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venerdì 9 ottobre 2015

Iraq: l’Italia in guerra?, o sì o no, mai a metà

Scritto per il blog de Il Fatto Quotidiano lo 08/10/2015

Tanti discorsi di questi giorni mi sanno un po’ d’ipocrisia e molto d’amore della foglia di fico. Cioè, tutti i giorni tanti discorsi mi sanno d’ipocrisia e di passione per la foglia di fico. Ma ora mi riferisco in particolare a quelli che riguardano il ‘salto di qualità’ – espressione già imbevuta d’ipocrisia – della partecipazione dell’Italia alla guerra contro il sedicente Stato islamico in Iraq: adesso, gli aerei italiani –quattro Tornado e due Predator- ci stanno a fare i ricognitori; domani o quando sarà ci faranno i bombardieri, che è poi il loro mestiere.

‘Il Fatto’ ha sviscerato l’argomento nelle ultime 48 ore e non voglio qui essere ripetitivo. E’ stato ricordato come, davanti all’opzione militare in politica internazionale, una tentazione atavica e ricorrente dell’Italia è di esserci senza esserci, fare parte della coalizione –in Iraq nel 2003 come ora-, ma non partecipare alle azioni militari –almeno, non a quelle letali-.

Ora, i casi sono sempre due.

A - Se si è dei puristi del pacifismo, o se soltanto si usa la stella polare dell’articolo 11 della nostra Costituzione, “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, allora non c’è questione: la guerra è bandita, non la si fa punto; non che se ne fa un po’ –la parte ‘pulita’- e si lascia fare il resto –la parte ‘sporca’- agli altri.

Ché, in questo caso, è un po’ come fare il palo al ladro, o il basista al sicario: mica tu sei innocente e lui solo colpevole.

B – Se invece si ritiene che in certi casi la guerra sia legittima, quando ad esempio c’è l’avallo dell’Onu per il ripristino della legittimità internazionale –come fu il caso per la Guerra del Golfo del 1991-, o quando c’è da salvaguardare un bene superiore, la libertà, la giustizia, la democrazia, i diritti umani –come fu il caso per la guerra al nazismo-, allora se ne assume la scelta e la si fa: ovviamente, con l’uso della forza minimo necessario e indispensabile a conseguire l’obiettivo e cercando di azzerare i ‘danni collaterali’.

Allora, se siamo nel caso A, niente guerra e neppure niente Tornado e Predator ricognitori e aerei cisterna.

Se siamo nel caso B, poniamoci le domande: il sedicente Stato islamico rappresenta davvero una minaccia integralista terroristica che può essere fermata solo con la guerra?, e c’è un avallo della comunità internazionale in tal senso? Se le risposte sono positive, allora facciamo la guerra, ma facciamola subito e per intero, ché magari dura meno e forse serve.

In nessun caso, però, né nel caso A né nel caso B la guerra a metà è la risposta giusta.

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