In politica estera, il cambio di passo non c’è stato.
Nonostante che Matteo Renzi tenda a trasformare in marcia trionfale ogni suo
atto. Le visite di presentazione –a Parigi, a Berlino, a Bruxelles- e gli
esordi accelerati sulle scene della governance europea e mondiale, un Vertice
europeo straordinario sulla crisi ucraina e uno ordinario, il G7 anti-Russia
dell’Aja e il Vertice sulla sicurezza nucleare, si sono svolti all’insegna
delle buone maniere istituzionali: il nuovo venuto ha ricevuto attestati di
fiducia preventivi e ha ricambiato con dichiarazioni di allineamento all’ordine
internazionale.
Poi c’è stata la visita a Roma del presidente Usa Barack
Obama: il clou del colloquio in Vaticano con papa Francesco e, nel contorno,
gli incontri con Napolitano e Renzi e l’escursione al Colosseo, ufficialmente
senza ‘do ut des’.
Però, la tentazione, che non è solo renziana, di mettere
tutto in positivo, anche quello che è normale o che non lo è proprio, contagia
l’attuale governo anche in politica estera, o almeno su temi attinenti la
politica estera. Dove approssimazione e sbruffoneria sono caratteristiche poco
apprezzate. Facciamo tre esempi, gli F35, i marò, la Nato.
Gli F35 – Li
compriamo?, non li compriamo?, quanti ne compriamo?: credo che nessuno (di noi,
pubblico) l’abbia capito; e, in fondo, credo che nessuno di loro (premier e
ministri) lo sappia. E, certo, i pistolotti di Obama sui ‘costi della libertà’
hanno complicato una situazione già intricata: impegni presi, interessi
settoriali, imperativi economici, visioni politiche, opportunità elettorali. Ci
sono casi –molti- in cui, ad avere una linea e a dichiararla, ci si guadagna,
almeno in rispetto e coerenza. Se no, pare che ti fai portare dalla corrente
–e, magari, è proprio così-.
I marò – La
magistratura indiana imbocca quella che, fino a un po’ di tempo fa, era la via
maestra dell’Italia: niente anti-terrorismo, giustizia ordinaria. Però, nel
frattempo, l’Italia ha spostato l’accento sulla giurisdizione internazionale.
Ma l’una cosa è in contraddizione con l’altra: se punti sull’arbitrato, non
t’importa chi abbia il pallino in India; mentre, se stai al gioco delle corti
indiane, ne riconosci la competenza.
Ora, il governo chiede l’immediato ritorno dei due marò, che
sono accusati d’avere ucciso due pescatori indiani scambiati per pirati, mentre
erano in servizio anti-pirateria a bordo d’una nave container italiana in acque
internazionali –l’episodio risale al febbraio 2012-. L’India prende ancora
tempo, probabilmente quanto basta per fare passare le elezioni, che stanno per
iniziare, ma che laggiù durano un mese e mezzo.
La Nato –
L’Alleanza atlantica ha scelto il suo nuovo segretario generale: l’ex premier
norvegese Jens Stoltenberg, laburista –il premier all’epoca delle stragi a Oslo
e sull’isola di Utoja, luglio 2011. L’Italia incassa, anzi –dice il ministro
degli Esteri Federica Mogherini- “dà il suo contributo all’unanimità”.
Peccato, però, che l’Italia avesse dal 2012 indicato una propria
candidatura, quella dell’ex ministro degli Esteri Franco Frattini, sostenuto
dai Governi Monti e Letta e mai apertamente ‘scaricato’ da Renzi, anche se
l’emergere in extremis dell’ipotesi su una candidatura di consolazione per
Letta l’aveva fortemente indebolito –in genere, mosse del genere affossano un
candidato e bruciano l’altro-.
Forse, Frattini era già ‘spacciato’ quando qualcuno ha
provato la carta Letta. E, forse, Stoltenberg è la scelta migliore, fra quelle
prospettate. Ma maggiore chiarezza non avrebbe danneggiato l’Italia. E il
tentativo di apparire fra i grandi elettori del norvegese vincitore appare come
minimo ingenuo.
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