Scritto per Il Fatto Quotidiano del 26/11/2015
Le conseguenze non saranno forse “tragiche”, come in un primo tempo erano state tradotte le parole del presidente russo Vladimir Putin. Ma “serie” di sicuro: i rapporti tra Mosca ed Ankara prendono un ‘colpo di freddo’, dopo l’abbattimento d’un caccia-bombardiere russo ad opera della caccia turca nei cieli sopra il confine tra Siria e Turchia, in zona di guerra alle milizie jihadiste.
Il ministro degli Esteri russo Lavrov parla di un’azione premeditata. Il presidente Putin punta il dito contro la Turchia ‘doppiogiochista’: il sedicente Stato islamico – osserva, tornando su questioni già sollevate al G20 di Antalya - dispone d’ingenti risorse "provenienti da vendite illecite" ed è protetto “da forze armate di altri Stati": “E’ chiaro perché siano così sfrontati, perché uccidano la gente e perché compiano attentati in giro per il mondo, incluso il cuore dell'Europa". Le Monde fa i conti del terrore: 1600 morti in 18 mesi in 20 Paesi, ad opera degli integralisti.
La tesi è che la Turchia, palesatasi nemica del Califfo solo pochi mesi or sono, tenga la mira puntata in realtà sul regime di Assad e sui curdi. L’abbattimento dell’aereo sarebbe, dunque, una ritorsione per le denunce di Putin che smaschera gli inganni del presidente aspirante dittatore, islamista ed autoritario, Erdogan, che, in 17 secondi –tanto è durata l’intrusione russa- è riuscito a fare succedere quello che non era mai accaduto in oltre trent’anni di confronto Est-Ovest, abbattere un aereo russo. E il Cremlino nega d’essere stato avvertito di possibili reazioni a sconfinamenti aerei.
Che qualcosa di vero ci sia, lo lasciano intuire le ‘difese d’ufficio’, blande, che il presidente Usa Obama e la Nato fanno dell’alleato turco: diritto a difendere il proprio spazio aereo, va bene; ma, ora, la parola d’ordine è “de-escalation”. In visita a Roma, il ministro degli Esteri britannico Hammond è esplicito: “Non vogliamo una mini-Guerra Fredda … Ankara e Mosca riducano la tensione”.
E The Guardian si pone l’interrogativo: “Putin ha ragione quando definisce la Turchia complice dei terroristi?”. Il giornale nota che la frontiera siro-turca è stata la maggiore via d’approvvigionamento in uomini e mezzi del Califfato, ‘foreign fighters’ ed equipaggiamenti passati senza troppi controlli.
Certo, Mosca non sta con le mani in mano: schiera batterie di missili anti-aereo a Latakia, sua base siriana sul Mediterraneo, e minaccia Ankara di tagliarle le forniture di gas, che, intanto, blocca all'Ucraina (la politica non c’entrerebbe: è questione di fatture inevase). I turchi rispondono intensificando il pattugliamento del cielo con gli F16; ed Erdogan replica alle illazioni di Putin sostenendo che i raid russi non attaccano gli jihadisti, ma i nemici di Assad.
Sul terreno, forze lealiste siriane recuperano, sano e salvo, il secondo pilota del jet abbattuto, mentre il primo sarebbe morto, non è chiaro se ucciso mentre scendeva con il paracadute o a terra dai ribelli turcomanni attivi nell’area, dove, ieri, si sono susseguiti almeno 12 raid aerei russi, riferiscono attivisti dell’opposizione ad Assad. Intensi combattimenti sono in corso tra forze governative appoggiate dalle milizie sciite libanesi Hezbollah e gruppi d’insorti.
Il ministro degli esteri siriano Muallem è a Mosca, dove domani incontrerà Lavrov, che non è andato ad Ankara –come previsto prima dell’incidente- e che ha parlato con il collega Usa Kerry: dell’episodio di martedì, ma pure di lotta all’Is e di processo politico in Siria. Per Lavrov, il gesto turco è "una violazione dell'accordo tra Mosca e Washington sullo spazio aereo in Siria, dove Usa e Russia stanno conducendo campagne aeree indipendenti". Kerry insiste sulla necessità di evitare che l’incidente faccia salire la tensione sulla Siria.
Il presidente francese Hollande, che, di ritorno da Washington, ha cenato ieri sera con la cancelliera tedesca Merkel, va oggi a Mosca da Putin, dopo avere riservato al premier Renzi l’ora del croissant: russi e francesi sono già d’accordo per la chiusura della frontiera tra Siria e Turchia e per protrarre i raid sulla Siria. Dopo la carneficina di Parigi, il calendario diplomatico non risparmia imbarazzi: domenica, i leader dei 28 ricevono a Bruxelles Erdogan per dargli un mucchio di soldi, in cambio della missione di tenere sotto controllo la frontiera con la Siria e i milioni di rifugiati siriani in Turchia. Qualche dubbio che Erdogan li spenda bene, i loro soldi, gli europei devono avercelo.
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