Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 03/04/2015
Dodici anni
di confronto sul nucleare iraniano, 18 mesi di trattative con vari rinvii e 8
giorni serrati di negoziati quasi ‘non stop’ non bastano per perfezionare l’intesa
a Losanna. Ma i progressi sono sufficientemente dettagliati perché la
trattativa possa continuare, nell’ambito di un accordo quadro, con l’obiettivo
di chiuderla entro il 30 giugno, nuova –e ovviamente definitiva- scadenza
finale.
Federica
Mogherini, ‘ministro degli esteri’ europeo, e Moham Jawad Zarif, ministro iraniano,
leggono, in inglese e in farsi, una dichiarazione congiunta, nell’auditorium
del Politecnico di Losanna. Il presidente Obama segue la conferenza stampa in
diretta tv, poi assicura: "L'Iran non avrà l'atomica"; il segretario di Stato Usa Kerry parla di “un grande giorno”, il
ministro russo Lavrov se ne va prima dello show mediatico.
La
Mogherini, che si trova addosso i riflettori di un risultato importante, ma monco,
esalta la portata dell’intesa e tweetta “Buone Notizie”. Una serie di
protocolli tecnici dovrebbe rimanere segreta, ma le centrifughe operative iraniane
saranno ridotte dalle attuali 19.000 a 6.000 per i prossimi 10 anni.
Il grosso
delle scorte iraniane di uranio arricchito sarà diluito o trasferito all'estero
e alcuni siti nucleari iraniani saranno depotenziati, in cambio, fra l’altro,
della cancellazione delle sanzioni contro Teheran di Usa, Ue e Onu.
L’'impianto
di Natanz resterà attivo per arricchire l'uranio. L'impianto di Fordow, sotto
un monte, sarà convertito in un sito per la ricerca, senza materiale fissile. Il
reattore ad acqua pesante d’Arak sarà modificato. Saranno pure definite
modalità d’ispezione.
Le ultime
battute dei negoziati di Losanna sono stati segnati da una polemica tra Iran e
Usa, dopo che il capo del Pentagono Carter aveva detto che "l'opzione
militare resterà di sicuro sul tappeto" senza un compromesso tra Teheran e
i '5+1'. Il ministro della Difesa iraniano, generale Dehghan, replicava che Carter
“soffre di Alzheimer”: le sue parole provano che degli Usa non ci si può fidare.
La
trattativa a Losanna sarebbe stata la più lunga da quella del 1919, dopo la
Grande Guerra. Ma non è bastata per suggellare il negoziato. Perché lo
sanno tutti che l’unico modo per riuscirci è chiudere dentro gli emissari e
gettare la chiave. Come fecero nel 1270 gli abitanti di Viterbo, stanchi delle
lungaggini dei cardinali nello scegliere il Papa: li chiusero a chiave nella
Sala Grande del palazzo papale e scoperchiarono parte del tetto, per indurli a
sbrigarsi. Ne uscì papa Gregorio X, che non fu però il primo eletto in
conclave, cioè ‘cum clave’, come oggi avviene nella Cappella Sistina –senza bisogno
di scoperchiarla-. Il primo era stato Gelasio II, eletto nel 1118 all'unanimità
dai cardinali riuniti in un monastero sul Palatino, luogo
segreto e chiuso al pubblico per evitare interferenze esterne.
Le
maratone negoziali sono a volte un rito, specie nelle liturgie europee, ma spesso
una necessità. La prova ultima è stata l’accordo di Minsk tra Ucraina e Russia
mediato da Germania e Francia. Se l’11 notte la Merkel e Hollande avessero lasciato
che Poroshenko e Putin andassero a dormire, il 12 mattina, invece di giungere a
un’intesa, la trattativa sarebbe ripartita non dalle posizioni raggiunte, ma
dalle posizioni di partenza. Perché alla ripresa è prassi rimangiarsi le
concessioni già fatte.
La storia
dell’integrazione europea è segnata da maratone negoziali: negli Anni Ottanta,
le trattative sul bilancio dell’allora Comunità, sulla riduzione del contributo
britannico, sui prezzi agricoli non si chiudevano mai prima dell’alba: un
giorno di preliminari, un giorno per scaldare i motori e poi la notte in cui
chi aveva più resistenza spuntava le condizioni migliori.
Ma anche
molti negoziati storici furono maratone si protrassero fino a tarda notte: era
quasi l’alba quando Giulio Andreotti, allora ministro degli esteri e presidente
di turno del Consiglio dei 10, annunciò l’accordo sull'adesione di Spagna e
Portogallo –Bruxelles, 29 marzo 1985-; ed era l’una di notte, quando i leader
dei 12 decisero la nascita dell’Unione europea e la creazione dell’euro -
Maastricht, tra il 10 e l’11 dicembre 1991 -.
Un vezzo
europeo? Chiedetelo agli arabi, che sono negoziatori immutabili nelle loro
posizioni; o anche ai russi o ai cinesi, sfingi negoziali quando fa loro
comodo. Gli americani, loro, tendono invece a essere spicci: Ronald Reagan si
annoiava a morte, quando, gli europei cercavano d’esportare nei G7 i riti della
loro Comunità, che, invece, si confacevano molto bene ai giapponesi.
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