Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 01/04/2015. Altre versioni su Metro
Ore convulse e forse
decisive a Losanna nel negoziato sul nucleare tra i Grandi e l’Iran: le
plenarie si succedono ai bilaterali e ai ‘confessionali’. C’è l’ipotesi che la
trattativa vada ai supplementari e prosegua ancora mercoledì, bloccando
l’orologio allo scoccare della mezzanotte, termine sulla carta ultimo. Ma c’è
la certezza che nessuno vuole ‘rompere’.
I 5+1 e l'Iran cercano un’intesa che sdogani il programma iraniano
per l’energia nucleare e ne disinneschi l’incubo dell’atomica. La presenza a
Losanna dei ministri degli Esteri delle 5 potenze nucleari storiche e
legittime, con diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, più il tedesco
(il +1) e, naturalmente, l’iraniano, autorizza un certo ottimismo. Per l’Ue,
c’è Federica Mogherini.
Di che si parla – I
negoziati vanno avanti da anni: l’Iran mira a sviluppare un programma d’energia
nucleare civile; i 5+1 vogliono evitare che il regime degli ayatollah si doti
di un arsenale atomico. Ironia della sorte, negli Anni Cinquanta, furono gli
americani a indirizzare l’Iran verso il nucleare, in funzione anti-sovietica
–allora, c’era lo Scià-.
Poi, tra il 1985 e il 2002, la Repubblica
islamica sviluppò attività atomiche in maniera clandestina, finché nel 2003
accettò le ispezioni dell'Agenzia dell’Onu per l'Energia atomica. L’arrivo al
potere di Ahmadinejad nel 2005 apre, però, una fase di contrapposizione:
scattano le sanzioni, prima dell’Aiea, poi di Usa e Ue. Nel 2013, l’elezione di
Rouhani migliora il clima del confronto: quello stesso novembre, un’intesa a
interim fa ripartire la trattativa.
Bisognava però definire la portata del
programma di arricchimento dell'uranio iraniano, che gli Usa vogliono limitare
in modo significativo, le modalità dei controlli dell’Aiea e il ritmo d’alleviamento
delle sanzioni.
La posta in gioco - La formula
cui si lavora è un accordo di massima da confermare e perfezionare entro il 30
giugno. Una dichiarazione congiunta sarà integrata da documenti che dettagliano
i punti fermi già raggiunti. I mercati fiutano l’accordo e il petrolio, i cui
prezzi si gonfiano con le tensioni, va giù.
Tra le questioni principali aperte, la
ricerca sul nucleare e le procedure di revoca delle sanzioni. Teheran chiede di
potere riprendere senza restrizioni ricerca e sviluppo di centrifughe avanzate,
dopo dieci anni dall'accordo, mentre i suoi interlocutori vorrebbero una
periodo d’attesa più lungo.
Quanto alle sanzioni, ci sono contrasti su
quando e come revocarle: gli Stati Uniti e gli europei vorrebbero meccanismi di
re-imposizione automatica, se Teheran dovesse violare l'intesa; Mosca e Pechino
vogliono un passaggio al Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
Chi sta con chi – Se a
Losanna nessuno cerca di mandare all’aria la trattativa, i nemici dell’accordo
non siedono al tavolo, sono altrove. Qui, l’Iran vuole sdoganare la sua
credibilità internazionale e sottrarre l’economia al giogo delle sanzioni;
Russia e Cina, più vicini a Teheran degli Occidentali, sono i mallevadori
dell’intesa; Usa ed europei indulgono all’ottimismo d’un Iran più aperto e
moderato e, soprattutto, alleato nella guerra al terrorismo e al Califfato.
Chi rema contro - Contro
rema Israele, specie il premier Netanyahu, che non si fida dell’Iran e che
giudica l’accordo una minaccia per la sicurezza del suo Paese. Ma il partito
del no all’intesa è forte pure a Washington, dove i repubblicani in maggioranza
al Congresso sfidano il presidente Obama e si preparano a farne un tema della
campagna elettorale Usa 2016. E a Teheran i ‘falchi’ considerano qualsiasi
cedimento una sconfitta.
Arabi divisi – La distensione tra
Iran e Usa non piace neppure all’Arabia Saudita e alle monarchie del Golfo, tutte
sunnite. Riad teme che la ritrovata credibilità internazionale dell’Iran
comprometta il suo rapporto con gli Stati Uniti; e i sunniti paventano il
rafforzamento degli sciiti nella Regione – la lotta all’integralismo potrebbe
uscirne indebolita -. C’è chi teme che l’accordo scateni una corsa al nucleare
nella Regione e chi ripropone l’idea difficilmente attuabile d’un Medio Oriente
denuclearizzato.
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