Il giorno dopo, l’Europa rimurgina sulla lezione di populismo impartitale dall’Austria: pulsioni xenofobe e nazionaliste si contrastano solo con azioni tempestive ed efficienti, là dove la gente percepisce crisi e insicurezza; e i partiti tradizionali non recuperano posizioni riconcorrendo gli xenofobi sul loro terreno, perché se la scelta è tra l’originale e un’imitazione gli elettori scelgono l’originale.
Così, la decisione del governo austriaco di ‘grande
coalizione’, i social-democratici del premier Werner Feyman e i popolari, di
scimmiottare l’estrema destra anti-immigrati erede, progettando barriere come i
Paesi balcanici e dell’Europa dell’Est che vi sono avvezzi ri rivela perdente,
oltre che sbagliata.
Il Partito della Liberta, Fpoe, la formazione fondata negli
Anni Novanta da Jorg Haider, scomparso in un incidente nel 2008, ha stravinto
il primo turno delle presidenziali. Per la prima volta dalla fine della Secondo
Guerra Mondiale nessuno dei due partiti alternatisi al potere dal 1945, i popolari
e i social-democratici, raggiunge il secondo turno.
Se l’internazionale euro-scettica continua a esultare,
a destra – e lo si capisce, fra xenofobi -, ma pure a sinistra – e, sinceramente,
non ha senso -, le forze politiche tradizionali sono sul chi vive: Matteo Renzi
parla di “campanello d’allarme” e invita l’Ue a investire contro i populismi;
ma campanelli ne sono già suonati molti negli ultimi anni e questo pare più un
gong fragoroso.
Al ballottaggio del 22 maggio vanno il vincitore del
primo turno Norbert Hofer, ingegnere, 45 anni,
che ha avuto il 36,4% dei voti, e il verde Alexander van der Bellen
(20,4%), economista di 72 anni che tra il 1997 e il 2008 aveva guidato gli
ecologisti austriaci, senza mai ottenere un risultato così positivo. Resta fuori
la candidata indipendente Irmgard Griss, che pure sorprende tutti con il 18,5%.
I candidati dei due partiti tradizionali, il
socialdemocratico Rudolf Hundstorfer e il popolare Andreas Khol, hanno
racimolato poco più dell’11% ciascuno. Il cancelliere Feyman ne deduce che “il
governo deve lavorare di più” e, magari, meglio. E resta da vedere se, a questo
punto, l’alleanza tra perdenti non subirà incrinature.
"Questo è l'inizio di una nuova era
politica", commenta il leader Fpoe Heinz-Christian Strache, che s’è tenuto
fuori dalle presidenziali per potere guidare il partito alle politiche nel 2018
(i sondaggi, oggi, gli accreditano un terzo dei voti). Per Strache, "una
cosa è ora chiara: l’ampia e massiccia insoddisfazione” popolare per l’azione del
governo.
E lo stesso Hofer, definito "la faccia amichevole
dell'Fpoe", uno che ama farsi vedere in pubblico con una pistola Glock (‘made
in Austria’), ha già minacciato di licenziare il governo, se non riuscirà a
fronteggiare gli arrivi dei migranti.
Ora, Hofer corre un po’: primo perché la carica di
presidente in Austria è meramente simbolica, più o meno come in Italia, e, una
volta eletto, non potrà certo fare il bello e il cattivo tempo; e secondo
perché arriva in testa al ballottaggio, ma non ha ancora vinto, essendo
possibile il formarsi alle urne d’una coalizione anti-xenofobi. Un po’
l’equivalente del ‘riflesso repubblicano’ che in Francia impedisce l’elezione a
presidente d’un, o una, Le Pen.
L’immigrazione e il rapporto tra il Nord e il Sud
dell’Unione europea, e anche tra l’Ovest e l’Est, essendo l’Austria sempre in
posizione di cerniera, sono i temi della rottura tra forze al governo ed
opinione pubblica, in un Paese che nel 2015 ha gestito 90 mila domande di asilo
– sarebbe come se l’Italia ne avesse trattato mezzo milione -. Ma i primi atti
del cancelliere Feyman dopo il voto fanno temere che la lezione dell’originale
e della copia non sia stata compresa: il governo, che ha già sospeso l’applicazione
degli accordi di Schengen e progettato una barriera al passo del Brennero, sul
confine con l’Italia, s’appresta a inaugurarla mercoledì e a dare a un giro di
vite ulteriore a tutte le frontiere.
Nessun commento:
Posta un commento