Scritto per EurActiv lo 05/09/2013
Mai, forse, un G20 era stato
circondato da tanta attesa. E l’economia c’entra davvero poco, anche se il
premier Enrico Letta spera che il Vertice sancisca la fine della crisi e certifichi
l’emancipazione dell’Italia dal ruolo di sorvegliato speciale. La crisi siriana
polarizza l’attenzione: i contatti bilaterali e gli ‘a margine’ diventano più
importanti delle sessioni plenarie; Emma Bonino spera che i leader abbiano “un
confronto utile” a sbloccare lo stallo e tracciare un percorso per una
soluzione politica.
Siamo al paradosso: il G20,
praticamente sorto dalle rovine del G8 dell’Aquila per affrontare la crisi
dell’economia globalizzata, esautorando di fatto il Gruppo dei Grandi, ha
vivacchiato per un lustro senza affermare la propria leadership e deve ora
surrogare d’urgenza il G8 su una questione di vita o di morte, una di quelle che i Grandi s’erano un
po’ tenuti come prerogativa. In un clima, almeno tra Usa e Russia, che per
molti versi evoca la Guerra Fredda.
La vigilia è stata un crescendo
di grida di guerra, altroché mosse di pace. Oggi, papa Francesco scrive al
presidente russo Vladimir Putin, presidente di turno del Vertice, e lancia un
appello ai leader del mondo: dovere morale è trovare una soluzione che eviti il
massacro. E, anche per l’input del papa, lo scenario potrebbe cambiare, nel
giro di 48 ore.
Intorno al tavolo di San
Pietroburgo, Putin, presidente di turno e padrone di casa, e il presidente Usa
Barack Obama non siedono vicini: i leader prendono posto secondo l’ordine
alfabetico, non quello cirillico -Russia e Stati Uniti sarebbero accanto-, ma
quello inglese. Ecco frapporsi Arabia Saudita, Sudafrica, SudCorea, Turchia e Gran
Bretagna.
Sedie lontane. E posizioni
lontane, almeno all’inizio, specie sulla Siria, Sulla Neva, Obama inanella i bilaterali.
Letta assicura tra Usa e Italia non c’è nessuno strappo, anche se Washington
vuole punire Damasco per l’uso del sarin contro i civili e Roma subordina
l’azione all’avallo dell’Onu, che non c’è. Previsti pure contatti Usa/Russia: i
rischi in Siria sono troppo alti per tenersi il broncio, al di là delle
smargiassate dei vari campi.
L’Ue c’è, ma –proprio sulla
Siria- è più sparpagliata che mai: la Francia ha le mani che prudono (e
Hollande sta con Obama); la Gran Bretagna pure, ma i Comuni hanno imposto
l’altolà a Cameron; Germania e Italia di stare con i volenterosi che attaccano
la Siria non ci pensano neppure.
Nato nel
1999 come foro dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche
centrali e creato per favorire la globalizzazione e la concertazione, tenendo
conto delle economie emergenti, il G20 assunse al rango di vertice nel novembre
del 2008 a Washington, allo scoppio della crisi economica e finanziaria. L’anno
dopo, gli appuntamenti furono addirittura due: Londra, ad aprile, e Pittsburgh,
a settembre, dove si decise che il G20 sostituisse il G8 come strumento di concertazione economica delle nazioni più
sviluppate.
Il G20 rappresenta i due terzi del
commercio e della popolazione mondiale, oltre al 80% del il mondiale.
I seguiti di Pittsburgh non furono però all’altezza delle premesse: Toronto e
Seul 2010, Cannes 2011 e Los Cabos in Messico 2012 sono serviti a constatare
l’andamento della crisi più che a indirizzarlo. L’incognita è se San
Pietroburgo saprà spingere il Mondo verso la pace.
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