Scritto per Il Fatto Quotidiano del 31/08/2014
E’ di nuovo tempo di “coalizioni dei volenterosi”: le crisi
che incrinano la sicurezza del Mondo, almeno del nostro, e che le diplomazie
non riescono ad arginare inducono a rispolverare, sotto diversi schemi, la
formula adottata da George W. Bush nell’intento di dare all’invasione dell’Iraq
una dimensione internazionale.
Il segretario di Stato Usa Kerry lancia l’appello per una
coalizione globale che fermi "il programma di genocidio" degli jihadisti
dello Stato islamico tra Siria e Iraq. In vista del Vertice Nato in Galles, il
4 e 5 settembre, Kerry invoca dalle colonne del New York Times "una
risposta unitaria guidata dagli Stati Uniti e una coalizione di Nazioni la più
ampia possibile".
A fine settembre, poi, il presidente Obama annuncerà all’Onu
un piano per combattere il Califfato. "Coglieremo l'occasione -spiega
Kerry- per continuare a costruire un'ampia coalizione e per ribadire la
minaccia costituita dai terroristi stranieri unitisi” alle milizie jihadiste. E
le monarchie del Golfo si offrono subito volontarie come coscritti.
Il Financial Times rivela che qualcosa del genere si prepara
per l’Ucraina –un’iniziativa molto più pericolosa lì per la pace mondiale-:
sette Paesi Nato intendono creare una forza di reazione rapida con 10mila
uomini -una divisione-, nel quadro d’un consolidamento delle difese
dell'Alleanza dopo l'intervento russo. A guidare la forza inter-arma sarà il
Regno Unito. Vi parteciperebbero Norvegia, Danimarca, Olanda, Lituania,
Lettonia, Estonia (e, forse, il Canada). Il premier britannico Cameron dovrebbe
darne l’annuncio al vertice Nato, che si profila come una congrega di
guerrafondai.
Proprio l’Ucraina dirotta il
Vertice straordinaria dell’Unione europea: a Bruxelles i leader dei 28 decidono
in quattro e quattr’otto gli assetti delle Istituzioni Ue e ascoltano il
presidente ucraino Poroshenko denunciare l’invasione russa del suo Paese. E il
presidente lituano Dalia Grybauskaite dice che la Russia è “praticamente in
guerra con l’Europa” e invita i partner a dare armi a Kiev.
Poroshenko afferma che migliaia di militari e centinaia di
carri hanno invaso il territorio ucraino.
Spesso, gli allarmi di Kiev in queste settimane sono stati esagerati, ma, questa
volta, c’è l’avallo dell’intelligence occidentale: una fonte britannica, citata
dalla Cnn, afferma che i soldati russi nell'est dell'Ucraina sono tra i 4.000 e
i 5.000, ben più del migliaio di cui si era parlato. Sarebbero inquadrati in
varie formazioni e combatterebbero nelle zone di Lugansk e Donetsk. La Russia avrebbe inoltre schierato
20.000 soldati lungo la frontiera.
Smentita da Mosca, la presenza di militari russi sul
territorio ucraino è confermata da Lady Ashton, il ‘ministro degli esteri’
europeo: "La Russia
ritiri le truppe dal territorio ucraino", intima a Milano, dopo un
consulto informale dei ministri degli Esteri dei 28. La crisi “non ha una
soluzione militare, ma ci vuole una soluzione politica che garantisca
l'integrità territoriale dell'Ucraina".
L’Ue s’appresta a inasprire le
sanzioni contro la Russia ,
portandole “al terzo livello”, annuncia Poroshenko dopo l’incontro collegiale e
vari bilaterali –uno pure con Renzi-. Il presidente ucraino teme che si
sia “molto vicini a un punto di non ritorno da una guerra su vasta scala",
ma non esclude un accordo per una tregua nella riunione lunedì a Misk del gruppo
di contatto Kiev-Mosca-Osce.
Maggiori sanzioni comporteranno,
però, maggiori ritorsioni –e quelle in atto colpiscono l’Italia-. Mosca vuole
un negoziato che legittimi l’autoproclamata repubblica filo-russa nell’est
dell’Ucraina e la tuteli dalla controffensiva militare ucraina. Ma sollecita pure
il nazionalismo russo, paragonando l’assedio di Donetsk a quello di
Stalingrado.
Dal fronte, notizie rarefatte. Un caccia ucraino Su-25 e'
stato abbattuto da missili anti-aerei russi, riferiscono fonti ufficiali. Ma i
ribelli sostengono d’avere abbattuto quattro velivoli.
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