Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 08/10/2015
Errori. O punture di spillo volute. Gli sconfinamenti di
aerei russi in territorio turco, nella campagna di Siria di Putin, acquistano
valenza politica. Come se Mosca volesse indurre Ankara a dimenticarsi i suoi disegni
di grande Turchia e le ambizioni egemoniche sunnite sull’intera Regione; e tastare il
terreno per ridisegnare i confini dell’area vecchi di un secolo, magari tenendo
pure conto delle ambizioni dei curdi, la più grande etnia al mondo senza uno
Stato di riferimento.
Intanto, i lealisti siriani, appoggiati dal cielo dai Mig
russi, impostano un’offensiva di terra: erano da mesi sulla difensiva, ora
passano al contrattacco. Ma non è chiaro quali siano i loro primi obiettivi. I
russi attaccano gli jihadisti anche dal mare: le navi da guerra che incrociano
nel Caspio hanno lanciato 26 razzi contro i miliziani, colpendoli da oltre 1500
km. Ma è polemica sull’efficacia dei tiri: Mosca e Washington si accusano a
vicenda di non colpire le forze del Califfo, ma i nemici, o gli amici, del
presidente Assad.
Finora, solo due dei 57 raid russi censiti hanno sconfinato
nei cieli turchi. Il premier Davutoglu assicura che Ankara non desidera che il
conflitto siriano si trasformi in una crisi tra con la Russia e , quindi, tra
Mosca e la Nato. Ma, avverte, la Turchia, membro dell'Alleanza Atlantica,
"non scenderà a compromessi sulla sicurezza dei suoi confini e del suo
spazio aereo". Il Partito della giustizia e dello sviluppo del premier –e
del presidente Erdogan- ribadisce il punto: la Turchia considererà eventuali ulteriori
violazioni del suo spazio aereo da parte di aerei da guerra russi "una
minaccia".
Putin, in realtà, cerca di minimizzare i rischi di spinosi
incidenti internazionali – ieri sera, s’è saputo che un caccia Usa ha cambiato
rotta nei cieli siriani, per non rischiare la collisione con aerei russi – e fa
sapere di avere ordinato ai suoi militari di interagire per le operazioni con
Stati Uniti, Turchia, Arabia Saudita, Iran e Iraq. Il portavoce del ministero
della Difesa russo, Igor Konashenkov, spiega che Mosca ha valutato la proposta
americana di cooperazione ‘tecnica’ e che restano da discutere solo dettagli
tecnici. Ma il segretario alla Difesa Usa Ashton Carter è molto meno positivo:
“Non intendiamo collaborare”.
Inoltre, il presidente russo dà per acquisite intese
politiche futuribili: il presidente francese Hollande gli avrebbe proposto
"un’interessante idea di alleanza tra le truppe di Assad e i ribelli
moderati", contro le milizie del Califfo e le bande di al-Nusra. Nessuna
conferma, per il momento, dall'Eliseo, finora sempre contrario a coinvolgere il
presidente siriano nel futuro del suo Paese. Da Strasburgo, Hollande giudica
“impossibile” ravvicinare le diverse componenti dell’opposizione siriana. E, da
Roma, dove è in visita, Carter è nettissimo: “La Russia in Siria sta seguendo
una strategia sbagliata, colpendo obiettivi che non sono” del sedicente Stato
islamico.
Mosca si dichiara disponibile a collaborare con il Pentagono
sul coordinamento della lotta all’Is, mentre i caccia russi compiono massicci
bombardamenti in due province siriane, liberando il campo per l’offensiva di
terra delle truppe di Assad contro al-Nusra. Ma i ribelli filo-Usa, i
moderati, che hanno più portavoce che combattenti, denunciano di essere stati
nuovamente bombardati dai russi, che avrebbero distrutto un loro deposito di
armi, il più importante, di un loro gruppo, Liwa Suqour al-Jaban, nella
provincia di Aleppo.
Secondo gli attivisti dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, raid e bombardamenti si sono ieri concentrati sul villaggio di al-Lataminah nella provincia di Hama e sulle città di Khan Shaykhun e Alhbit a Idlib, obiettivi dell’offensiva di terra del regime – sostenuta, secondo voci poco credibili, da ‘volontari’ russi -. Gran parte della provincia di Idlib è controllata da gruppi ribelli jihadisti, come i qaedisti del Fronte Al Nusra e altre fazioni. Ma là dove il regime è forte sarebbe già esplosa la ‘Putin-mania’.
Secondo gli attivisti dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, raid e bombardamenti si sono ieri concentrati sul villaggio di al-Lataminah nella provincia di Hama e sulle città di Khan Shaykhun e Alhbit a Idlib, obiettivi dell’offensiva di terra del regime – sostenuta, secondo voci poco credibili, da ‘volontari’ russi -. Gran parte della provincia di Idlib è controllata da gruppi ribelli jihadisti, come i qaedisti del Fronte Al Nusra e altre fazioni. Ma là dove il regime è forte sarebbe già esplosa la ‘Putin-mania’.
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