Scritto per Il Fatto Quotidiano del 17/03/2014
Stati Uniti ed
Unione europea non hanno atteso che i seggi fossero chiusi e i risultati –scontati-
noti per ribadire, domenica, che il referendum in Crimea è, a loro giudizio,
illegale e che non intendono riconoscerne l’esito. Nelle prossime ore, i
ministri degli esteri dell’Ue, che si riuniscono a Bruxelles, dovrebbero
decidere sanzioni contro dirigenti russi e ucraini filo-russi, senza tuttavia
colpire troppo forte né troppo in alto, per lasciare un varco al negoziato.
C’è, infatti, la
sensazione che, passata la tempesta del referendum, ci possa essere, tra
Washington e Bruxelles da una parte e Mosca dall’altra, una sorta di tregua,
almeno fino a giovedì 21, quando si riunirà il Vertice europeo e ci sarà la
firma del capitolo politico dell’accordo di associazione tra Ue e Ucraina
–quello la cui mancata firma a fine novembre a Vilnius innescò le proteste a
Kiev poi sfociate nel rovesciamento del presidente Ianucovich-. Il 21, ci sarà
pure il primo esame da parte della Duma russa della legge per l'annessione di
terre straniere.
In quest’arco di
96 ore, i ministri degli esteri di Usa e Russia Kerry e Lavrov potranno ancora
cercare una soluzione alla crisi. C’è il desiderio di stemperare i timori che
pesano su finanza ed economia –la scorsa settimana, è stata la peggiore per le
Borse in Europa e in Russia dall’inizio dell’anno, proprio per l’effetto
Crimea- e di evitare che altri focolai di tensione si riaccendano mentre
l’attenzione è concentrata sull’Ucraina. Un segnale d’allarme in tal senso
viene dalla Corea del Nord, che ieri ha testato 18 missili a corto raggio:
lanciati dalla costa est della Penisola, i razzi sono caduti senza far danni
nel Mar del Giappone, dopo un volo di circa 70 chilometri .
L’importante è che,
di qui a giovedì, Putin non prema sull’acceleratore delle provocazioni nell’Est
dell’Ucraina, dove il governo di Kiev annuncia, a ogni pie’ sospinto, la
presenza di truppe di Mosca e, intanto, invia propri carri armati. Nel voto
all’Onu di sabato, Mosca ha misurato il suo isolamento in questa vicenda: c’è
voluto il veto per bloccare la mozione di condanna del Consiglio di Sicurezza, la Cina s’è astenuta.
In una ennesima
telefonata con la cancelliera tedesca Angela Merkel, Putin s’è detto
preoccupato per la situazione dei russofoni in Ucraina: "Mosca - ha
aggiunto - rispetterà la scelta degli abitanti della Crimea", che si
esprimono "nel pieno rispetto del diritto internazionale". Ma Putin è anche stato flessibile
sull’ipotesi di una missione su larga scala d’osservatori dell’Osce,
l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa: ne continueranno
a parlare i ministri degli esteri.
Opposto, l’approccio congiunto dei presidenti della Commissione e del
Consiglio europei, Barroso e Van Rompuy: "Il referendum" in Crimea
"è illegale … Il suo esito non sarà riconosciuto". L’Ue vuole
che la soluzione della crisi sia “basata
sull'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza dell’Ucraina". Per Barroso e Van Rompuy, "solo
lavorando insieme … , incluse discussioni dirette tra Ucraina e Russia,
possiamo trovare una soluzione alla crisi”. Pienamente concorde il ministro
degli esteri italiano Federica Mogherini.
Sulla stessa linea Kerry, che ha chiamato il collega Lavrov: "Gli Usa sono fortemente preoccupati per le provocazioni russe nell'est dell’Ucraina e per le attività militari in aree contigue alla Crimea … Il mondo reagirà".
Sulla stessa linea Kerry, che ha chiamato il collega Lavrov: "Gli Usa sono fortemente preoccupati per le provocazioni russe nell'est dell’Ucraina e per le attività militari in aree contigue alla Crimea … Il mondo reagirà".
Ieri sera, gli ambasciatore dei 28 hanno definito sanzioni “mirate”, contro
una trentina di dirigenti russi o ucraini filo-russi: restrizioni sui visti e/o
gelo dei beni. Le misure, cui Londra, finora riluttante, s’è allineata,
vogliono essere “politicamente significative”, ma “limitate”: colpire, cioè,
personalità rilevanti, ma non esponenti del governo russo, per evitare
contraccolpi sui negoziati.
Agli Occidentali –una categoria che questa crisi ha riesumato dalle
cronache della Guerra Fredda-, non sono chiare le intenzioni del Cremlino: se
si fermerà qui, o se si spingerà oltre. Nel qual caso, potrebbero scattare
sanzioni economiche. Un’arma a doppio taglio, vista la dipendenza energetica di
buona parte dell’Unione europea dal gas russo.
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