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venerdì 16 ottobre 2015

Usa 2016: i conti in tasca ai candidati, chi incassa e chi spende,

Scritto per LaPresse il 16/10/2015

Hillary Clinton e il suo rivale Bernie Sanders, di cui si direbbe che nessuno potrebbe scommettere un penny sulla sua elezione a presidente Usa, sono davanti a tutti gli aspiranti alla nomination repubblicana, nella classifica delle donazioni avute nel trimestre luglio/settembre. Una ragione -aritmetica, non politica- c'é: i democratici in lizza sono, di fatto, solo loro due, mentre i repubblicani sono ancora 15 e le donazioni sono, quindi, molto più distribuite.

La trasmissione dei dati alla Federal Electoral Commission (Fec), obbligatoria entro la mezzanotte del 15 ottobre, fornisce indicazioni utili a capire l'andamento della campagna. Hillary è, in assoluto, quella che incassa di più, ma pure quella che spende di più, intorno ai 30 milioni di dollari in entrata e oltre i 26 in uscita, mentre l'altro democratico, Sanders, incassa un po' meno e spende molto meno. Un'eventuale discesa in campo del vice-presidente Joe Biden ri-orienterebbe i flussi di denaro.

In campo repubblicano, il battistrada Donald Trump, magnate dell'immobiliare e showman, sta spendendo del suo e non è attivo nella raccolta dei fondi: la sua campagna è quasi in pareggio, avendo raccolto 5,8 milioni di dollari e avendone spesi 5,6 (ma nella sua dichiarazione non figurano spese per lo staff , che di solito sono la voce più grossa). Nel terzo trimestre 2015, Trump ha raccolto quasi 4 milioni: donazioni non sollecitate da circa 75 mila persone.

Lo showman non ha bisogno di pagarsi pubblicità perché radio e tv gliene fanno ampiamente, dando grande rilievo alle sue sortite, che sono veri e propri spettacoli. Per cui, le voci di spesa maggiori sono i cappelli e le magliette con il suo logo che regala ai suoi comizi (825 mila dollari) e le spese per il suo jet privato (725 mila dollari). Impossibile, però, dire, da questo quadro se la campagna di Trump sta davvero 'stallando', come molti sostengono, o se ha ancora margini di crescita.

I dati della raccolta dei fondi riportano decisamente in primo piano Jeb Bush. L'ex governatore della Florida, figlio e fratello rispettivamente del 41° e 43° presidente degli Stati Uniti, va sempre male nei sondaggi, ma di soldi continua a metterne un sacco in cassa; e i medici che gli hanno appena fatto un check-up assicurano che è un uomo di 62 anni di sana e robusta costituzione fisica, perfettamente abile a fare il presidente per i prossimi quattro e magari pure per otto anni.

Nell'estate, Jeb era un po' sparito dai radar dell'informazione, offuscato dalle mediocri prestazioni nei dibattiti televisivi e dagli alfieri dell'anti-politica repubblicani, Trump, Ben Carson il nero e Carly Fiorina la donna. I dati ora pubblicati lo confermano come uno degli aspiranti alla nomination più credibile, agli occhi dei domatori. Bush ha raccolto 13,4 milioni di dollari nel terzo trimestre: fra i candidati repubblicani, è secondo solo a Carson (l'ex neurochirurgo iper-conservatore è arrivato a 20 milioni). Il senatore del Texas Ted Cruz ha raccolto 12,2 milioni, l'ex ceo della Hp, la Fiorina, 6,8 milioni; il senatore della Florida Marco Rubio 6 milioni, il senatore del Kentucky Rand Paul 2,5.

Un'altra prospettiva è quella dei soldi in tasca ai candidati, che misura il rapporto tra quanto raccolgono e quanto spendono. Bush, che ha una campagna molto dispendiosa, e che partì in giugno con una dote di 114 milioni di dollari, ha 10,3 milioni, meno di Rubio (11), Carson (11,5), la Fiorina (13,5).

Una terza prospettiva è quella dei sondaggi. E qui Trump è stabile oltre il 20%, Carson è sopra il 19%, Rubio intorno al 10%, la Fiorina, lanciata dal dibattito di settembre, all'8,3%, Jeb solo al 7,3%, gli altri sono più giù.

Ma i dati del terzo trimestre significano che il partito e i suoi sostenitori finanziari tradizionali, che non si riconoscono di certo nel 'trio dell'anti-politica', e che anzi lo temono, continuano ad aggrapparsi a Bush. Per arrivare alla Casa Bianca, o almeno per evitare l'8 novembre 2016 una sconfitta rovinosa.

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