In
galera o al creatore: gli oppositori di Putin non se la passano bene. Quella di
Boris Nemtsov è l’ultima, in ordine di tempo, d’una serie di eliminazioni di
personaggi scomodi per il presidente zar, senza che nessuno dei misteriosi
omicidi possa essere direttamente collegato al Cremlino come mandante.
L’elenco
sommario è agghiacciante: Anna Politkovskaia, una giornalista, freddata a colpi
di pistola il 7 ottobre 2006; Alexander Litvinenko, una ex spia di Mosca, avvelenato
con il polonio a Londra, sempre nel 2006: Boriz Berezovski, un oligarca, morì a Londra nel 2013 in circostanze mai
chiarite, forse suicida. Ed è in carcere Alexiei Nalvalni, mentre sono
all’estero dopo avere sperimentato il carcere o per sottrarvisi Mikhail
Khodorkovski, l’ex uomo più ricco di Russia, e Garri Kasparov, l’ex campione
del mondo di scacchi.
Fare
l’oppositore, nella Russia di Putin, non è un mestiere che garantisce la
sopravvivenza (e tanto meno il successo). “Un assassinio crudele e una
provocazione” è il giudizio del Cremlino dell’omicidio di Nemtsov. Ma non c’è
da illudersi che l’episodio inciderà sugli assetti del potere a Mosca, al di là
dell’amplificazione che la manifestazione di protesta di domenica ne ha
ricavato, trasformandosi da marcia anti-governativa in marcia funebre “contro
la paura”.
Onu,
Usa, Ue chiedono indagini indipendenti e trasparenti. Ma il sistema giudiziario russo non dà certo
garanzie di indipendenza e trasparenza.
Intervenendo
–pare quasi ironia della sorte- al Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni
Unite, ieri, a Ginevra, il ministro degli Esteri russo Serguiei Lavrov ha detto:
"E’ un crimine atroce", ma "è abominevole"
strumentalizzarlo con "interpretazioni politicizzate, non provate e
provocatorie". L’inchiesta va avanti, con una fidanzata che non ricorda
–magari, è meglio per lei-, telecamere che non funzionavano, la polizia che
impiega 10’ per arrivare sul luogo del crimine accanto al Cremlino –dove i poliziotti
pullulano-.
Ma
anche se ci sono forti sospetti che l’omicidio Nemtsov abbia “una matrice
politica”, Putin, - dice Ettore Greco, direttore dell’Istituto Affari
Internazionali- non si preoccupa tanto della sua immagine in Occidente,
comunque già compromessa, quanto si preoccupa del suo potere in Russia. E in
patria il presidente gode d’una popolarità solidissima, che la fermezza nel
reprimere, se non nell'eliminare, l’opposizione interna non ha intaccata. Anzi,
magari l’ha rafforzata.
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