Prima Poroshenko
a Kiev ieri; poi Putin a Mosca oggi; e, subito dopo l’incontro al Cremlino, un
fiore sul luogo dell’assassinio di Nemtsov. Solo lì ci saranno risposte ai
giornalisti, mentre la dichiarazione congiunta ufficiale alla stampa non sarà
stata seguita da domande. Su richiesta italiana, viene precisato.
Tempi e modi
della visita a Mosca, la prima da premier, di Matteo Renzi lasciano presagire
incontri e toni conflittuali.
Renzi ha portato
a Poroshenko -dicono le cronache- il sostegno dell’Italia nel contenzioso con
la Russia e la condivisione dell’Italia alla linea dell’Ue, fatta di sanzioni diplomatiche
contro esponenti russi e filo-russi e di misure finanziarie. A Kiev, il premier
ha chiesto il rispetto dell’indipendenza e della sovranità ucraine e
l’applicazione degli accordi di Minsk - negoziati con l’avallo di Francia e
Germania, non dell’Italia - per una pace duratura.
E va a dire a
Putin che la Russia deve smetterla di soffiare sul fuoco nell’Ucraina
orientale, armando gli insorti e fornendo loro assistenza logistica e
umanitaria; e magari deve pure restituire la Crimea all’Ucraina e deve mostrare
più rispetto per le regole della democrazia, per l’opposizione, per le
minoranze.
E’ però
improbabile che il “giovane premier”, come lo definisce il Cremlino, sia proprio
così duro con Putin: giusto giusto quanto il gioco delle parti lo richiede.
Perché gli interessi italiani economici e commerciali, in primo luogo
energetici, con la Russia, sono molto, troppo alti: siamo con la Germania il
Paese dell’Ue più dipendente dall’energia russa e quello che ha più
interscambio; e siamo il Paese dell’Ue più colpito dalle ritorsioni russe alle
sanzioni europee.
E’ improbabile
che l’Italia possa essersi allineata, da un giorno all’altro, a Polonia e
Baltici, i più anti-russi dei 28, dopo essere stata uno dei Paesi dell’Ue più
filo-russi. E l’intesa personale fra Berlusconi e Putin c’entra solo
fino a un certo punto.
E cantarle
chiare a Putin sui diritti dell’uomo sarebbe in contraddizione con la tolleranza
che la diplomazia renziana mostra verso altri Paesi, e altri leader, che dei
diritti dell’uomo (e di quelli delle opposizioni e delle minoranze) mostrano
ben poco rispetto, dai dittatori dell’Asia centrale al neo-satrapo d’Egitto.
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