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martedì 18 agosto 2015

Libia: assenza di iniziativa internazionale e appelli dell'Italia

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 18/08/2015 

Sembra un disco rotto, la diplomazia internazionale sulla Libia. E quella italiana le va dietro. Appelli all’unità, alla pacificazione, per una soluzione politica. Lanciati a chi è diviso, si fa guerra e cerca sul terreno una soluzione militare.

Dove stia, la pretesa leadership italiana sulla questione libica affermata più volte dal premier Renzi, non si sa. Eppure l’Italia ha in Libia responsabilità speciali, storiche  – la colonizzazione - e recenti - l’irresponsabile gestione, imbarazzante per tutto l’Occidente, della fine di Gheddafi e del dopo Gheddafi -. Di cui adesso l’Italia sopporta pesanti conseguenze, perché l’incertezza libica è componente essenziale dell’emergenza immigrazione.

Ieri, gli Usa e cinque ‘grandi’ dell’Unione europea, fra cui l’Italia, hanno lanciato un appello, l’ennesimo, per una soluzione politica, proprio mentre il loro interlocutore libico, il Parlamento che siede a Tobruk, chiedeva un intervento armato dei Paesi arabi contro le milizie jihadiste.

Il governo internazionalmente riconosciuto, ma che non ha dietro di sé la maggioranza dei libici, chiede pure la revoca del divieto della vendita di armi imposto dall'Onu nel 2011. E Tobruk avverte che il Califfato conquisterà altro terreno in Libia senza un intervento armato.

Le notizie sul crescendo di terrore a Sirte offrono lo spunto ai governi di Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Spagna e Stati Uniti per chiedere a tutte le fazioni libiche di essere unite contro l’Is, nonostante non sia chiaro dove corra il confine tra orrore e propaganda nelle ultime cronache.

In una riunione straordinaria al Cairo, oggi, la Lega Araba valuterà le richieste di Tobruk, che chiede di bombardare la roccaforte in Libia degli jihadisti: un’operazione già compiuta, mesi fa, dall’aviazione egiziana, senza sostegno internazionale, ma con la connivenza occidentale. I Paesi limitrofi, anche Tunisia ed Algeria, sono consapevoli che il deterioramento della sicurezza in Libia è una minaccia per tutto il Nord Africa.

Il ministro degli Esteri Gentiloni ripete che “la Libia rischia di diventare una nuova Somalia”. Ma già lo è, con due governi –a Tobruk e a Tripoli-, una enclave jihaidsta, una serie di potentati locali. E la mediazione dell’Onu avvicina i moderati, ma non coinvolge i duri delle diverse fazioni.

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