Dialogo non proprio immaginario con un collega più scettico di me sugli Stati Uniti: “Quale sarà – mi chiede – il match 2016 per la Casa Bianca?”; “Bush contro Clinton”, azzardo io; “Maddai, quello era il 1992: George Bush, presidente dal 1989, dopo essere stato il ‘vice’ di Ronald Reagan per otto anni, fu battuto dallo sfidante democratico Bill Clinton”; “Ti assicuro, sarà probabilmente così pure nel 2016, ma non gli stessi, altri due”; “Ah, un caso di omonimia?”; “Beh, non proprio. Bush è Jeb, il figlio del 41° presidente degli Stati Uniti e il fratello del 43°, George W., che intanto è stato alla Casa Bianca dal 2001 al 2009. E Clinton è Hillary Rodham Clinton, la moglie di Bill, first lady dal 1993 al 2001, senatrice dello Stato di New York dal 2001 al 2007, candidata alla nomination democratica nel 2008, segretario di Stato dal 2009 al 2013”; “Non ci credo: sempre gli stessi nomi, dinastie, longevità politiche, pare l’Italia, non l’America”.
Invece, nel dna della politica ‘made in Usa’ degli ultimi 70
anni almeno c’è anche tutto questo: le dinastie, a cominciare dai Kennedy; gli
‘a volte ritornano’, ché la ‘seconda chance’ è un ingrediente essenziale del
sogno americano, a cominciare da Richard Nixon, battuto nel 1960, vincitore nel
’68; e, infine, le partite rigiocate, come accadde negli Anni Cinquanta, quando
i democratici mandarono due volte l’ambasciatore Adlai Stevenson contro il
generale Dwight Eisenhower (e persero due volte).
Certo, verso Usa 2016 la voglia di usato sicuro e di brand
conosciuti pare davvero forte, se si pensa che una possibile alternativa alla
sfida Clinton-Bush è un match Kerry-Bush, quasi una riedizione tale e quale di
quello 2004: Kerry è lo stesso –John, allora senatore, attualmente segretario
di Stato-, Bush il fratello.
Ma non è a mio avviso giusto schernire gli americani, come
se gli alfieri dell’innovazione, il Paese di Steve Jobs, di Facebook e delle
startup nei garage, si limitassero a scelte politiche dal sapore antico. Clinton-Bush
sa di vecchio, ma una donna alla Casa Bianca per la prima volta, dopo un nero
per la prima volta, sarebbe una novità forte. E, fra 4 o 8 anni, magari
toccherà ad Andrew Cuomo, altro nome da usato sicuro, figlio di Mario. Ma
sarebbe il primo italo-americano. E continuità e innovazione andrebbero ancora
a braccetto.
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