Grida di guerra dal pulpito: il patriarca caldeo Sako chiede l’intervento in armi di americani, europei ed arabi per “ripulire la piana di Ninive” e “fermare il lento genocidio” dei cristiani iracheni. L’agenzia AsiaNews pubblica una lettera del presidente della Conferenza episcopale irachena.
La sua non è una voce isolata: inviti all’intervento vengono pure dai
vescovi francesi. Il cardinale Filoni, inviato di Papa Francesco, s’esprime da
Erbil con propositi meno bellicosi, mentre nelle chiese italiane si raccolgono
fondi e ci si prepara ad accogliere profughi.
Gli americani, intanto, ci ripensano: per evacuare gli
Yazidi in fuga dal Califfato, non spiegheranno truppe sul terreno in Iraq. Il
presidente Obama tira il freno: l’intervento umanitario fa progressi e non ci
sarà bisogno di impiegare forze al suolo.
Il sopralluogo compiuto da una ventina di marines sul monte
Snijar, dove gli ‘zoroastriani’ sono stati spinti dalle milizie jihadiste, mostra
che i rifugiati sono meno del previsto e che stanno meglio del previsto. Secondo il contrammiraglio John
Kirby, portavoce del Pentagono, ciò deriva da un intreccio di cause:
l’efficacia dei lanci umanitari effettuati e dei raid aerei compiuti su obiettivi
del Califfato; l’efficienza dei combattenti curdi, i peshmerga; la scaltrezza
con cui gruppi di rifugiati profittano della notte per sottrarsi ai miliziani.
La ventina di soldati sono rientrati tutti sani e salvi a
Erbil, senza sparare un colpo. Il loro rapporto avrà un impatto sui piani
umanitari degli Stati Uniti e dei loro alleati, ma non ne rallenterà gli
sforzi. La situazione militare resta incandescente, con scontri tra milizie ed
esercito a Falluja -15 i caduti- e attentati a Baghdad, con almeno cinque morti
nell’esplosione di un’autobomba. E i jihadisti s’ammassano intorno a Qara Tapa,
nella provincia di Ninive.
Nell’imminenza del consulto, oggi, a Bruxelles, dei ministri
degli esteri dei 28 –per l’Italia, ci sarà la Mogherini-, si conferma che la
Francia ha fornito aiuti militari ai combattenti curdi. La Germania s’appresta
ad inviare ai peshmerga cargo con viveri, medicinali e materiale militare ‘non
letale’.
E la Gran Bretagna ha dislocato nel nord dell'Iraq unità
dello Special Air Service (le Sas) e ha pure inviato aerei ed elicotteri per
distribuire aiuti umanitari. Il premier David Cameron, che ha interrotto le
vacanze estive, è pronto ad aderire a qualsiasi piano internazionale per
salvare i profughi yazidi.
Le milizie del Califfato cercano di creare divisioni nel
fronte internazionale. Un loro
comandante ringrazia la Turchia per i successi militari: il Washington Post cita Abu
Yusaf, 27 anni, jihadista con passaporto europeo. Yusaf spiega che fino a poco tempo fa le
milizie ricevevano rifornimenti e assistenza dal confine turco. "I nostri
combattenti –nota Yusaf- erano curati negli ospedali turchi". Negli ultimi mesi,
però, la Turchia, avrebbe
reso meno porosa la frontiera: forse il premier Erdogan, ora eletto presidente,
voleva smorzare le polemiche suscitate dall’appoggio, sempre negato, agli
integralisti.
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