Scritto per Il Fatto Quotidiano del 10/04/2016
L’Italia mantiene alta la pressione e dice
esplicitamente che il richiamo per consultazioni a Roma dell'ambasciatore è una
"misura immediata", ma è solo la prima: sugli altri passi,
"lavoreremo – afferma il ministro degli Esteri Gentiloni - nei prossimi
giorni". L’Egitto prova invece a raffreddare la temperatura incandescente
delle relazioni tra Roma e il Cairo: lascia intendere che sono in corso “contatti
al massimo livello” (ma non ve n’è traccia), ma alterna disponibilità alla
collaborazione e chiusure.
Sui tabulati, ad esempio, è scontro. Da Roma, parte
una nuova rogatoria. Al Cairo, ci sono fonti che fanno manfrina: “Se ce li
avessero chiesti, li avremmo dati” –ma perché, non li avevamo chiesti?-. E ce
ne sono che fanno catenaccio: “Non li daremo mai, altrimenti violeremmo la
Costituzione: ne va del rispetto della privacy” – come se contasse molto in
Egitto il diritto alla privacy dei cittadini, quando sono oppositori o anche
solo critici del regime -.
Il cambio di marcia nelle indagini per chiarire le
circostanze e le responsabilità della tragica morte di Giulio Regeni non c’è
stato. E politica, diplomazia e magistratura ne traggono le conseguenze.
Gentiloni, che è in Giappone, a Hiroshima, per una riunione del G7, oggi e
domani, ricorda quanto già detto in Parlamento, per le prossime mosse:
"Adotteremo misure immediate e proporzionali: ci siamo impegnati a farlo e
lo faremo". Ma l’Italia deve costruirsi una rete d’alleanze e di sostegni.
In Giappone, Gentiloni cerca dunque sponde internazionali,
più che mai utili vista la piega degli eventi. Oggi, ne parlerà col ‘ministro
degli Esteri’ europeo, la Mogherini, perché si muova pure l’Ue, che ha finora misurato
non le parole ma le reazioni (del resto, pure l’Italia s’è appena mossa). E non
è affatto escluso che il tema emerga anche nel bilaterale con il segretario di
Stato Usa Kerry: “Gli americani – osserva il ministro - sono in genere
sensibili alle questioni dei diritti umani" e hanno già mostrato, con
dichiarazioni persino irrituali, di esserlo anche sulla vicenda di Regeni.
Ma la strada dell’escalation delle misure, se l’Egitto
dovesse insistere a opporre un muro di gomma alle richieste italiane, è
impervia: si può ridurre il livello della rappresentanza italiana al Cairo, fino
ad arrivare alla rottura delle relazioni diplomatiche; si possono adottare
sanzioni diplomatiche, commerciali, economiche, limitare la libertà di
movimento in Italia e in Europa di responsabili egiziani.
Ma nessuna di queste mosse, se mai sarà fatta, ci avvicinerà
alla verità sull’assassinio di Giulio. Né cancellerà il peccato originale che
stiamo scontando in questa vicenda: l’eccessivo credito concesso a un Paese in
preda a convulsioni tra repressione e resistenza e a un regime frutto del
rovesciamento di un presidente legittimo e avventurandosi, dietro lo scudo
della lotta al terrorismo, in un’azione d’eradicazione cruenta dell’opposizione
interna.
Senza contare l’impatto boomerang sul nostro Paese e
pure il potenziale effetto negativo sulla crisi in Libia: al Sisi è un ‘grande
protettore’ del generale Haftar e del suo esercito e può tenere in stallo il
governo d’unità nazionale appena insediatosi a Tripoli.
In questo clima di incertezza e di frustrazione, il
Cairo manda segnali di distensione diplomatica, ma, nel contempo, di chiusura
da parte degli inquirenti. Il ministero degli Esteri ammette d’avere ricevuto
la notifica ufficiale del richiamo a Roma dell'ambasciatore d'Italia Maurizio
Massari. E media, citando fonti di rango diplomatiche, annunciano
"contatti in atto al più alto livello tra Egitto e Italia per tentare di
superare la crisi" e prevedono “una chiamata del ministro degli Esteri
egiziano Shoukry al collega italiano", che però non ci sarebbe ancora
stata.
Le stesse fonti escludono che il Cairo richiami l’ambasciatore
a Roma o “proceda a una escalation in tal senso”, perché “parlarsi è il modo
per superare la crisi". Mentre i commenti sulla stampa hanno accenti
nazionalistici, dopo il fallimento dell’incontro di Roma: c’è chi si mostra
offeso e pretende scuse.
Ma il dialogo fra inquirenti, al momento, pare un
dialogo fra sordi. In una conferenza stampa, all'arrivo al Cairo, gli egiziani
dicono di avere soddisfatto al 98% le richieste italiane e assicurano che la
cooperazione continua. Ma non chiedeteci i tabulati: la Costituzione lo vieta.
E prendetevi – è sottinteso - una delle nostre verità: ve ne abbiamo offerte
tante.
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