Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 05/04/2015
Barack Obama non
farà la fine di Willy Loman, il commesso viaggiatore del dramma più popolare di
Arthur Miller, portato in teatro, al cinema e in tv in decine di prove d’attore:
sulla scena, alla fine Willy, 63 anni, si suicida, perché la famiglia incassi il
premio dell’assicurazione sulla vita che sottoscritta. Era tutto quel che
valeva.
Obama non farà
una fine così tragica, neppure traslando alla metafora politica: arriverà senza
colpo ferire a fine mandato. Ma dopo il voto di mid-term del novembre scorso, perso
dai democratici, sapeva che avrebbe vissuto da commesso viaggiatore i suoi
ultimi due anni alla Casa Bianca: deve mediare e barattare su ogni dossier con
il Congresso controllato all'opposizione repubblicana, se vuole ottenere
qualche risultato e passare le consegne nel gennaio 2017 a un altro democratico.
Per Politico, il
prossimo compito di Obama Loman è “vendere” l’intesa di Losanna sui programmi
nucleari iraniani: al Congresso, ma anche all'opinione pubblica americana. Il
presidente deve convincerla che l’alternativa all'accordo è la guerra e che
limitarsi a chiedere all'Iran di capitolare, come gli suggerivano i
repubblicani, è una battuta da talk show ma non è un’opzione negoziale.
Ieri, nel
fervorino del sabato, Obama ha detto che l’intesa, quando sarà perfezionata,
sarà storica; che fin quando non c’è accordo su tutto non c’è accordo su nulla
(e, dunque, fino al 30 giugno nulla è definitivo); che i controlli previsti
sono “senza precedenti”; e che, se l’Iran non stesse ai patti, “lo sapremo”. Ma
David Kay, che fu l’ispettore in Iraq per l’Onu dopo la Guerra del Golfo nel
1991 e per gli Usa dopo l’invasione del 2003, lo smentisce su questo punto: “Se
l’Iran imbroglierà, non abbiamo i mezzi per scoprirlo”.
E a Teheran la
musica è ben diversa: primo, le sanzioni vanno tolte subito, non dopo le
verifiche; secondo, la produzione petrolifera sarà riportata presto ai livelli
pre-sanzioni, il che potrebbe significare un ulteriore ribasso dei costi
energetici sui mercati mondiali. L’operazione ‘prezzi giù’ pilotata dai sauditi
in funzione anti-russa, ma anche anti-americana, per rendere economicamente non
competitivo lo shale gas, potrebbe diventare un boomerang.
Il presidente persuasore
ha dovuto chiamare i sovrani delle monarchie sunnite del Golfo, tutti alleati
degli Stati Uniti e tutti poco persuasi dell’intesa che rilancia, dopo oltre 30
anni, l’Iran sciita come interlocutore e partner dell’America fin qui “satana”.
Più che di convincerli, si tratta di rabbonirli e rassicurarli. Proprio come
con Israele.
Sul fronte
militare, l’Amministrazione democratica non abbassa la guardia: lo scudo
antimissile Nato resta; e il Pentagono porta avanti i test per una nuova super-bomba.
Bracci di ferro che non intaccano i benefici di prestigio ricavati dalla
trattativa di Losanna dai ministri degli esteri, l’iraniano Zarif e
l’americano Kerry, divento un’ “arma di seduzione di massa”. Kerry potrebbe
trarne la spinta per puntare alla nomination democratica a Usa 2016, lui contro
Hillary Clinton, che fu al dipartimento di Stato prima di lui.
Nel dibattito
politico, Obama può intrecciare gli argomenti: ha bisogno del sì del Senato per
togliere le sanzioni all’Iran, come per confermare la fine dell’embargo verso
Cuba –e la prossima settimana, al Vertice delle Americhe a Panama, ci sarà una
“interazione” tra Obama e Raul Castro, ammettono fonti del Dipartimento di
Stato. Ma, per l’Iran, deve pure ‘lavorarsi’ quei molti senatori democratici
per cui il voto ebraico è essenziale: il senatore Schumer, di New York, ad
esempio, ha annunciato che valuterà l’intesa con molta attenzione.
I temi su cui
mediare non sono solo di politica estera. Sul fronte interno, Obama e l’opposizione
duellano sulle riforme della sanità, che i repubblicani vogliono intaccare, e
dell’immigrazione, temporaneamente bloccata da un giudice federale texano, che
ha congelato i decreti presidenziali per regolarizzare circa 5 milioni di
clandestini; e pure sull'energia –il presidente ha posto il veto
all'autorizzazione del Congresso a un rafforzato oleodotto dal Canada al
MidWest, il Keystone- e sulla spesa pubblica. Nella sua borsa, Obama Loman ha
molte spazzole da piazzare.
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