Scritto per Il Fatto Quotidiano del 30/08/2014
Promesse di aiuti “fraterni” e prezzi esosi per beni di
prima necessità, strette di mano e pugnalate alla schiena, baci sulla bocca e
carri armati già incolonnati oltre il confine: la crisi ucraina ha riti e ritmi
di altre tragedie dell’Europa orientale, cui l’Occidente assistette inerte e
impotente. E quando il Cremlino dice che russi e ucraini sono “praticamente un
unico popolo”, la frase non suona rassicurante, ma mette un brivido.
Evocare l’Ungheria del 1956 o la Cecoslovacchia del
’68 è –ancora- improprio. Però, un gruppo d’intellettuali polacchi, fra cui il
regista da Oscar Andrzej Wajda, s’appresta a lanciare un appello per l’Ucraina:
lo farà il 1° settembre, 75° anniversario dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale,
quando le truppe naziste passarono la frontiera polacca, nonostante che Gran
Bretagna e Francia avessero appena trangugiato, dopo l’annessione dei Sudeti,
l’invasione della Cecoslovacchia, sperando di garantirsi così la pace.
Un monito, quello degli intellettuali polacchi. Tutti
sperano –e quasi tutti credono- che stavolta non si arriverà a quel punto. Ma,
ancora una volta, la politica internazionale si rivela l’arte dell’inganno e
della doppiezza. I presidenti russo Vladimir Putin e ucraino Petro Poroshenko
si sono incontrati, parlati, dati la mano al Vertice dello Sbarco, il 6 giugno,
in Normandia –Poroshenko era stato appena eletto- e, di recente, a Minsk, sotto
gli occhi sgranati della signora della politica estera europea Lady Ashton.
Ma né l’uno né l’altro hanno fatto seguire a quegli atti di
incontro e di dialogo fatti concreti. Messa un po’ in sordina sui media
occidentali da conflitti e orrori di segno diverso, tra Siria e Iraq, a Gaza,
in Libia, il conflitto nell’Est dell’Ucraina ha fatto dall’aprile scorso 2600
vittime –la cifra è stata data ieri dall’Onu-. E le autorità di Kiev ammettono
la perdita di 789 soldati –quasi 2800 i feriti-. Ciò significa che le altre
1800 vittime sono combattenti filo-russi o civili, molti finiti sotto bombardamenti
su centri abitati. Senza contare i morti sull’aereo della Malaysian Airlines
abbattuto per errore.
In questa crisi, le scelte dell’Occidente non porteranno,
probabilmente, a un conflitto mondiale: ancora ieri, gli Stati Uniti hanno
escluso un intervento militare, nonostante la piega degli eventi. Ma Usa e Ue,
sempre incerte tra dialogo e sanzioni, non hanno neppure sventato un
deterioramento della situazione. E forse anche per l’atteggiamento di
Washington e Bruxelles, Putin, che pareva ‘appagato’ dall’annessione della
Crimea, pare oggi tentato dall’aprire una via al mare ai ‘filo-russi’, per
facilitare l’arrivo loro di mezzi e rifornimenti e creare i presupposti per
un’ulteriore annessione di territorio ucraino –che i russi, va detto,
considerano russo-
Invece di scegliere la via del dialogo e della
riconciliazione nazionale, Poroshenko ha voluto stroncare ‘manu militari’
l’insurrezione filo-russa. E Stati Uniti ed Unione europea non hanno esercitato
su di lui adeguata azione di persuasione e convincimento, tenendo in qualche
ambigua misura aperte le porte dell’Ue all’Ucraina e schiudendo –è storia di
ieri- pure quelle della Nato. E non sarà certo stata la telefonata di giovedì
con il premier Renzi a dissuadere il presidente Putin, che, in questa crisi, di
ore al telefono ne ha passate molte col presidente Obama e la cancelliera
Merkel.
Putin dice che la guerra nell’Ucraina
orientale è "un'enorme tragedia, una nostra tragedia comune"; e
aggiunge che "bisogna fare tutto il possibile per fermare" i combattimenti
"al più presto"; ma ricorda pure “siamo una potenza nucleare, con noi
non si scherza”. E Mosca continua a negare che le sue truppe siano sul
territorio ucraino, nonostante che l’intelligence occidentale questa volta
avalli gli allarmi –spesso- fasulli ucraini.
Washington e Bruxelles non vanno
oltre la logica delle sanzioni, che però innescano ritorsioni. I 28 ne parlano
oggi al loro Vertice, a Bruxelles, dopo che i ministri degli Esteri ne hanno
discusso, ieri, a Milano. A suggerire la linea, ancora una volta, la Merkel , Signora del Rigore,
ma pure Signora del Dialogo con Kiev e con Mosca –anche perché la Germania , come l’Italia,
dipende dal gas russo-.
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