Nei bollettini ufficiali, la guerra d’agosto somiglia alla Blitzkrieg, la guerra lampo di tetra memoria: il giorno dopo i primi raid aerei Usa contro le postazioni jihadiste nella loro roccaforte libica, Sirte, le truppe del governo di unità nazionale Fayez al Serraj annunciano di essere riuscite ad avanzare nella città, conquistando il quartiere centrale di Al-Dollar.
Negli scontri con i guerriglieri del sedicente Stato
islamico, sono caduti cinque soldati governativi e 17 sono rimasti feriti. L’offensiva
per strappare Sirte agli uomini del califfo, che la tengono da oltre un anno,
dal giugno 2015, è in corso da maggio. Dall'inizio delle operazioni oltre 300
soldati sono stati uccisi e oltre 1.500 sono rimasti feriti. Non si hanno stime
attendibili delle perdite jihadiste.
La caduta della città sulla costa, dove Gheddafi nacque e
venne ucciso, sarebbe un colpo per l’Is, che sta già subendo rovesci sui fronti
siriano ed iracheno. Gli jihadisti, che a un certo punto qui sarebbero stati
alcune migliaia, si sarebbero ridotti a un migliaio, se non a poche centinaia:
cifre che variano a seconda delle fonti e su cui il ministri degli Esteri
italiano Gentiloni ha più volte mostrato scetticismo: i conti della guerra e
quelli della propaganda non sempre tornano.
Scattata in un momento di torpore dell’opinione pubblica
americana ed europea, e mentre la paura del terrorismo ottunde le resistenze
all’intervento armato, la guerra dei raid in Libia è nel filone degli
interventi militari ‘stile Obama’: in Pakistan, in Iraq, in Siria – in
Afghanistan, il quadro è diverso perché restano militari sul terreno-, il
nemico si combatte dal cielo, con raid e droni. Operazioni raramente decisive,
ma che sono un paravento dietro cui schivare le accuse d’inazione – ma il tema
è già diventato polemica elettorale tra Hillary Clinton e Donald Trump -.
Obama ha per il momento autorizzato operazioni per 30
giorni. Sette i raid già compiuti. L’obiettivo è conseguire la stabilità della
Libia e stemperare la crisi dei migranti.
In questo caso, però, i raid risuscitano rivalità interne
libiche e divisioni occidentali e non passano in proiezione la prova dell’Onu. Il Parlamento libico eletto, che siede a Tobruk e
che non ha ancora riconosciuto il governo al Serraj, ritiene “inaccettabile l’intervento
straniero” e giudica la richiesta da parte del premier “una violazione della Costituzione
e dell'accordo politico". Il presidente dell’Assemblea Aguila Saleh, intervistato
da Sky News Arabiya, chiede piuttosto “sostegno e aiuto alle nostre forze
armate, guidate dal generale Haftar, nella lotta al terrorismo".
La Francia riafferma a denti stretti il "pieno
sostegno" al governo al Serraj, che la scorsa settimana aveva chiesto
conto della presenza in Cirenaica di commando francesi a fianco delle forze di Haftar
appoggiate pure dall’Egitto. Ma Parigi mantiene un atteggiamento ambivalente:
con il governo d’unità nazionale, ma non contro il Parlamento di Tobruk.
La Russia, alleata di fatto dell’Occidente nella guerra al
terrorismo, boccia i raid: l’inviato di Mosca in Libia Ivan Molotkov li bolla
come “illegali”. Il Pentagono replica citando il diritto all’autodifesa contro
i terroristi. Su queste basi, un confronto nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu
non promette bene, anche se fonti del Palazzo di Vetro giudicano l’azione
americana “in linea con le risoluzioni.
L’Italia, nelle parole del ministro Gentiloni, si augura che
l'intervento Usa in Libia sia "risolutivo”: Daesh a Sirte “è concentrato
in 4-5 compound" e sradicarlo "sarebbe una messaggio molto forte
contro il terrorismo e per la stabilizzazione della Libia", cui le
autorità di Roma sono interessate perché "il 90% dei migranti in Italia arrivano
dalla Libia". In una telefonata con al Serraj, Gentiloni ribadisce la
disponibilità ad aiuti umanitari.
Oggi, le questioni intrecciate dei raid americani, della richiesta
libica e del coinvolgimento italiano saranno discusse in Parlamento. Sull’eventuale
utilizzo delle basi italiane, specialmente Sigonella, da parte dei caccia Usa
impegnati nei raid, il ministro ha detto: "Valuteremo se ci saranno
richieste; e, se prenderemo una decisione in questo senso, ne daremo
informazione al Parlamento".
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