Non è chiaro che cosa sia, il G5 di Hannover: se la nascita d’una nuova sigla dell’ordine mondiale; o una tappa del lungo addio di Barack Obama a fine doppio mandato; o uno scambio d’opinioni e d’informazioni, per fare il punto con gli alleati nel marasma di problemi che America ed Europa condividono, senza riuscire a risolverne nessuno, il Califfo, la Siria, la Libia, l’Ucraina e la Russia, il flusso dei migranti, le grane economiche e commerciali.
Prima a Londra con David Cameron, poi in Germania con
Angela Merkel, il presidente Obama si propone in versione paladino dell’Unione
europea e della sua coesione: vuole che la Gran Bretagna resti nell’Ue; ed elogia
le scelte coraggiose sui migranti della cancelliera tedesca, proprio quando l’opzione
della solidarietà sembra appannarsi. Ma soprattutto Obama chiede ai partner più
impegno nella lotta alla minaccia dell’integralismo: insomma, il presidente
‘europeista’ echeggia i messaggi che arrivano dalle campagne elettorali
democratica e repubblicana negli Stati Uniti, “Gli europei paghino di più per
la sicurezza comune”, in termini di spese e d’impegno.
Che il G5 – gli Stati Uniti e i quattro Grandi europei,
Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia – sia un nuovo protagonista
dell’ordine mondiale è lettura pretestuosa, anche se il premier Renzi ne trae il
messaggio altisonante che “l’Italia ha riconquistato una centralità
internazionale”. Dal castello nell’area di Hannover dove avviene il consulto,
escono più appelli che decisioni operative, a parte l’annuncio dell’invio in
Siria di 250 altri militari delle forze speciali americane, per dare un impulso
alla lotta contro gli jihadisti e migliorare l’addestramento delle forse in
campo contro il Califfo.
Ma non si può neppure ridurre la riunione a una tappa
del giro d’addio di Obama: di qui a gennaio, quei cinque si rivedranno al G7 in
Giappone, al G20 in Cina e al vertice della Nato in Polonia, solo per restare
agli appuntamenti già fissati. Forse, c’è anzi bisogno di ‘sincronizzare gli
orologi’ verso quei confronti con interlocutori invadenti, come la Cina e la
Russia, ma anche con alleati inquieti, come la Polonia e i Paesi dell’ex blocco
comunista.
Per l’Italia, il Vertice di Hannover, ‘intercettato’ non
a caso dalla richiesta di assistenza della Libia, per tutelare le risorse
petrolifere, conta soprattutto per il pieno sostegno degli americani agli
europei contro la migrazione illegale (e c’è pure la disponibilità a mobilitare
la Nato, già presente nell’Egeo, contro i trafficanti di persone).
Obama dice: "Un’Europa forte e unita è una
necessità per tutti noi”. E dà dell’integrazione quella visione positiva che
gli europei non riescono più ad avere: “Nel XX Secolo, questo continente viveva
in costante conflitto, la gente moriva di fame, le famiglie venivano separate.
Ora, la gente vuole venire qui esattamente per quello che avete creato: vi sono
genitori pronti a traversare il mare per dare ai propri figli cose che noi non
dobbiamo dare per scontate".
L’altro lato del messaggio americano è il monito
all'Europa ad aumentare gli sforzi per la sicurezza: "L'Europa è stata a
volte troppo noncurante rispetto alla propria difesa", afferma Obama,
esortando gli alleati della Nato ad aumentare le spese per la difesa fino a
raggiungere l'obiettivo, concordato, del 2% del Pil. E il presidente
preannuncia che rinnoverà l'appello al Vertice della Nato a Varsavia, a luglio.
Affiora anche la speranza di condurre in porto, entro
la fine della sua presidenza, il Ttip, cioè l’accordo di libero scambio
transatlantico: i negoziati vanno avanti, ma c’era la sensazione che l’intesa
fosse partita rinviata al prossimo presidente degli Stati Uniti. Invece, Obama
rilancia: è evidente che gli farebbe piacere chiudere il dossier commerciale
atlantico, dopo avere suggellato quello pacifico.
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