La Germania è l’assoluta protagonista della politica europea. Beh?, sai che novità: mica ci volevano i soloni di un ‘think tank’ per capirlo. Invece, la novità c’è ed è grossa: perché la pagella 2015 dell’Ecfr riguarda la politica estera europea, non quella economica, dove la leadership tedesca è persino ingombrante tanto è palese.
I giudizi dello
European Council on Foreign Relations si riferiscono al 2014 –quindi, non
tengono conto della ‘tregua di Minsk’ mediata da Francia e Germania tra Russia
e Ucraina, o della crisi di Libia- e appaiono piuttosto generosi, se
confrontati con il comune sentire dell’opinione pubblica, che avverte più
l’assenza che la presenza di una politica estera europea.
In Italia, ciò
è, oggi, ancora più evidente: la nomina di Federica Mogherini ad Alto
Rappresentante per la politica estera e di sicurezza europea aveva fatto
immaginare –complici le grancasse di leader e media- un sussulto europeo, che però
non c’è finora stato. Ma questo sarà tema della pagella 2016.
Certamente, il
contesto 2014 della politica estera europea è stato difficile –e lo resta-, con
le crisi che hanno messo le tende ai confini dell’Unione: a Est, la Russia s’è
annessa la Crimea, mentre l’Ucraina orientale è tuttora dilaniata da un
conflitto interno; a Sud, l’auto-proclamato Califfato ha preso il controllo di
buona parte della Siria, dove intanto è continuata la guerra civile, e del Nord
dell’Iraq; il contagio del sedicente Stato islamico s’è esteso ad altri Paesi
fin alla Libia, e il conflitto in Siria ha amplificato l’emergenza profughi, con
la tragedia umanitaria nel Mediterraneo che continua a essere dolorosa cronaca.
Senza contare,
per l’Ue, le vicissitudini interne, economiche, sociali, politiche, con
l’avanzata dell’euro-scetticismo certificata, a maggio, dalle elezioni per il
rinnovo del Parlamento europeo.
Su questo sfondo,
la pagella dell’Ecfr mette in risalto tre punti: 1) il declino delle relazioni con
la Russia, dov’è “svanita l’illusione di una partnership”, anche perché Mosca
ha riportato in scena la politica della forza; 2) l’affermarsi della Germania
come protagonista, mentre la Francia si sarebbe allontanata dal centro della
scena europea, pur continuando a fare da apripista là dove ha interessi
strategici, mentre Gran Bretagna e Svezia sono leader sui fronti del rispetto
dei diritti umani e degli aiuti allo sviluppo e umanitari; 3) un giudizio non
negativo –ed è qui che gli esperti dell’Ecfr appaiono generosi- sulla politica
estera europea 2014 nel suo insieme, basato soprattutto sull’unità nelle
sanzioni a Mosca, nonostante le amnesie nel Medio Oriente e il tran-tran con
Usa e Cina.
La pagella
individua Paesi che fanno da leader della politica estera europea e paesi che la
frenano: la Germania figura 17 volte come leader, davanti a Gran Bretagna e
Svezia (11 volte ciascuna), Francia (8) e Polonia (6). Il Paese che più frena è
Malta (tre volte), mentre Gran Bretagna, Francia, Polonia, Olanda, Austria,
Rep. Ceca, Romania frenano due volte ciascuna. L’Italia non sta sul podio in
nessuna classifica.
L’Italia, che
nel 2013 aveva profittato della spinta data alla sua politica estera da Emma
Bonino, è stata più in penombra nel 2014, tornando in seconda linea come negli
ultimi anni, con appena quattro prestazioni da leader (contro le 9 dell’anno
precedente), sul Ttip, il binomio privacy e intelligence, la Libia, l’Afghanistan,
ma nessuna da ‘frenatore’.
Nelle sei aree specifiche
individuate, i voti, espressi con metodo anglosassone, sono Russia B-, quasi
buono -ed appare veramente un premio esagerato, per una politica che ha prima
innescato e poi esasperato il conflitto, schierando l’Unione con una parte contro
l’altra-; Stati Uniti B, buono; allargamento europeo B-, quasi buono; Medio
Oriente e NordAfrica, C, sufficiente; Asia e Cina B-, quasi buono; questioni
multilaterali e gestione delle crisi B-, quasi buono.
Ad abbassarli
tutti d’un punto non si sarebbe fatto torto alla realtà.
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