Scritto per il blog de Il Fatto il 15/03/2014
Di
ora in ora, cresce il coro dei moniti dell’Occidente alla Russia: ‘Guai!’ se,
domani, il referendum in Crimea si farà –e si farà-, se sancirà l’aspirazione
all'indipendenza della penisola –e sarà così- e se Mosca avallerà il risultato
–ed è inevitabile-. E’, apparentemente, un muro contro muro. Oppure, è un gioco
delle parti.
Vediamo.
Dicono gli Usa alla Russia, dopo l’ultimo infruttuoso incontro di ieri tra il
segretario di Stato Kerry e il ministro degli esteri Lavrov: se i russi entrano
in Crimea, vi saranno conseguenze serie, quasi un’avvisaglia di scontro; se il
referendum porta all'indipendenza della Crimea, vi saranno altre sanzioni; e
Usa, Ue, G7 non riconosceranno i risultati della consultazione, illegittima.
Invece,
dice Putin a Obama: il referendum è conforme alla Carta dell'Onu e, dunque, al
diritto internazionale e ne rispetteremo l’esito. E se ci colpirete con
sanzioni, risponderemo in modo “asimmetrico”.
Per
quel che contano, ci sono pure le voci dell’Ucraina e della Crimea. Kiev
sostiene che la Russia ,
che schiera lungo il confine 8.500 soldati e si arroga il diritto a difendere i
russi d’Ucraina, “è pronta a invaderci” e allestisce una Guardia Nazionale di
60 mila uomini.
Simferopoli
vuole che l’esito del referendum sia accettato dall'Ucraina come dalla comunità
internazionale e si dice, in caso contrario, “pronta a tutto”. Intanto, il
parlamento della Crimea ha già proclamato l’indipendenza e la Duma varerà il 21 marzo una
legge che consente annessioni via referendum: già che ci siamo, potrà venire
buona anche per Abkhazia ed Ossezia.
C’è
di che avallare l’impressione che siamo alla vigilia d’una resa dei conti. Ma,
probabilmente, non è così: dopo il referendum, l’Occidente potrà non
riconoscere che la Crimea
si sia sottratta all'influenza ucraina e sia passata sotto quella russa, ma non
potrà ignorare l’evidenza.
Del
resto, mancano strumenti per indurre i protagonisti della vicenda a tornare sui
loro passi. Obama predica una “soluzione diplomatica”; e la Merkel esclude una
soluzione militare; il cinese Xi accomoda i linguaggi a seconda che parli con
Obama o con Putin.
Le
sanzioni economiche, finanziarie, diplomatiche possono infastidire la Russia , ma Mosca ha in mano
l’arma energetica che preoccupa l’Unione europea, dipendente in larga misura
dal suo gas, specie Germania e Italia.
E,
dunque, come andrà a finire? Un’ipotesi è che la Crimea resti uno dei punti
sulla carta del Mondo dove diritto internazionale e ‘real politik’ non hanno
–ancora?- trovato un punto d’intesa. Non sono mica pochi, se ci pensate bene:
intorno a noi i Territori Occupati, Cipro Nord, il Kossovo, l’Abkhazia e
l’Ossezia.
E se tutto fosse stato predisposto da Putin in vista della firma del 21 marzo? in modo da sottrarre la Crimea, in anticipo, al "solido paletto" ?
RispondiEliminaProbabilmente fantapolitica (la mia).
Il 21 è venuto dopo... Ma siccome sarebbe venuto la mossa Crimea era comunque preventiva...
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