Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/05/2016
Se aspettiamo che la verità sul disastro del volo
MS840 ce la raccontino gli egiziani, allora l’attesa sarà lunga. Devono ancora
ammettere che il charter russo con 224 persone a bordo caduto sul Sinai il 31
ottobre 2015, poco dopo il decollo per San Pietroburgo, sia esploso per un attentato,
nonostante le rivendicazioni del sedicente Stato islamico e le ricostruzioni
russe. E devono ancora dirci chi e perché ha sequestrato e ucciso Giulio
Regeni, il ricercatore italiano di 28 anni scomparso il 25 gennaio e ritrovato
morto, dopo essere stato torturato, il 3 febbraio.
Sul caso dell’aereo di linea della Egyptair scomparso
in volo tra Parigi e il Cairo la notte tra il 18 e il 19 maggio, una settimana
fa, gli inquirenti egiziani alzano, per ora, un polverone d’informazioni precipitose
e contraddittorie, proprio come hanno fatto – e per Regeni continuano a fare –
negli altri due casi. Confusione da incompetenza?, o tattica di disinformazione?
Probabilmente, un po’ l’una e un po’ l’altra. Per sapere qualcosa di certo, dobbiamo
sperare nei satelliti americani e nel recupero delle scatole nere dell’Airbus
A320 inabissatosi nel Mediterraneo con 66 persone.
Ieri, è stato un susseguirsi di indiscrezioni e
smentite. Dopo che già nei giorni scorsi era stato annunciato il ritrovamento
delle scatole nere – poi smentito – ed erano state diffuse ricostruzioni
approssimative delle comunicazioni tra il pilota e i controllori di volo e
delle ultime presunte fasi del volo.
Al centro delle voci di ieri, i risultati delle
autopsie sui primi resti umani recuperati: prima, fonti mediche anonime hanno
sostenuto che le condizioni in cui sono stati trovati i frammenti dei corpi
suggerivano che l'aereo fosse esploso; poi, un portavoce del ministero della
Giustizia ha escluso che siano state trovato tracce di esplosivo nei tessuti
umani; infine il capo del team di medici legali, Isham Hisham Abdel Hamid, ha
smentito che ci sia stata un'esplosione a bordo: "Tutto quanto è stato
pubblicato è completamente falso".
E’ evidente il tentativo dell’Egitto di non avallare,
per quanto possibile, la pista dell’attentato, mancando, tra l’altro, qualsiasi
rivendicazione, forse per cercare di salvaguardare quel che resta
dell’industria del turismo nel Paese, dove, dopo la tragedia del Sinai, e per
il clima d’insicurezza innescato dalla repressione indiscriminata del regime di
al-Sisi, il flusso di visitatori s’è già ridotto dell’80%.
Secondo un comunicato della commissione d’inchiesta,
18 "gruppi di rottami" sono giunti al Cairo per essere esaminati. La squadra
di inquirenti egiziana, "cui partecipano inquirenti francesi",
"dà la priorità al ripescaggio dei corpi delle vittime e alla localizzazione
delle due scatole nere": "Navi da guerra egiziane e anche un
sottomarino battono la zona con unità francesi": nelle ricerche, è attiva l'Aviazione
egiziana, con "aerei francesi e greci". L’attenzione è puntata sul tratto
di mare tra l'isola di Karpathos, greca, e le coste settentrionali egiziane.
Il pool di tecnici ed esperti studia le informazioni
sul funzionamento dell'aereo, la manutenzione, “le ore di volo e
l'addestramento dei membri dell'equipaggio". A uno "studio
minuzioso" vengono pure sottoposte le schermate dei radar, "la meteorologia,
l'assistenza prestata all'aereo all'aeroporto di decollo, come tutte le
informazioni in possesso dei paesi sui quali è passato il velivolo".
A parlare di esplosione ieri è stato uno dei medici
legali del team investigativo, che ha esaminato decine di reperti umani: ha
detto che tutti gli 80 frammenti umani custoditi in 23 sacchetti e finora
esaminati sono piccoli e che "non c'é neppure una parte di corpo intera,
tipo un braccio o una testa, al massimo il palmo d’una mano".
Di qui, la deduzione dell’esplosione. Anche se esperti
fanno rilevare che, in questi casi, la disintegrazione dell’aereo può avvenire
in volo per una deflagrazione o all’impatto con l’acqua, secondo l’angolo di
caduta.
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