Scritto per www.GpNewsUsa2016.eu e Formiche.net il 19/05/2016
Donald
Trump è andato a scuola di politica estera da Henry Kissinger, il Nobel per la
Pace e guru delle presidenze di Richard Nixon e Gerald Ford, l’uomo della
‘politica del pingpong’ con la Cina come della distensione in Europa con l’Atto
di Helsinki. Secondo il Washington Post, che ne dava l’annuncio, l’incontro di
Trump con Kissinger ha un duplice significato: proverebbe che il magnate sta
cercando di consolidare la sua preparazione in politica estera e che
l’establishment repubblicano gli si sta avvicinando.
Per Trump,
quando parla di politica estera, gli incidenti di percorso sono dietro l’angolo:
usa toni duri con la Cina e spicci con l’Europa, oltre che ultimativi verso il
sedicente Stato islamico. Ed esprime interesse quando non fascinazione per
alcuni ben noti uomini forti, come il presidente russo Vladimir Putin o – una
‘new entry’ – il dittatore nord-coreano Kim Jong-Un, l’erede di una dinastia che
porta avanti un programma nucleare e missilistico e che è spesso responsabile
di gesti pericolosi e provocatori.
Rispondendo
alla disponibilità di Trump a incontrare Kim, espressa in un’intervista, la
campagna della Clinton ha denunciato la “bizzarra attenzione” dello showman “per
uomini forti stranieri”. Anche se il terreno, per l’ex segretario di Stato, è
scivoloso: quand’era presidente, suo marito Bill, negli ultimi mesi alla Casa
Bianca, concepì il progetto, poi non realizzato, d’un avvicinamento proprio con
Pyonkyang.
Dopo avere
acquisito la quasi certezza della sua nomination, Trump rafforzato la squadra
‘esteri’ e ha esposto in un discorso una sorta di strategia del bastone e della
carota, sostenendo fra l’altro che "allentare le tensioni ... con la
Russia, da un punto di vista di forza, è possibile, assolutamente
possibile". Anche la Cina "rispetta la forza", ma gli Usa
"hanno perso la loro rispettabilità" consentendo a Pechino "di
approfittare di loro".
Esibendo un
mix di protezionismo e d’interventismo, lo showman ha pure messo in guardia
contro le "false sirene della globalizzazione". Lui non consentirà
all'America di stringere accordi "che limitano la sua capacità di controllare
i propri affari", com’è avvenuto con la Nafta – l’intesa a tre con Canada
e Messico - che "che ha svuotato i nostri Stati del manifatturiero".
E se la
diplomazia è importante e va perseguita, gli Usa di Trump invieranno truppe
all'estero "quando assolutamente necessario" e quando ci sarà
"un piano per una vittoria con la V maiuscola". Sul fronte
commerciale, "saremo pronti ad dispiegare le nostre risorse
economiche", leva finanziaria e sanzioni comprese, "se gli altri non
giocano secondo le regole". L'obiettivo è "più pace nel mondo, perché
ora c'è troppa distruzione"; ma gli interessi degli americani
"verranno prima di tutto".
Per rispondere alle accuse di mancanza di visione in politica estera e di una squadra di consiglieri adeguata, Trump s’è dotato di un team guidato dal senatore dell'Alabama Jef Sessions. Ne fanno parte, fra gli altri, l’esperto di antiterrorismo Walid Phares, il consulente per il settore dell'energia Carter Page, Joe Scmitz, che era al dipartimento della Difesa all’inizio del mandato di George W. Bush, e il generale Keith Kellogg, vicepresidente di una società di consulenza in tema d’intelligence (Caci International) con clienti in tutto il mondo. (fonti vv - gp)
Per rispondere alle accuse di mancanza di visione in politica estera e di una squadra di consiglieri adeguata, Trump s’è dotato di un team guidato dal senatore dell'Alabama Jef Sessions. Ne fanno parte, fra gli altri, l’esperto di antiterrorismo Walid Phares, il consulente per il settore dell'energia Carter Page, Joe Scmitz, che era al dipartimento della Difesa all’inizio del mandato di George W. Bush, e il generale Keith Kellogg, vicepresidente di una società di consulenza in tema d’intelligence (Caci International) con clienti in tutto il mondo. (fonti vv - gp)
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