Scritto per il blog de Il Fatto Quotidiano il 13/04/2016
L’anno prossimo, il 25 marzo 2017, ricorrerà il 60° anniversario
della firma dei Trattati costitutivi delle Comunità europee: economica (Cee),
del carbone e dell’acciaio (Ceca), dell’energia atomica (Euratom). Avvenne a
Roma, in Campidoglio, in un giorno di pioggia: sei i Paesi aderenti, Francia,
Germania, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Italia.
Negli anni, quei Trattati sono stati riscritti e le
Comunità si sono evolute: oggi, abbiamo un Trattato, quello di Lisbona, e un’Unione
europea. Né l’uno né l’altra hanno una bella cera, di questi tempi: l’Unione,
ancora convalescente dalla crisi economica e alle prese con la pressione dei
migranti, dovrà sottoporsi il 23 giugno a una delicata Tac con il referendum
britannico sull’uscita, o meno, dall’Ue.
Eppure, l’Italia s’è messa in testa – e bene ha fatto
– di celebrare l’anniversario del 25 marzo 2017, facendone – è l’ambizioso
obiettivo – un’occasione di rilancio dell’integrazione. Lungo il percorso verso
il traguardo, una tappa è stato un convegno svoltosi nella Sala della Regina
della Camera: centrato sul tema ‘Da Roma a Lisbona e oltre’, aperto dalla
presidente della Camera Laura Boldrini – oggi, la più attivamente ed
energicamente impegnata sul fronte europeo dei politici italiani – e condotto
dal sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi, che ha competenza ed
esperienza europee.
C’erano esponenti della Commissione europea e del
Parlamento europeo. E c’erano i responsabili europei dei tre Paesi che di qui
al 30 giugno 2017 gestiranno la presidenza di turno del Consiglio dei Ministri
dell’Ue e con cui quindi l’Italia deve coordinare i suoi sforzi organizzativi:
Olanda, Slovacchia e Malta.
Bene. Cioè male. I discorsi del ministro degli Esteri
olandese Berti Koenders, del sottosegretario agli Affari europei slovacco Ivan
Korcok e del vice-premier e ministro degli Affari europei maltese Louis Grech
erano la prova di quanto sia irto di ostacoli il cammino da percorrere. L’Olanda,
uno dei Sei fondatori, è da sempre portatore d’una visione dell’Europa più
mercantilista che idealista; la Slovacchia, un Paese di nuova adesione, pare,
come altri dell’Europa orientale, avere
cancellato dal proprio vocabolario politico la parola ‘solidarietà’; e Malta,
pure un Paese di nuova adesione, non ha una vera e propria filosofia europea,
ma adatta la posizione all’opportunità del momento. Le loro tre presidenze
messe in fila paiono prefigurare un percorso a zig-zag fitto d’ostacoli: uno
slalom a porte strette e in ripida pendenza, sul ghiacciato, dove si può finire
fuori, piuttosto che una gara di fondo, dove si fatica, ma si arriva al
traguardo.
Al giornalista che chiedeva se fossero favorevoli alla
revisione delle regole d’asilo per i rifugiati, lungo le linee della proposta
della Commissione europea, Koenders risponde che l’Olanda è ben disposta, ma
che il tempo le manca per approfondire il negoziato; Korcok che la Slovacchia è
scettica, ma che alla presidenza non farà ostruzionismi; e Grech che Malta è
favorevole, anche perché s’aspetta di essere fra i beneficiari della redistribuzione
dei richiedenti asilo. Una cacofonia.
L’Italia? Noi la revisione delle regole la vogliamo, ma c’è il timore fondato che il 25 marzo 2017 arriverà prima di un’intesa. In compenso, avremo presto, prestissimo, un logo per Roma 2017, frutto d’un concorso fra i ragazzi delle scuole, che sono pure stati sollecitati a ‘riscrivere’ i Trattati di Roma. Peggio che olandesi, slovacchi e maltesi insieme, i nostri ragazzi non faranno di sicuro.
L’Italia? Noi la revisione delle regole la vogliamo, ma c’è il timore fondato che il 25 marzo 2017 arriverà prima di un’intesa. In compenso, avremo presto, prestissimo, un logo per Roma 2017, frutto d’un concorso fra i ragazzi delle scuole, che sono pure stati sollecitati a ‘riscrivere’ i Trattati di Roma. Peggio che olandesi, slovacchi e maltesi insieme, i nostri ragazzi non faranno di sicuro.
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