Scritto per www.GpNewsUsa2016.eu e Formiche.net il 21/04/2016
L’America conservatrice si sta assuefacendo all’idea
che un miliardario stravagante e un populista come Donald Trump possa essere il
candidato repubblicano alla Casa Bianca, dopo avere accettato l’idea che
potesse davvero essere un aspirante alla nomination (e non solo una macchietta
di cui scandalizzarsi, ma anche con cui divertirsi, nel pre-partita, ma poi
destinata a uscire di scena). Resta da vedere se l’America nel suo insieme si
abituerà all’idea che Trump possa diventare il presidente degli Stati Uniti.
Ma questo è un altro capitolo di questa campagna, che si
comincerà a scrivere dopo le convention, in estate, quando le eliminatorie di
partito saranno finite e si preparerà la finale per il titolo, che si giocherà
l’8 novembre.
Invece, l’idea che Hillary Clinton possa essere la candidata
democratica e pure il futuro presidente è radicata nell’Unione da almeno otto
anni. Per la ex first lady, ex senatrice, ex segretario di Stato, e pure ex
aspirante alla nomination, la difficoltà è piuttosto convincere gli americani
che questo non è un film già visto.
L’accettazione, certo non sempre entusiasta, spesso rassegnata,
o insofferente, dell’idea di Trump candidato è un corollario dell’esito delle
primarie di New York, che hanno dimostrato la sua forza (e anche la debolezza
dei suoi rivali). Mentre perde credibilità l’ipotesi di ribaltare l’andamento
delle primarie, un inverno e una primavera di voti ovunque nell’Unione, con una
sorta di ‘congiura di palazzo’ alla convention, tirando fuori dalla manica del
partito un asso più o meno vero. Anche perché di assi ce ne sono pochi in giro,
dopo che Mitt Romney e Paul Ryan, ammesso che lo siano, si sono sfilati, ormai,
s’è instillato il dubbio che la ‘matta’ che è Trump valga più di qualsiasi asso
e possa sparigliare il gioco.
Intanto, la campagna è già altrove, dopo le primarie
di New York: soprattutto in Pennsylvania, dove si vota martedì prossimo 26
aprile – è il giorno della Costa Est, con Connecticut, Rhode Island, Delaware e
Maryland -. Trump e la Clinton partono favoriti in Pennsylvania, lo Stato più
popoloso del lotto, ma devono lo stesso dribblare qualche difficoltà.
Il magnate dell’immobiliare, alle prese con l’ennesima
polemica – s’è ora scoperto che la licenza d’uno dei suoi aerei non è in regola
-, sta cercando di rendere più presidenziale la sua immagine, senza però
tradire il suo pubblico: in un’intervista a Fortune, dà il suo ok ai tassi
d’interesse bassi della Fed, ma ne boccia la responsabile Janet Yellen, di cui
annuncia il siluramento – sempre che lui diventi presidente -.
Anche Hillary ha i suoi problemucci: ieri diversi
manifestanti afroamericani sono stati scortati via da un suo comizio nel nord
di Filadelfia, dopo avere gridato di non votare per lei che "sta uccidendo
il popolo nero". Qualche tempo fa, sempre a Filadelfia, suo marito Bill, l’ex
presidente, era stato affrontato da alcuni contestatori per la legge sul
crimine varata quand’era alla Casa Bianca.
Ma Bernie Sanders, il rivale della Clinton, sta messo
peggio: è indietro nei sondaggi; ha perso l’economista Jeffrey Sachs, l’uomo
che gli aveva aperto le porte del Vaticano la scorsa settimana e che ora lo
lascia per evitare conflitti d’interesse con il lavoro di consulente dell’Onu;
e si irrita perché una maglietta lo associa, lui ‘socialista’, ai grandi leader
del comunismo di tutti i tempi. (gp)
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