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mercoledì 18 settembre 2013

Transatlantic Trends: l’Italia ce l’ha più con l’Europa che con l’America

Scritto per AffarInternazionali ed EurActiv del 18/09/2013

Il 16 ottobre, il presidente del Consiglio italiano Enrico Letta sarà ricevuto a Washington, nello Studio Ovale della Casa Bianca, dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Un tempo - non lontano, invero -, visite del genere servivano a ricevere una sorta d’investitura dal “grande amico ed alleato” americano. Oggi, a parte che c’è l’incertezza se la visita sia d’investitura o di commiato, credibilità e appoggio li si va a chiedere prima a Bruxelles che a Washington: lo fece Mario Monti, l’ha fatto Letta.

Ma per l’Italia, e per gli italiani, i rapporti transatlantici restano importanti - magari un po’ scontati, e quindi un po’ noiosi nella loro ovvietà -, come dimostra e conferma l’analisi Transatlantic Trends 2013. Tra noi e gli Usa fila tutto liscio o quasi; e Obama continua a piacerci –non tanto come prima, però-, nonostante la sorpresa, quasi lo shock, di certe sue scelte in politica estera.

Quest’anno, il rapporto ci rivela un’Italia particolarmente insoddisfatta e diffidente: non degli Usa, ma dell’Ue; e sul chi vive nei confronti della Cina, soprattutto, e pure degli altri Paesi emergenti – due su tre considerano la crescita cinese una minaccia, non un’opportunità -. E’ un’Italia che, come il resto d’Europa, tende a chiudersi su se stessa e a negare solidarietà, magari sentendosela negata. Ed è un’Italia che in generale segue la tendenza espressa dagli altri europei e spesso la estremizza. Ed è un’Italia, infine, che accumula le contraddizioni:

Siamo i più insoddisfatti della politica economica del nostro governo contro la crisi, ma siamo pure molto critici delle scelte dell’Ue e insofferenti di quelle di Angela Merkel. Ma abbiamo più rispetto per il cancelliere tedesco che per i leader dell’Unione e per i politici nostrani, la cui stima è in calo -e questo già lo sapevamo-.

Siamo i più convinti che l’attuale sistema economico va a beneficio di pochi e non contribuisce affatto a un’equa distribuzione delle risorse disponibili: lo pensa il 93% degli italiani intervistati. Pensiamo che sia necessario ridurre la spesa pubblica e siamo fra i più disponibili a tagliare le spese per la difesa, ma siamo ostili a tagliare quelle per il welfare e siamo i meglio disposti ad aumentare gli interventi per i trasporti e le infrastrutture e per la scienza, l’innovazione e l’istruzione.

Dell’euro, abbiamo un’opinione migliore di spagnoli, portoghesi e persino francesi, per non parlare di polacchi, svedesi e britannici, che, infatti, ne sono fuori. Però, tedeschi ed olandesi ci credono, ovviamente, molto più di noi: in tre anni, la percentuale degli italiani che pensano che l’euro sia stato negativo per l’economia è salita dal 46 al 58%, un pessimo viatico per le elezioni europee dell’anno prossimo. E suona tetro pure quel 49% che boccia l’Ue nel suo insieme. Attenzione!, però: le critiche alla moneta unica e all’Unione europea si sprecano, ma di uscirne nessuno o quasi ci pensa davvero (non solo in Italia).

La riluttanza alla solidarietà si misura bene sull'immigrazione: dopo i portoghesi, pure molto segnati dalla crisi, siamo i più preoccupati dagli immigrati irregolari (86%), una tendenza che è però forte in tutto il Mediterraneo; e siano i più inclini a considerare l’immigrazione un problema e non un’opportunità, 82%, alla pari con i polacchi e, anche in questo caso, secondi solo ai portoghesi. Si direbbe quasi che i popoli con una storia d’emigrazione, più o meno recente, siano oggi i più freddi e i meno generosi nei confronti di quanti oggi vivono questa situazione.

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