Scritto per www.GpNewsUsa2016.eu il 25/03/2015
2015/03/25 - Gli americani non vogliono un altro Obama alla Casa Bianca. Facile
commentare con una battuta quanto emerso da un recente sondaggio di Cnn e Orc
International: stiano tranquilli, che non corrono il rischio di ritrovarselo,
visto che il presidente democratico sta esaurendo il suo secondo mandato e non
è più rieleggibile. Ma il dato implica la bocciatura del tipo di presidente che
Obama è stato e delle scelte che ha fatto: il 57% del campione di elettori intervistato
ha risposto che il successore dovrebbe cambiare gran parte delle politiche
attuate dalla Casa Bianca dal 2009 in poi, mentre solo il 41% vorrebbe una
continuità con l'azione di Obama. Certo, una buona componente di questo
risultato sono l’ ‘effetto stanchezza’ e l’ ‘ansia alternanza’: dopo un po’,
gli americani si stancano del loro presidente e vogliono cambiarne il volto e i
modi. Per il 59%, il candidato ideale deve essere un leader già affermato e non
un volto nuovo della politica: quasi un identikit di Hillary Clinton. E sempre
il 59% preferisce un candidato con esperienza di governo piuttosto che un
politico che abbia solo lavorato come legislatore nel Congresso o nelle
assemblee parlamentari statali: meglio, quindi, un governatore che un senatore.
Tutto indica che i motori della campagna 2016 si stanno mettendo in moto: i
sondaggi, l’annuncio della candidatura alla nomination repubblicana di Ted
Cruz, ieri l’incontro di Obama con Hillary alla Casa Bianca. Un colloquio
durato oltre un’ora, durante il quale gli argomenti da trattare erano molti: il
rapporto tra il presidente e l’ex segretario di Stato in campagna, gli
strascichi delle polemiche che hanno recentemente colpito l’ex first lady,
l’osmosi in corso di personaggi dallo staff di Obama a quello di Hillary. Non è
ancora noto quando Hillary annuncerà la sua candidatura alla nomination
democratica, ma molti si attendono una primavera fitta di annunci, perché i
candidati, una volta dichiaratisi, possono davvero cominciare a raccogliere fondi
per la loro campagna: ce ne vorranno tanti, di soldi, e cominciare presto a
fare cassa può essere un vantaggio. Anche se Hillary parte quasi senza rivali
fra i democratici, perché il vice-presidente Joe Biden esita –come è solito
fare- e il governatore del Maryland Martin O’Malley non pare fare il peso.
Hillary può solo temere di cadere in qualche trappola: dall'account personale
di posta elettronica utilizzato quando era segretario di Stato ai soldi donati
alla Fondazione di famiglia da molti governi stranieri, tra cui l'Arabia
Saudita, i cui rapporti con gli Usa sono solidi, ma non sono idilliaci, sia per
questioni di diritti umani e civili sia per l’appoggio a gruppi dell'estremismo
islamico. "Ridia i soldi all'Arabia Saudita", la provoca il senatore
Rand Paul, che denuncia l'incoerenza di Hillary nel promuovere il ruolo delle
donne e poi accettare denaro da un Paese che "è in guerra con le
donne". (gp)
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