Preparare il
dopo Casa Bianca è un lavoro impegnativo, per un presidente degli Stati Uniti.
Se ha la fortuna di poterlo fare: perché morire, ammazzati o di malattia,
durante il mandato non è circostanza rara. Dal 1900 a oggi, è successo quattro
volte su 24 presidenti; e uno, Ronald Reagan, la scampò bella, quando, nel
1981, sfuggì a un attentato.
Qualche volta,
il ‘pensionamento’ avviene uno po’ bruscamente, magari inatteso: quando, ad
esempio, il presidente in carica viene battuto ed estromesso dalla Casa Bianca,
come accadde nel 1980 a Jimmy Carter, che se l’aspettava, e nel 1992 a Bush
padre, che se l’aspettava un po’ meno. Andò peggio, nel 1975, a Richard Nixon,
dimessosi prima d’essere cacciato al culmine dello scandalo Watergate.
Poi, c’è chi,
come Dwight Eisenhower o Lyndon Johnson, lascia la Casa Bianca vecchio
abbastanza da rassegnarsi alla pensione; e c’è chi non ha modo di godersela,
anche se l’età gliene darebbe diritto, perché vittima di un male che non
l’uccide, ma gli toglie lucidità: fu la sorte di Reagan per oltre un decennio. Ma c'è pure chi diventa campione di golf, come Gerald Ford, che ultra-novantenne, non rinunciava alle sue buche.
Con la speranza
di vita che s’allunga, e le carriere politiche che si fanno più precoci, tutti gli
ultimi presidenti, Bill Clinton, George W. Bush e ora Barack Obama hanno però
dovuto inventarsi un’esistenza dopo la Casa Bianca, come già fece Carter,
divenuto un attivista dei diritti umani e meritatosi come tale un Nobel per la
Pace ex post. All’inizio, tutti hanno da pensare alla loro biblioteca, custode
dei loro documenti e della loro memoria. Ma poi?
Bill Clinton,
nonostante i guai di salute, che lo hanno segnato, e la necessità di sostenere
la moglie nei suoi continui impegni elettorali, senatore dello Stato di New
York nel 2000, candidata alla nomination nel 2008 e di nuovo ora, ha creato la
Clinton Foundation e gira gli Usa e il Mondo facendo discorsi profumatamente
pagati e prestandosi ad operazioni culturali ed umanitarie. Nel suo futuro,
potrebbe esserci un Nobel, anche se Carter, perfino il suo vice Al Gore e un
affrettato Obama hanno un po’ inflazionato il rapporto tra il premio e la Casa
Bianca.
Come ha ora
fatto Obama, Clinton, nell’ultimo autunno della sua presidenza, girò un video che
voleva essere umoristico, ma era un po’ triste, alla Buster Keaton, su come
sono vuoti gli ultimi mesi alla Casa Bianca.
George Bush,
che, quand’era in carica, non vedeva l’ora di rifugiarsi nel suo tanch di
Crawford, in Texas, per fare lavori da cowboy, oppure andare in bicicletta, s’è
messo a dipingere, passatempo molto intellettuale per un come lui.
E Obama?, che
cosa farà?, se Michelle non si scoprirà velleità politiche, e lui non le dovrà
stare dietro. Il presidente non ha ancora scoperto le carte, ma, se ha
mostrato, nel discorso d’addio ai corrispondenti dalla Casa Bianca, sabato
sera, nella sala da ballo dell’Hilton di Washington, una notevole vena
umoristica, è difficile che aspiri alla successione del David Letterman Show. Per
quanto brizzolato e invecchiato dalla responsabilità, Obama non ha ancora 55
anni. Chi ha già scoperto le sue intenzioni è la figlia maggiore Malia, che,
finito il liceo, si prenderà un anno sabbatico, prima di andare all’Università
di Harvard, come papà e mamma. La Casa Bianca non logora solo i presidenti, ma
pure i familiari: uscitine, c’è bisogno di staccare per un po’.
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