Scritto per Il Fatto Quotidiano del 21/08/2014
Veni, vidi,
dixi. E ci rimasi solo il tempo necessario per qualche stretta di mano, foto
ricordo e frasi precotte. La visita in Iraq del premier Renzi non è diversa
dalle ‘toccata e fuga’ degli altri leader occidentali – al massimo, finora,
ministri degli Esteri – visti da queste parti dopo l’inizio dell’offensiva
jihadista e la creazione del Califfato integralista.
Dopo la
scampagnata al Cairo, a portare acqua al mulino del nuovo satrapo, il generale
presidente al-Sisi, Renzi si prende una giornata libera dalle beghe italiche e
va in missione a Baghdad e a Erbil, la capitale del Kurdistan autonomo, come
capo del governo del Paese che ha la presidenza di turno del Consiglio
dell’Unione.
A fare che, non
è chiaro: c’è chi lo considera il leader europeo ‘incaricato di missione’ dal
presidente Obama; e c’è chi, come Stefano Silvestri dello Iai, pensa che l’ex
sindaco di Firenze segua le orme cattoliche e internazionaliste del suo
predecessore Giorgio La Pira.
Lì in Iraq,
forse per caso, Renzi incrocia il cammino del commissario europeo per gli aiuti
umanitari, la bulgara Kristalina Georgieva, in corsa con la candidata italiana
Federica Mogherini per il posto d Alto Rappresentante per la politica estera
europea.
A Baghdad Renzi
incontra il presidente Fuad Masum e i premier iracheni, l’uscente al-Maliki e
l’incaricato al-Abadi, sempre rimanendo, come tutti i visitatori di rango,
nell’area più sicura della capitale, la zona verde. A Erbil, dove ieri è
arrivato il sesto aereo italiano di aiuti umanitari, vede il leader curdo
Barzani, visita i profughi nei campi e li rassicura: “Non vi lasceremo soli”.
A tutti, il
premier esprime l’amicizia e la vicinanza dell’Italia e dell’Europa. Al-Maliki,
costretto dalle pressioni internazionali a farsi da parte, gli dice che
l’Occidente non deve avere paura della democrazia in Iraq, proprio lui che ha
fatto della spaccatura tra la maggioranza sciita e la minoranza sunnita il
tratto forte del suo governo. Al-Abadi gli chiede l’aiuto dell’Ue contro i
terroristi e gli spiega che vuole fare un esecutivo di unità nazionale – per
Renzi il nuovo governo può essere “un’opportunità”. Al-Abadi
parla anche delle minoranze perseguitate dal Califfato, cristiani e yazidi:
"La comunità internazionale deve aiutarci ad andare incontro ai loro
bisogni".
Il messaggio del
premier italiano è più mediatico che politico: “L’Europa in questi giorni deve
essere in Iraq dove la democrazia è in pericolo altrimenti non è Europa…
Batteremo il terrorismo… Se qualcuno pensa che davanti ai massacri l’Unione
volti le spalle e pensi solo allo spread, sbaglia previsione oppure sbaglia semestre… L’integrità del Paese è
fondamentale per la stabilità di tutta l’area…
Serve una strategia chiara per fare uscire l’Iraq dalla violenza…
L’Europa non è solo spending review, è nata per difendere una certa idea di
dignità dell’uomo”.
La visita lampo
di Renzi in Iraq coincide con il via libera del Parlamento agli aiuti militari
ai peshmerga curdi, tramite il governo iracheno. Aiuti indispensabili, dice in
aula il ministro Mogherini, perché “il Califfato è una minaccia per il mondo
intero”, per l’Europa e anche per l’Italia.
Gli incontri del
premier avvengono nella scia d’orrore per il video sulla decapitazione del
giornalista ostaggio James Foley, mentre, sul terreno, si sviluppano due
offensive anti-jihadisti, una curda - con successo - per il controllo della
diga di Mosul e una governativa – respinta - per la ripresa di Tikrit.
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