Scritto per www.GpNewsUsa2016.eu e Formiche.net il 10/05/2016
Il candidato
repubblicano ‘in pectore’ alla Casa Bianca, Donald Trump, vedrà giovedì 12
maggio lo speaker della Camera, Paul Ryan, che non gli ha ancora dato il sostegno,
e il leader del partito al Senato, Mitch McConnell. Lo indica Politico, citando
fonti del Congresso. Nervosismi e polemiche nel partito sulla candidatura di
Trump restano elevati e lo scontro con Ryan è forte.
Il magnate
dell’immobiliare minaccia di chiedere la rimozione dello speaker dalla
presidenza della convention di Cleveland a luglio, se continuerà a negargli l’appoggio.
“Faccia pure”, è stata la risposta di Ryan, che, in un’intervista a un giornale
del suo Stato, il Wisconsin, ha tuttavia rilevato che una candidatura ‘indipendente’
contrapposta a quella dello showman sarebbe “disastrosa per il partito”.
Continuano, però, a circolare voci in merito e c’è chi chiede che scenda in
campo il candidato 2012 Mitt Romney.
Intanto,
Trump ha affidato al suo ex rivale Chris Christie, governatore del New Jersey,
il compito di guidare la transizione, in caso di elezione. Christie, fra i
primi notabili repubblicani a schierarsi con il magnate, dovrà cioè facilitarne
l’insediamento alla Casa Bianca nel periodo che intercorre tra il voto l’8
novembre, e il giuramento il 21 gennaio.
Dalla parte
di Trump, continua ad esserci Sarah Palin, candidata alla vice-presidenza nel
2008, e critica dei critici dello showman – Ryan agirebbe solo per calcolo
personale, volendosi candidare nel 2020 -, e s’è pure schierato Dick Cheney, il
vice di George W. Bush – la famiglia Bush, invece, s’è chiamata fuori dalla
mischia e dalla convention -.
John McCain,
senatore dell’Arizona, e candidato alla presidenza nel 2008, un politico molto
rispettato negli Stati Uniti, ha un po’ attenuato la presa di distanza dallo
showman, dicendo che “sarebbe assurdo ignorare le persone” che votano per lui e
che “bisogna ascoltarle”. Secondo McCain, il magnate potrebbe essere “un leader
capace”, specie in politica estera, ma dovrebbe scegliersi un vice che possa
unire il partito.
Quanto all’ipotesi
di scendere in campo a sostegno di Trump, McCain pone la pre-condizione che ritratti
le affermazioni lesive dei prigionieri di guerra – McCain lo fu per sette anni,
in Vietnam – e osserva: “Non ho mai visto una simile personalizzazione della
campagna elettorale, dove si mette in questione l’integrità delle persone”.
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