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domenica 1 settembre 2013

Vaticano: Francesco; Esteri, un prete extra cordate curiali

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 01/09/2013

Appena eletto, Francesco scherzò dicendo che i vescovi erano andati a cercare il papa “quasi alla fine del Mondo”. Ora, il papa va lui a cercarsi il segretario di Stato quasi alla fine del Mondo, in Venezuela, dove l’arcivescovo Pietro Parolin era nunzio dal 2009. Personaggio estraneo a cordate e gruppi di potere curiali, l’allora sotto-segretario per i rapporti con gli Stati era un vaso di coccio. Allontanato e spedito in un Paese difficilissimo, l’esperto e mite Parolin è riuscito a riportare una certa serenità nei rapporti tra Stato e Chiesa, nel delicato passaggio della morte e della successione di Hugo Chavez.

Se Papa Francesco giudica il rischio principale per la sua missione l' "acqua stagna", dove sguazza il carrierismo ecclesiastico, le decisioni di ieri sono sassi che fanno onde lunghe: oltre alla nomina di Parolin, fa rumore la conferma di monsignor Georg Gaenswein, padre Georg, il fedele segretario di papa Ratzinger, alla guida della Casa Pontificia, a dispetto di chi vorrebbe vedere tagliati i canali tra i due pontefici.

La nomina di Parolin è considerata addirittura “dirompente” da chi conosce il Vaticano, non solo perché segna il ritorno di un diplomatico a capo della Segreteria di Stato, al posto del cardinale Tarcisio Bertone, un estraneo alla carriera. Papa Francesco l’ha maturata “in assoluta solitudine” e anticipata a una cerchia ridottissima, fra cui al cardinale Jean-Louis Tauran, lo storico ‘ministro degli esteri’ vaticano, un grande estimatore di Parolin, che volle nel 2002 sotto-segretario. La fuga di notizie sulla scelta non l’ha fatta saltare, perché il ‘giochetto’ era facilmente attribuibile.

L'arcivescovo Parolin, 58 anni, di Schiavon in provincia di Vicenza, conosce bene l’America latina, come pure l’Asia e l’Africa. Il segretario di Stato designato studiò nel seminario a Vicenza e  divenne sacerdote nel 1980. Conseguita la laurea in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Gregoriana, nel 1986 entrò nel servizio diplomatico della Santa Sede, lavorando in Nigeria dal 1986 al 1989 e in Messico dal 1989 al 1992.

Nei sette anni vissuti da sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati, cioè vice-ministro degli Esteri, collaborando coi cardinali Angelo Sodano e Bertone, s’era occupato soprattutto di Cina, Vietnam e Israele. Prima di partire per il Venezuela, era divenuto arcivescovo ad personam di Acquapendente.

Parolin, che assumerà l’incarico il 15 ottobre, senza ereditare tutto il potere del cardinale Bertone, potrebbe ricevere la porpora nel primo concistoro utile: è il più giovane segretario di Stato vaticano dai tempi di Eugenio Pacelli, poi Pio XII, che lo divenne nel 1930 a 54 anni. La sua missione sarà di contribuire a consolidare l’immagine di una Chiesa aperta e non assediata voluta da Francesco. Fra i dossier caldi che dovrà affrontare, le tensioni in Medio Oriente, con i venti di guerra In Siria.

Nella missione in Venezuela - riporta Il Sismografo, sito ben informato sulla Santa Sede -, il nunzio mantenne un rapporto positivo col presidente Chavez, ostile alla chiesa venezuelana e indifferente ai rapporti con la Santa Sede, e gestì con efficacia le relazioni con il successore, Nicolas Maduro. Gli viene in particolare reso merito del miglioramento del rapporto tra governo ed episcopato, dopo l'udienza di Papa Francesco al presidente Maduro.

Malgrado l’esperienza internazionale, l’arcivescovo, orfano di padre a 11 anni, è legato al suo paese e alla sua famiglia. Le campane hanno ieri suonato a festa a Schiavon, dove torna ogni anno: dice messa, s’informa delle novità e, soprattutto, trascorrere qualche giorno con la mamma, Ada Miotti, 85 anni, maestra, ancora autonoma –un ‘rito’ quest’anno abbreviato dalla chiamata papale-.

Un po’ di maniera i commenti italiani alla sua nomina: “Le relazioni si arricchiranno”, Napolitano; “Una missione impegnativa”, Letta; e il governatore Zaia esulta perché è veneto.

Lui parla di “una sorpresa di Dio” e dice di  avvertire "l'intera responsabilità" di una “una missione … esigente, di fronte alla quale le mie forze sono deboli e povere le mie capacita'". Di qui, “profonda e affettuosa gratitudine" al Papa "per l'immeritata fiducia” datagli; e “rinnovata volontà” a lavorare perché l’umanità “trovi ragioni per vivere e sperare". Un augurio in spagnolo in chiusura: “Come si dice in Venezuela: '¡Que Dios les bendiga!'”. Un ammiccamento al vecchio amico Jorge Mario Bergoglio.

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