Il Los Angeles Times parla di “senso di panico” fra i repubblicani e sonda addirittura l’ipotesi, poco verosimile, che Donald Trump abbandoni la corsa alla Casa Bianca, mentre si acuisce lo scontro tra il candidato repubblicano e il suo partito. I giorni della convention di Cleveland e dell’unità posticcia di quella kermesse sono lontani due settimane appena, ma sembrano remoti.
Per Trump, è un momentaccio: non ne azzecca una, perché ogni cosa che fa o dice gli si ritorce contro – in genere, a ragione -. Il primo passo falso di questa serie fu l’invocazione, magari scherzosa, al presidente russo Vladimir Putin perché scovasse le mail della rivale Hillary Clinton, nel pieno dei sospetti d’ingerenza di hacker russi in Usa 2016; l’ultimo, ieri, è stato la cacciata da un suo comizio di un bimbo che piangeva e dei suoi genitori.
L’unico episodio che non gli si è ritorto contro è stato la pubblicazione, sul New York Post, giornale che, tra l’altro, lo sostiene, di nuove foto della moglie Melania senza veli e in vago atteggiamento lesbico, risalenti a quando faceva la modella. La bellezza di Melania e l’inutilità della provocazione hanno attutito ogni possibile impatto negativo di quelle foto.
Lo scontro tra Trump e i leader del suo partito è riesploso dopo che il magnate ha rifiutato di sostenere lo speaker della Camera Paul Ryan e il senatore John McCain, già candidato alla Casa Bianca nel 2008, nelle rispettive campagne per la loro rielezione: l’8 Novembre, si voterà pure per rinnovare la Camera e un terzo del Senato, oltre che diversi governatori.
Sfidando per l’ennesima volta il ‘fair play’ politico, Trump ha detto al Washington Post che non sosterrà Ryan nelle primarie in Wisconsin o McCain in quelle in Arizona: entrambi hanno dato un consenso riluttante alla sua candidatura, criticando a più riprese alcune sue sortite e, in particolare, negli ultimi giorni il botta-e-risposta con i genitori di un capitano dell'esercito Usa, morto in Iraq, Humayum Khan, musulmano.
Trump ha lodato Paul Nehlen, il rivale di Ryan, e ha aggiunto: "Mi piace Paul, ma … abbiamo bisogno di una leadership molto forte. E non sono sicuro che lui sia abbastanza tosto, non ne sono affatto sicuro". Parole che echeggiano quelle di Ryan a maggio, quando gli chiesero se era pronto a sostenere la candidatura di Trump: "Non ce la faccio proprio".
Il fermento tra i repubblicani è altissimo: martedì, Richard L. Hanna è stato il primo esponente repubblicano al Congresso a dichiarare pubblicamente che voterà per Hillary.
E anche Meg Whitman, presidente e amministratore delegato di Hewlett-Packard, sosterrà la Clinton: "Come repubblicana orgogliosa, per me votare per il presidente è sempre stato semplice. Quest'anno è diverso", scrive su Facebook: "Votare repubblicano per lealtà sarebbe avallare un candidato che fa leva sull'odio, la xenofobia, la divisione razziale".
La ceo di Hp, che nel 2010 era stata candidata repubblicana a governatore della California, ha definito Trump un "demagogo", "imprudente" e "mal informato" e ha rivolto un appello agli elettori repubblicani perché lo "boccino" a novembre. La Whitman, tra i ricchi donatori del partito, con una fortuna valutata due miliardi di dollari, ha pure detto al New York Times che raccoglierà fondi per la Clinton: ha già donato 100mila dollari agli anti-Trump.
La raccolta di fondi dello showman, cui i fratelli Koch, tradizionali donatori repubblicani, hanno negato un solo centesimo, è nettamente indietro rispetto a quella dell'ex first lady, che a luglio ha messo insieme 90 milioni di dollari per le campagne sua e democratica – Trump poco più d'un terzo -.
Nonostante corra in sordina, rispetto al clamore che fa il suo antagonista, Hillary si ritrova in netto vantaggio in tutti gli ultimi sondaggi: se il poll Cbs la dà sette punti avanti, quello Cnn/Orc, che la vedeva dietro di tre punti dopo la convention repubblicana, la vede ora avanti di nove (52 a 43%).
L’orco e il bambino - Donald Trump caccia il bebè che piange a un comizio e lo disturba. E' l'ultimo scivolone dal candidato repubblicano alla Casa Bianca. In un primo momento, Trump é stato conciliante: "Non preoccuparti per il bambino … Amo i bambini … Che bel bimbo"; e ha continuato il suo comizio, ad Ashburn, in Virginia.
Ma siccome il piccolo non la smetteva, poco dopo ha cambiato idea. "In realtà, stavo solo scherzando: porti via il bambino di qui", ha detto, tra timide risate e accenni di applauso. Poi, con aria di sfida, s’è giustificato dinanzi al pubblico: "Mi ha creduto quando ho detto che mi piacciono i bambini che piangono quando parlo … La gente non capisce".
Il comizio di Ashburn è stato anche turbato dall'espulsione di due gruppi di manifestanti. (fonti vv – gp)
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