accaduto a metà maggio, 200 marines sono stati spostati
lunedì da Moron, una base in Spagna, a Sigonella in Sicilia. Ora come allora, il
movimento di truppe è conseguenza delle tensioni tra Usa e Libia: stavolta, il
blitz che ha portato alla cattura, sabato a Tripoli, d’un capo di al Qaida, Abu
Anas al Libi, è stato mal digerito dai libici, oltre che dagli accoliti del
terrorista.
L’
‘avanzamento’ dei marines è legato a “potenziali minacce” alla sicurezza in
loco dei diplomatici Usa. Nel settembre 2012, un attacco terroristico al
Consolato di Bengasi mascherato da sommossa integralista portò all’uccisione dell’ambasciatore
Chris Stevens e di tre militari americani.
Con
linguaggio burocratico, il Ministero della Difesa italiano spiega che “il
rischiaramento temporaneo di assetti militari nella base di Sigonella, per
un’eventuale esfiltrazione dei loro connazionali dalla Libia” è stato richiesto
dalle autorità americane e concordato con quelle italiane: nessun colpo di mano,
quindi, a nostra insaputa, ma azioni nel contesto degli accordi esistenti tra
Roma e Washington e degli impegni dell’Italia nell'Alleanza atlantica. Il
Ministero segnala “nuovi allarmi per la sicurezza internazionale”, mentre il
Dipartimento di Stato parla di “misure cautelative”.
Lo stato di allerta innescato dal raid di sabato e dalle reazioni a esso ha
dunque indotto a trasferire una task force di pronta risposta a Sigonella.
L’unità, sigla in codice Spmagtf-cr, nome d’arte Bengasi, comprende 4 velivoli
da trasporto truppe MV22 Osprey, 2 cisterne KC-130 da rifornimento in volo e,
appunto, circa 200 uomini.
I militari statunitensi arrivano dalla base di Moron, in Spagna, che, con quella di Suda Bay, a Creta, costituisce uno dei punti di forza della presenza militare americana nel Mediterraneo. Resteranno, si prevede, a Sigonella fino al 6 dicembre. La task force –riferisce
Dobbiamo farci l’abitudine. La geografia delle potenziali crisi militari, progressivamente modificata dalla fine della Guerra Fredda, dal superamento dei conflitti nei Balcani, dallo scoppio della guerra senza fine al terrorismo, dalle Primavere arabe e dai loro contraccolpi, ha pure alterato le ipotesi d’uso delle basi e delle strutture militari degli Usain Italia. Che torna a una funzione ‘mussoliniana’ di portaerei nel Mediterraneo e di ponte verso il Medio Oriente.
E
così, Sigonella,
terreno di confronto tra Italia e Usa nell’ottobre del 1985, dopo il sequestro
dell’Achille Lauro, diventa simbolo di una nuova collaborazione militare fra i
due Paesi.
La geografia delle basi americane in Italia è complessa. Le
principali sono Camp Ederle a Vicenza ed Aviano nel Friuli, Camp Darby a
Livorno, Latina e Gaeta (Lazio), Comiso e Sigonella (Sicilia). Le installazioni
militari americane nella Penisola sono, però, decine: una dozzina per l’esercito e una ventina per la marina, circa 16 per
l’aviazione, depositi di materiali ed armamenti. I militari sono parecchie
migliaia, l’arsenale a loro disposizione comprenderebbe decine di ordigni
nucleari.
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