E’ complicata e contestata, ma pure affollata ed entusiasta, la campagna elettorale di Donald Trump in California, dove nelle ultime 48 ore il battistrada repubblicano è stato accolto a ogni evento da vigorose proteste. “Non è stato facile entrare”, ha ironicamente commentato ieri sera, presentandosi al pubblico che l’attendeva in un hotel di San Francisco. Fuori, la tensione era elevata: urla, spinte, fermi.
Nulla a che vedere con quanto avvenuto la sera prima a Costa
Mesa: il magnate dell’imprenditoria, che vi teneva un comizio davanti a
migliaia di sostenitori, è stato vivacemente contestato. Qui, siamo nel Sud
della California, in quell’Orange County che è una delle più ricche
dell’Unione, protagonista d’una serie tv di grande successo una decina di anni
fa. E lì, fuori dall’OC Fair & Event Center, si sono ripetuti incidenti che
già c’erano stati a St.Louis, a Chicago e a New York.
Una ventina le persone arrestate, dopo che la polizia,
intervenuta con molta decisione, in tenuta anti-sommossa e con agenti a
cavallo, ha disperso centinaia di manifestanti che avevano bloccato alcune
strade limitrofe al centro congressi, danneggiando veicoli delle forze
dell’ordine e lanciando sassi contro gli uomini in divisa. Vi sono stati tafferugli,
ma non si sono lamentati feriti.
Trump ha la nomination a portata di mano e, da settimane,
prova a mostrarsi ‘presidenziale’; ma continua a suscitare diffidenza e
addirittura insofferenza in larga parte dell’opinione pubblica americana. Dopo
la movimentata accoglienza, a San Francisco ha invitato il partito all'unità: "Sono nella posizione
migliore per battere Hillary
Clinton … La strada per la presidenza è dura per i repubblicani … Bisogna scegliere
un buon candidato".
E ha aggiunto: "Il
partito repubblicano non vince più. Ma io posso vincere in Stati in cui nessun altro
repubblicano vincerebbe", cioè a New York, in Florida, nel Michigan e in Pennsylvania,
dove, nelle ultime elezioni presidenziali, hanno sempre vinto i candidati
democratici.
Le contestazioni
di San Francisco, gli incidenti Costa Mesa sono segnali, gli
ennesimi, del livello di tensione e di scontro suscitato dalla campagna
elettorale per Usa 2016: le passioni pro e contro innescate da Trump, showman e
provocatore, che fa del suo ‘parlare franco’ un elemento distintivo, hanno
forse precedenti solo nei contrasti nati negli Anni 60 intorno alla campagna
razzista di Barry Goldwater. Anche se finora s’è per fortuna lontani dal clima
di violenza omicida del ’68, l’anno degli assassinii di Martin Luther King e
Robert Kennedy.
Il magnate dell’immobiliare è un catalizzatore di ostilità,
ma anche di consensi. Lo dimostra il fatto che s’appresta a battere il record
di voti avuti nelle primarie repubblicane che è di George W. Bush: nel 2000, il
futuro presidente ottenne 10,8 milioni di suffragi. Trump ha già superato i 10
milioni e mancano ancora una quindicina di Stati, fra cui proprio la
California, il più popoloso. Quattro anni fa, in tutte le primarie, Mitt Romney,
il candidato repubblicano poi battuto da Barack Obama, ebbe meno di 10 milioni
di voti; e così pure nel 2008 John McCain.
Su Politico, Eric Ostermeier, docente all’Università del Minnesota,
constata che solo otto candidati hanno incassato oltre 7,5 milioni di voti alle
primarie repubblicane: è "un dato scomodo per le forze anti-Trump"
dentro lo stesso partito, che vorebbero impedire a tutti i costi allo showman
d’ottenere la nomination. Anche se l’idea di tirare fuori un asso dalla manica
alla convention, se il magnate ci arriva senza la maggioranza assoluta dei
delegati, pare ormai tramontata.
Finora, non ci sono state tragedie. Ma Trump non annacqua le
posizioni più drastiche e conflittuali. Sul palco d’un comizio, sempre in
California, ha fatto salire familiari di vittime d’immigrati illegali: un modo
per rafforzare il messaggio che i clandestini, specie i messicani, sono tutti criminali
e che occorre alzare un muro lungo la frontiera con il Messico.
Ma la minaccia terroristica autoctona aleggia sempre sulla
campagna. Dopo quelle di Rubio e Cruz, anche la campagna di Trump ha ricevuto
una busta contenente polvere bianca, rivelatasi innocua, ma che evoca lo
spettro delle buste all’antrace che fecero vittime tra il 2001 e il 2002. (Il Fatto Quotidiano - gp)
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