Scritto per Metro del 10/11/2015
A sentirlo, viene quasi sempre voglia
di gettargli le braccia al collo e stringerlo, con rispetto, in un abbraccio: che
parli di santi o di peccatori, di poveri o di omosessuali, di ambiente o di
pace; e non cambia molto se chi l’ascolta è un fedele o un laico. Con una
semplicità ed una chiarezza spesso disarmanti, Francesco dice le cose che ci
aspettiamo di sentire dire da un Papa (e che magari ci aspetteremmo di vedere
fare non solo da un Papa).
Ma, da come lo (mal)trattano in
Vaticano, viene il sospetto che molti gli stringerebbero volentieri –
metaforicamente - le mani sul collo: documenti violati, lettere di critica rese
pubbliche, outing di monsignori nei momenti più delicati. Il Papa che i
cardinali sono andati a prendere “quasi alla fine del Mondo” dà fastidio e
viene ripagato con sgarbi e resistenze neppure troppo passive.
Spesso, s’ipotizza uno scontro tra il
progressismo di Francesco, o il pauperismo, o addirittura il ‘comunismo’, e il
conservatorismo della Curia, a salvaguardia di dogmi e soprattutto privilegi.
Ma è una lettura che non regge a una semplice constatazione: veleni e ostilità
avevano pure segnato il pontificato – certo non progressista, dal punto di
vista ecclesiale - di Benedetto XVI, fino a indurre il Papa teologo alle
clamorose dimissioni.
I Papi passano, la Chiesa resta: è la
linea base di ogni resistenza passiva istituzionale, tant’è che si può
applicare a varie realtà. Ma se qualcuno si fa da parte più in fretta, è
meglio. Perché? Non perché denuncia peccati indifendibili, come la pedofilia e
l’omertà; e non perché predica e pure attua i principi sociali cristiani
universali, solidarietà, tolleranza, amore per il prossimo; e forse neppure
perché esalta il rispetto del creato, che è il rispetto dell’ambiente.
Se c’è un filo rosso che unisce
Benedetto XVI e Papa Francesco, così diversi nei percorsi, così distanti
nell'approccio, è la volontà di fare chiarezza nella gestione del tesoro di
Pietro, nella conduzione degli ‘affari’ della Chiesa – che brutta parola!, a
Bergoglio deve suonare quasi bestemmia -.
“Pecunia non olet” dicono quanti non
vogliono rinunciarvi nonostante la puzza di sangue, dolore, ingiustizia.
“Oportet ut scandala eveniant”, replica il Papa. Che è scomodo perché dice e fa
cose semplici, che tutti capiscono e che tutti possono fare. A patto di
rinunciare, per sé e per i propri referenti, a benefici e privilegi.
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