Scritto per Il Fatto Quotidiano del 20/04/2015
Le prefiche dell’Europa tornano a recitare le loro litanie,
dopo l’ennesima tragedia nel Mediterraneo d’un barcone d’immigrati, la più
grave di tutte, la più prevedibile. Perché chi toglie Mare Nostrum e pretende
di sostituirla con Triton, che è un’operazione più ridotta e con una missione
più modesta, al limite delle acque territoriali e non oltre, sa che il rischio
è questo e, implicitamente, lo accetta.
Adesso, il premier Renzi chiede un Vertice europeo
straordinario in settimana e presumibilmente lo otterrà, anche se la presidenza
di turno del Consiglio dell’Ue, lettone, non è sensibile al problema: ci sono
contatti con i leader dei 28 per un consulto d’emergenza. E oggi si vedono, a
Lussemburgo, i ministri degli Esteri dei 28: era previsto, ma il dramma
immigrazione diventa il tema principale.
E parte il tamtam delle ovvietà. Federica Mogherini, responsabile
della politica estera e di sicurezza europea, che oggi presiede la riunione, chiede
che l’Ue agisca senza indugi e che i Paesi del Sud non siano lasciati soli. Francois
Hollande, presidente francese, chiede di agire d’urgenza e propone un incontro
congiunto Esteri / Interni –altri se ne sono già fatti, senza esito-.
Il coro dello sdegno e dell’orrore è a 28 voci. Ed esponenti
delle istituzioni porteranno il cordoglio dell’Ue sui luoghi della tragedia,
come fecero José Barroso e Cecilia Malmstroem nell’autunno 2013. A cominciare
dal presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, oggi in Italia.
Il Papa, che scelse Lampedusa come prima tappa del suo
ministero, e che ha il coraggio delle parole, piange “i fratelli che cercavano
la felicità”, un’aspirazione legittima. Ma, oltre la retorica spesso ipocrita
del dolore e dello sdegno, bisogna avere chiare su responsabilità, possibilità
e contesto. Che non sempre sono quello che appare.
La Commissione europea non ha, al momento, né il mandato
politico né la disponibilità finanziaria per fare di più di quanto non stia già
facendo. E, anzi, le dimensioni di Triton, con la partecipazione di quasi tutti
i Paesi Ue e pure di Paesi extra-Ue, sono un progresso e un successo, rispetto
ai mezzi di Frontex Plus, l’azione europea precedente. E i Trattati non vincolano
l’Ue a una politica comune dell’immigrazione e dell’accoglienza.
Bisogna, dunque, che i Governi dei 28 prendano la decisione
politica di dare dimensione europea allo sforzo di evitare le tragedie dei
barconi e mettano a disposizione delle autorità comunitarie soldi e mezzi.
Senza di che si resta confinati a uno scambio di recriminazioni sterile; o ai
‘conti della serva’ di chi recrimina che l’Italia riceve dall’Ue meno di quanto
le versa –vero, ma è così per tutti i Grandi Paesi e lo sarebbe di meno se noi
utilizzassimo bene i fondi europei-.
C’è sul tappeto una proposta italiana, che è sensata, ma che
è aleatoria nella realizzazione e che richiede, comunque, tempi lunghi: quella
di creare, nel Nord Africa, centri di accoglienza e selezione degli aspiranti
migranti, verificando sul posto chi può legittimamente richiedere asilo e chi
invece aspira a migrare per ragioni economiche e intercettando eventuali
improbabili infiltrazioni di terroristi e integralisti. Ma, finché in Libia c’è
la guerra, il piano è difficile d’attuare.
In questo modo, certo, si supererebbe anche il vincolo degli
accordi di Dublino, per cui l’asilo deve essere richiesto nel Paese d’approdo e
non là dove si vuole arrivare.
E qui veniamo al contesto. Gli arrivi di immigrati via mare nell’Unione rappresentano, comunque, anche in questa fase di emergenza, una parte ridotta, inferiore al 10% su base annua, dell’insieme degli arrivi. E Paesi come la Gran Bretagna, la Francia, la Germania e persino la Svezia ogni anno concedono più asili, molti di più, dell’Italia. E, infine, la Commissione europea calcola che l’Ue abbia bisogno nei prossimi 15 anni di 30 milioni di migranti, per fronteggiare il calo demografico e le esigenze economiche: ci vuole, quindi, accoglienza, non respingimenti.
E qui veniamo al contesto. Gli arrivi di immigrati via mare nell’Unione rappresentano, comunque, anche in questa fase di emergenza, una parte ridotta, inferiore al 10% su base annua, dell’insieme degli arrivi. E Paesi come la Gran Bretagna, la Francia, la Germania e persino la Svezia ogni anno concedono più asili, molti di più, dell’Italia. E, infine, la Commissione europea calcola che l’Ue abbia bisogno nei prossimi 15 anni di 30 milioni di migranti, per fronteggiare il calo demografico e le esigenze economiche: ci vuole, quindi, accoglienza, non respingimenti.
Peccato che chi deve decidere forse non abbia nemmeno la conoscenza di base dei Trattati che regolano la questione...
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