Scritto per Il Fatto Quotidiano del 12/04/2015; altra versione su www.GpNewsUsa2016.eu
Non si
sopportavano proprio, ai tempi della combattuta stagione delle primarie 2008. Poi,
invece, sono diventati legati l’uno all’altra a doppio filo. Lei ha messo al
suo servizio il ‘brand Clinton’ nelle campagne elettorali 2008 e 2012. Lui le
ha consentito di farsi un’esperienza internazionale, con i quattro anni da
segretario di Stato; e, adesso, le passa pezzi pregiati della sua squadra.
Lontani,
lontanissimi, i tempi dell’astio dei Clinton per quel loro ‘protetto’ nero che
osava sfidare, e battere, l’ex first lady nelle primarie 2008, ribaltando
l’ordine delle cose e la gerarchia del potere: prima, una donna alla Casa
Bianca; poi, eventualmente, un nero o un ispanico.
Perché Hillary
Clinton, che oggi formalizza la candidatura alla nomination per Usa 2016, è
l’unica opzione seria del partito democratico per restare alla Casa Bianca.
Intorno a lei, il vuoto: le ipotesi Joe Biden, vice-presidente, e John Kerry,
segretario di Stato, più che vere e proprie alternative sono ruote di scorta,
se strada facendo l’ex first lady dovesse essere azzoppata da qualche scandalo.
Il rischio c’è
e le avvisaglie si sono già viste. Prima il Washington Post, poi il New York
Times hanno tirato fuori polemiche scomode: i finanziamenti alla Fondazione
Clinton da Paesi esteri, mentre Hillary era segretario di Stato; e l’uso della
mail privata, invece di quella ufficiale, sempre quand’era a capo della
diplomazia statunitense. I repubblicani non ci sono andati giù pesanti: loro
cercheranno di affondare Hillary quando sarà la candidata dei democratici; per
il momento, sono ‘siluri di partito’.
Gli attacchi
però non vengono da Obama, che sta anzi cedendo all’ex first lady gli elementi
migliori del suo staff: John Podesta, fedelissimo clintoniano, già capo
dell’apparato di Bill alla Casa Bianca, ha lasciato il Pentagono per il ‘team
Hillary’; e Jennifer Palmieri, direttore della comunicazione
dell’Amministrazione Obama, è diventata responsabile della comunicazione della
candidata. Un altro ‘obamiamo’, Joel
Benenson, potrebbe essere il sondaggista capo.
L’uomo nuovo,
e forte, del ‘team Hillary’ sarà Robby Mook: giovane -36 anni- e molto
qualificato, Mook, nato e cresciuto nel progressista Vermont, ha l’età per
parlare ai ‘Millennial’, che voteranno per la prima volta e che potrebbero
risultare determinanti. Toccherà a lui, pare, guidare con Podesta la squadra.
Il quartier
generale della campagna elettorale di Hillary Clinton, che fu dal 2001 al 2007 senatrice
dello Stato di New York, sarà a Brooklyn, nel complesso di uffici MetroTech. L'ex
first lady ha personalmente svolto i colloqui di selezione nella casa di
Chappaqua per completare lo staff e s’è concentrata in particolare sugli
addetti alla comunicazione e di chi gestirà i social network.
Oggi come
oggi, il risultato appare blindato, ma all’8 novembre 2016 mancano ancora 575
giorni, trappole, sorprese, passi falsi. I sondaggi si succedono, i risultati
sono sempre uguali: Hillary batte tutti. Per la nomination, non ha rivali; per la
Casa Bianca è favorita: vince largo su Jeb Bush, l’avversario repubblicano più
probabile, dopo il ritiro di Mitt Romney. L’ex ‘first lady’ è molto nota; i
potenziali candidati repubblicani –tranne Jeb, figlio e fratello del 41° e 43° presidente-
hanno problemi d'immagine. Vale per Ted Cruz e per Rand Paul, gli unici due a
essere formalmente scesi in lizza, più o meno come per l’astro nascente Scott
Walker, o Chris Christie, o Marco Rubio, o l’unica donna repubblicana
‘papabile’, Carly Fiorina.
Eppure, che
possa toccare a una donna lo pensano in molti: pure Laura Bush, moglie di
George W. e cognata di Jeb. Intervistata dalla Cnn, alla domanda ‘una donna
presidente?’, risponde “Non vedo l’ora”, salvo poi aggiungere: “Ma per il 2016
ho già un candidato: mio cognato Jeb". Insomma, Laura se la cava bene,
lusingando l’elettorato femminile, senza penalizzare il fratello del marito.
Non ci va giù
sottile, invece, Chelsea Clinton, la figlia unica della ex ‘prima coppia’
d’America: “Una donna alla Casa Bianca farebbe la differenza”, dice in una
lunga intervista a Elle, anticipata con voluto tempismo alla vigilia
dell’annuncio di Hillary. Per Chelsea, è importante che il 20% circa degli
eletti al Congresso siano donne, ma l’affermazione politica delle donne Usa
sarà definitiva solo con una donna alla Casa Bianca, "un fattore assoluto,
anche per ragioni simboliche".
Chelsea sarà al
fianco della madre nella campagna, che inizierà con un giro dello Iowa, lo
Stato che inaugura le primarie e dove nel 2008, Hillary partì male, superata
sia da Obama che dall'ex senatore e candidato vice-presidente nel 2004 con John
Kerry John Edwards.
Nessun commento:
Posta un commento