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sabato 29 marzo 2014

Obama a Roma: appena se n'è andato, è subito nostalgia

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 29/03/2014

Non appena s’avvicina alla scaletta dell’AirForceOne per lasciare Roma con destinazione Riad, Barack Obama torna a parlare di politica internazionale, dopo 36 ore di ‘vacanza romana’: ingiunge a Vladimir Putin di ritirare le truppe lungo il confine ucraino -50mila uomini, per il Pentagono; 80mila per Kiev, che le spara sempre grosse-; e, nel contempo, rassicura il leader russo, gli Usa "non hanno alcun interesse ad accerchiare la Russia" (se davvero lo teme, il leader del Cremlino "travisa la politica estera" americana).

La parentesi italiana nella missione europea del presidente Obama lascia ben poca traccia nei media americani e internazionali. La Cbs vuole sapere di Papa Francesco, “un uomo meraviglioso, che ha un grandissimo senso dell'umorismo. La sua semplicità e la sua fede nel prevalere della spiritualità sulle cose materiali si riflette in ogni atto'', dice il presidente, che racconta di averne colto momenti d’imbarazzo per tutti gli orpelli del cerimoniale pontificio.

Un po’ la crisi, un po’ il valzer dei premier, un po’ la novità di Francesco, Roma, di questi tempi, è, per i leader del Mondo, la porta d’accesso al Vaticano: la prossima settimana, toccherà alla regina d’Inghilterra Elisabetta. Nelle cronache americane, gli incontri di Obama con Napolitano e Renzi quasi non compaiono: un’agenzia sul Chicago Tribune. Il resto è tanto Papa e un po’ di Colosseo.

Sollecitato dal più introdotto dei corrispondenti italiani dagli Stati Uniti, Mario Platero, il portavoce della Casa Bianca Jay Carney torna sul colloquio con Renzi, "ricco di energia – dice a Radio24 -, una ventata di aria nuova": il presidente "è rimasto colpito da come il premier ha usato la frase ‘yes we can’, possiamo farcela. Non sarà facile, forse il percorso sarà lento. Ma potete farcela...".

Allora, è vero, anche se i giornali americani non se ne sono accorti: Obama ha finalmente trovato l’alter ego italiano, a parte il rispetto e l’amicizia per ‘zio’ Napolitano. Invece, si sta solo ripetendo l’equivoco, non innocente, dell’incontro con Angela Merkel a Berlino il 17 marzo: la cancelliera fu “impressionata” dal premier italiano, esattamente, però, come lo era stata da Mario Monti nel 2012 e da Enrico Letta nel 2013 (e un po’ meno di quanto lo sarebbe stata, il giorno dopo, dal portoghese Padro Passos Coelho).

Andiamoci a rileggere quello che disse lo stesso Obama dopo avere incontrato a Washington Monti, il 9 febbraio 2012: manifestò “piena fiducia” nel Professore, vista la sua "poderosa partenza” segnata da “riforme efficaci”. E i media internazionali, che avevano un pregiudizio favorevole verso Monti che non hanno per Renzi, gli andarono dietro: "Ora Obama ha un alleato in Europa" -c'era ancora Sarkozy in Francia-, scrisse The Economist.

E il 17 ottobre 2013, quando a Washington arrivò Letta, Obama fu “impressionato” dal lavoro fatto dal nuovo premier, giudicò l’Italia “un partner eccezionale”; e il suo portavoce disse che il rapporto tra i due era stato “subito stretto”.

C’è la tendenza italiana a prendere per oro colato le aperture di credito diplomatiche. E a ipotizzare che le altrui posizioni possano essere funzione dei posizionamenti politici italiani. C’è persino chi vede un nesso tra la grazia non concessa agli agenti Cia condannati per il rapimento di Abu Omar e quella a Berlusconi. E Grillo racconta che il presidente americano è venuto in Italia a venderci gas e a impedirci di tagliare gli F35.

Lontano da Roma, Obama pensa a Putin e alle grane con l’Arabia saudita, che mal accetta il dialogo con l’Iran. Il sindaco Marino, andato a salutarlo all’imbarco a Fiumicino, non vede l’ora che torni, forse per il 70° anniversario della liberazione della Città Eterna: il 4 giugno, fra 10 settimane appena. Un miraggio. O un sogno.

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