Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 08/11/2015
Alla fine, parlano pure gli inquirenti egiziani: il B-737 russo schiantatosi al suolo nel Sinai sabato 31 ottobre è esploso in volo, probabilmente a causa di una bomba in stiva. Gli egiziani, stizziti, confermano, sostanzialmente, le indiscrezioni già venute da destra e da manca: fughe di notizie ci sono state da Mosca e Washington, da Londra e Parigi, basate sui dati dei satelliti e sull'esame delle scatole nere.
Il ministro degli Esteri del Cairo Sameh Shoukri esterna la propria irritazione senza mezze frasi: non c’è stato coordinamento nelle indagini; e, prima, “alcuni Paesi europei non ci hanno fornito la cooperazione necessaria per lottare contro il terrorismo … Gli appelli che avevamo lanciato non sono stati presi sul serio”.
Paturnie d’un Paese sull'orlo d’una crisi di nervi?, con i terroristi in casa e i turisti che scappano, se solo riescono a salire su un aereo in partenza. No: l’Egitto ha ragione. Però, i suoi alleati non hanno torto. Impossibile riporre piena fiducia negli apparati di sicurezza del Cairo, ‘migrati’, dal 2011 a oggi, dall'obbedienza a Mubarak alla lealtà alla democrazia islamista del presidente Morsi alla fedeltà alla restaurazione del generale al-Sisi. Troppe fibrillazioni, in un territorio enorme, con oltre 100 milioni d’abitanti, molti dei quali subiscono il carattere repressivo del regime attuale.
Il governo autoritario del generale al-Sisi è in una posizione analoga a quelle avute, nel tempo, dal regime yemenita del presidente Saleh o dal regime pakistano del generale Musharraf: due alleati irrinunciabili degli Stati Uniti nel contrasto ad al Qaida e ai talebani, con terroristi e guerriglieri che avevano santuari all’interno dello Yemen o sulle montagne lungo il confine tra Afghanistan e Pakistan, spesso in territorio pakistano.
Però, nonostante le dichiarazioni d’amicizia politiche e dell’ospitalità riservata ai due leader nello Studio Ovale, nessuno a Washington era pronto a condividere con Saleh o con Musharraf e con i loro staff, infiltrati e inaffidabile, informazioni delicate. Una situazione protrattasi anche dopo gli avvicendamenti al potere a Washington e a Islamabad: dell’operazione delle forze speciali contro Osama bin Laden, ad Abbottabad, in Pakistan, l’intelligence americana si guardò bene dall’informare i colleghi pakistani. Quanto allo Yemen, la sua friabilità è poi esplosa in una vera e propria guerra civile.
Quindi, Shoukri ha ragione quando, circa la raffica d’indiscrezioni sulle cause del dramma dell’aereo russo, dice: "Avremmo preferito che le informazioni tecniche fossero comunicate direttamente a noi invece di essere riferite ai media".L’Egitto ha ora rafforzato le misure di sicurezza, mostrando di prendere sul serio le preoccupazioni espresse da altri Paesi; ma il Cairo sostiene che altri governi, che non avevano invece dato attenzione alle preoccupazioni egiziane, si affannano ora per tutelare i propri cittadini.
Ne parlano al telefono i presidenti russo Putin ed agiziano al-Sisi: "Rilanceremo la cooperazione sulla sicurezza", anche per potere riprendere al più presto la normale operatività dei voli civili. E la Farnesina informa che un team di esperti tecnici italiani giungerà oggi all'aeroporto di Sharm per un'analisi delle misure di sicurezza adottate per gli aerei in partenza per l’Italia. La missione è composta da specialisti dell'Enac e da esperti della sicurezza aeroportuale, del Ministero dell'Interno e di altre amministrazioni competenti.
Certo non migliora la situazione la rivelazione – confermata - del Daily Mail, secondo cui il 23 agosto un volo della Thomson Airways proveniente da Stansted, uno degli aeroporti di Londra, fu sfiorato, in fase di atterraggio a Sharm el-Sheick, da un missile sparato per errore durante una normale esercitazione militare egiziana.
Una fonte del dipartimento dei Trasporti britannico ha affermato a Sky News che non si trattò d’un attacco mirato. Secondo il Daily Mail, solo un'improvvisa virata da parte del comandante permise all'aereo di non scontrarsi con il missile, che passò a 300 metri, una distanza ritenuta minima in ambito aeronautico. La compagnia ha confermato quanto avvenuto al volo Tom 476 e ha spiegato che le autorità britanniche furono tempestivamente informate.
Un’ombra in più sulla sicurezza dei voli da e verso Sharm. E anche sull’affidabilità delle misure di sicurezza egiziane: nel Sinai, anche il fuoco amico è un’alea.
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